sabato 3 novembre 2007

Catastrofe: Stili di narrazione predefiniti


Mi è capitato di assistere, in passato e ancora adesso, a una specie di catastrofe artistica. Si predilige lo stile narrativo asciutto, conciso, privo di troppi aggettivi, con frasi brevi e "ad effetto". Un esempio: Alan Altieri. Ci sa fare, eccome, ma ogni tanto, leggendo L'Eretico, mi veniva da ridere se pensavo a una caricatura di quella narrazione, così come dei personaggi - il viandante in nero, che dice sempre e solo cose enigmatiche, senza che si capisca nemmeno lui.
Ancora, i "lettori" oramai preferiscono parole semplici, volgari (in senso letterale, del volgo), e temi decadenti. Questo vogliono molti lettori. Si scrive "letteratura del '900" ma si pronuncia "decadenza".

Che fine ha fatto la "cornice"? Quella cornice che arricchiva la narrazione, la rendeva bella, un po' come mettere lo zucchero sul bordo del bicchiere di un cocktail. Non riduceva tutto a un copione, una sceneggiatura.
E, cosa orrenda, ho notato che i pochi che osano scrivere aggiugendo, per così dire, un fronzolo, vengono subito fucilati a parole. L'ultima volta ne abbiamo discusso su Writers Magazine, riguardo a un racconto di Matteo De Nardis. Si è trattato in reltà di un buono e genuino scambio di pareri, molto pacifici. Ma mi ha fatto riflettere sugli "estremismi" inconsci assunti da alcuni.
Secondo me è una catastrofe. Uno scrittore non è libero di scrivere come gli dice il cuore, perché qualcuno gl'impone di scrivere in un altro modo - dico impone in quanto uno che vuole migliorarsi "obbedisce" ai consigli.
Qualcuno può dire: no, sono semplicemente i lettori che preferiscono questo stile.
Non ci credo. Possibile? Se guardo i profili degli utenti di blogger quasi tutti hanno, tra i loro libri preferiti, Il signore degli anelli. E Tolkien è lo scrittore che fa più "cornice", probabilmente, descrivendo pure, oltre ai fiori, anche i funghi che crescono in quella particolare foresta.
In breve, sono del parere che molti scrittori diano retta dapprima ai lettori e dopo al loro cuore. Vi sembra giusto? Che razza di letteratura è? Su commissione? E come possiamo sperare di fare arte?

3 commenti:

Glauco Silvestri ha detto...

Che ci vuoi fare, viviamo nella società dell'immagine e anche la narrativa deve sottostare ai suoi principi. Deve essere diretta, immediata, visiva. Le cornici, i fronzoli, non sono più "di moda". E, in futuro, potrebbe anche succedere che si torni all'iconografia... prova a pensare ai computer e ai cellulari. All'inizio le loro interfacce erano testuali. Oggi hanno icone, sono grafiche, visive. Un giorno saranno addirittura vocali, multimediali... e così diventerà la narrativa.
Capisco che è triste ma, fa parte dell'evoluzione. Si perde da un lato ma si guadagna dall'altro. Oggi i romanzi sono più fedeli alla realtà, dinamici, veloci, scattanti... così com'è il mondo di oggi...

Simone ha detto...

Infatti in molti scrivono per piacere ai lettori (o agli editori) e per farlo imitano semplicemente quello che al momento viene apprezzato. Alla fine in libreria abbiamo romanzi tutti scritti allo stesso modo che parlano delle stesse cose.

Ciao!

Simone

White Boar ha detto...

Mah! Anche qui non ho un'opinione precisa. Oggi non si scrive più come negli anni '50, ma negli anni '50 non si scriveva come nel 1860, e via dicendo. Con tutta la buona volontà, non credo sia possibile stabilire un'età dell'oro della scrittura e fermarsi lì. Se penso al fantasy, sono portato ad apprezzare anche una scrittura dal gusto un po' datato, perché quello era il linguaggio delle origini e più o meno ci siamo abituati. Ma immaginate un giallo hard boiled scritto alla maniera di Tolkien: improponibile.