giovedì 22 maggio 2008

Arte e mestiere, tecnica e creatività


La questione è semplice: in ambito artistico, due aspetti della "produzione" vera e propria sono caratterizzati da due aspetti, quello tecnico e da quello creativo.
Avevo in mente questo post già da un po' di tempo, ma è stata un'intervista ad Andrea D'Angelo a farmelo riesumare.
Risponde D'Angelo:
L'arte è ciò che è innato e impulsivo, che ti spinge a volere una determinata cosa, a volerla fortemente e a volerla in quella forma artistica (a raccontare una storia per iscritto, ad esempio). Il mestiere è ciò che devi forzatamente imparare bene, se vuoi che la tua arte non ne esca svilita e inefficace.

Se ti piace scrivere, e hai una storia in mente che devi a tutti i costi far conoscere al mondo, devi prima imparare il "mestiere", altrimenti non concluderai niente.

La tecnica e la creatività sono sempre in conflitto. La giusta dose sarebbe metà e metà, ma, secondo il mio personale punto di vista, oggigiorno la bilancia penderebbe di più sulla creatività.
Mi spiego: come si possono spiegare i successi di alcuni romanzi tecnicamente scarsi? La mia risposta è: la volontà dell'autore traspare nelle pagine dell'opera.
Può sembrare abbastanza riduttivo, ma Stephen King in On Writing sostiene che ciò che scrivi deve piacere innanzitutto a te (la scoperta dell'acqua calda), perché se già tu non sei soddisfatto, il risultato si vedrà, e figuriamoci cosa ne penserà il lettore, che dovrebbe avere di regola meno entusiasmo rispetto allo scrittore.
Ma vale anche l'opposto. Se hai tanta volontà, sai di avere tante idee e sai che dovrai lavorare sodo per poter scrivere la tua storia, il lettore lo capirà e apprezzerà.
Ma la volontà non basta. Puoi avere la storia del secolo, ma se non hai tecnica è come conoscere il significato della vita ma non avere la bocca per comunicarlo agli altri.
La tecnica, però, è relativa a seconda del pubblico.
Già in questo post avevo trattato parte dell'argomento. Nel forum di un mmorpg, gioco ruolistico online, pubblicai un racconto ad esso ispirato. Un racconto abbastanza scarso, per la verità. La forma era corretta, niente strafalcioni, ma nel complesso era un'opera di bassa qualità - davvero bassa -, scritta apposta per quel tipo di pubblico - ovvero, un pubblico che accetta la storia come viene, senza farsi troppe domande sul realismo, sulla forma, e gustando puramente l'aspetto artistico, fantasioso. Ottenne un enorme successo.

Sebbene si parli di letteratura, il concetto vale anche per altre arti, affini e no.
Verga era un caprone: scrisse le sue prime opere coi piedi, e nessun editore voleva pubblicarlo, finché lo scrittore non si è seduto, gomiti sulla scrivania, ad imparare un po' di grammatica.
Giovan Battista Marino scrisse l'Adone (l'immagine del post), che potete liberamente leggere qui... se ne avete il coraggio. Dal punto di vista tecnico, è un inno alla poesia, una perfezione assoluta: un mattone di noia che fa crescere una barba così.
Mozart era un genio, musicò il Miserere dell'Allegri, brano il cui spartito non poteva essere diffuso e che durava 15 minuti, dopo averlo sentito una sola volta. Soffriva anche di coprolalia, gli piaceva dire tante cose sconce. Se impazzite e cominciate a bestemmiare a non finire, tranquilli: potreste essere dei geni.
E non bisogna dimenticare Paganini, virtuoso (in ambito esecutivo) del violino, e Lizst, altro virtuoso (in ambito compositivo) del piano, di fatti musicò molti brani di Paganini stesso, come La campanella ecc.
Bob Dylan aveva la musica nel cuore, e sebbene conoscesse quei pochi accordi, è diventato un grande della musica moderna. Kurt Cobain, idem. Oltre a drogarsi dava due spennellate significative alla chitarra, prima di fracassarla in un amplificatore, e Smells like teen spirit si trova al 9° posto tra le 500 canzoni più belle della storia, nell'elenco della rivista Rolling Stones. Eppure entrambi non avevano una grande capacità tecnica, di sicuro non quella di virtuosi come Steve Vai, Malmsteen o Petrucci.
D'altronde, Picasso sosteneva, in difesa del suo modo di fare arte, che non c'era gusto a dipingere ciò che si imparava alla bottega (o qualcosa di simile). Van Gogh, invece, era molto craetivo ed evocativo. Si ricordi l'autoritratto o la famosissima Notte stellata.

Il mio parere? Sono assolutamente a favore della tecnica. A meno che non ci si lasci prendere dal delirio giovanbattistamarinesco, acquisita la tecnica si è capaci di tutto. Credo che la creatività trovi una marcia in più con la tecnica. Un'esplosione di creatività, privo di tecnica, è un grido muto.

sabato 10 maggio 2008

Tecniche di scrittura: Il buonsenso

Il buonsenso esiste a dispetto, e non a causa, dell'istruzione. (Victor Hugo)

Per quanto importanti possano essere, la forma e il lessico non sono i fattori da cui dipende la qualità di un (buon) racconto.
Durante un racconto, rapito nella furia della narrazione, lo scrittore viene trascinato dal flusso creativo, e tutti gli eventi si srotolano sotto le sue dita finché non arriva un ostacolo. La trappola della verosimiglianza, che lo scrittore si è creato con le sue stesse mani. Ma quest'ostacolo non va aggirato: bisogna affrontarlo.
Parlo di quei momenti della storia in cui interviene un fattore che contrasta, per colpa solo nostra, col nostro volere narrativo. Esempio:
Stiamo scrivendo un thriller (parlare sempre di fantasy scoccia :P): il protagonista ha recuperato l'amuleto egizio perduto che andava cercando, e ora scappa dalla villa, ma si trova di fronte un cancello, e le guardie dietro.
Ora, poniamo una via: scavalca il cancello.
Mette l'amuleto in tasca, si aggrappa alle grate di ferro (ammesso che il cancello sia di ferro e con grate), arriva fin su e si getta dall'altra parte.
È una via plausibile, ma bisogna, prima di scrivere, analizzare certi aspetti: a) Il protagonista è ciccione e impacciato o magro e agile? Non ci vuole una laurea per scavalcare un cancello, ma non ci vuole nemmeno una laura per capire che la gente grassa tende ad essere poco agile. b) Il cancello, abbiamo posto di ferro, ha solo grate verticali? È più difficile scavalcarlo se non ci sono grate orizzontali in cui incastrare e poggiare i piedi. c) Le guardie quanto sono lontane? Sono armate? Ci sono ostacoli sul loro percorso? Se sono armate, spareranno. Se sono lontane, hanno più probabilità di sbagliare mira. Se ci sono ostacoli, perderanno più tempo e spareranno peggio. Ovviamente, è possibile che un colpo sparato a caso prenda in piena nuca il protagonista, così com'è anche possibile che il protagonista riesca a scavalcare e buttarsi dall'altra parte per poi slogarsi una caviglia e restare a terra.

Avremmo potuto porre altre vie. Il protagonista potrebbe essere armato, e per questo provare ad affrontare le guardie (se ci sono ostacoli dietro cui proteggersi, se è un discreto miratore, e se è scemo...)

Tuttavia, qualsiasi via scegliamo, ci saranno sempre ostacoli da affrontare. In realtà, è difficile che uno scrittore renda il proprio racconto davvero verosimile. Mi spiego: l'autore ha già una storia in mente, sa come procede e come finisce, dunque non c'è libero arbitrio per i personaggi, nell'universo da lui creato - ecco perché valuto utile scrivere solo parte della scaletta: una volta creati, i personaggi prendono vita e agiscono da sé.
Dunque, fissato il circolo entro cui l'azione del racconto si svolgerà, l'autore dovrà dare l'impressione che ciò che avviene sia ovvio e consequenziale alle azioni dei personaggi.
Tuttavia: se l'autore non ha una scaletta precisa, ma ha un'idea vaga di come si evolverà la storia, una volta trovatosi di fronte a ostacoli di coerenza non può aggirarli. Dare una padellata in testa non fa svenire manco un vecchio rimbambito: è un luogo comune e un non-uso di buonsenso. Così come le azioni al limite compiute da parte dei personaggi nel 90% delle storie, le azioni impossibili, come il salto del burrone verso la fine del film, o la donzella scema che spara a occhi chiusi e salva il buono dal cattivo che stava lì lì per freddarlo: tutto questo si chiama Idiozia nel primo caso, Deus ex machina nel secondo - ma è un'altra cosa, sebbene non molto distante da questa.
Quando s'incappa in queste situazioni, è sbagliato forzare la storia e farla andare così come avevate in mente. Questi ostacoli, quindi, devono necessariamente cambiare il procedere degli eventi, forse di poco, forse di molto, ma devono cambiarlo.

Lo stesso discorso degli avvenimenti vale per particolari più "tecnici". Per esempio (e qui entra un po' di fantasy), non ci vuole arte a capire che tagliare teste non è facile. Ricordo che stavo scrivendo un racconto, quando ero giuovane e scemo, e un personaggio si trovava a uccidere l'avversario, e pensai: "quanta forza ci vuole a tagliare via una testa?" Così, incredibilmente, usai un po' di buonsenso, e continuai a pensare: "Le ossa sono resistenti, mettiamo che un braccio sia resistente quanto un ramo d'albero: per tagliare il collo bisogna attraversare muscoli e nervi, tutti abbastanza elastici, arrivare all'osso con abbastanza forza da dividerlo in due e continuare per la metà rimanente; considerato che se prendi un'ascia e provi a staccare di netto un ramo dall'albero non ce la fai, perché mai un individuo normale dovrebbe riuscire a staccare la testa al nemico?" Così, il personaggio uccise il nemico senza staccargli la testa.
Un altro esempio: se il protagonista della scena thriller precedente avesse cominciato a sparare, avremmo dovuto tener conto di quanto è bravo a maneggiare le armi da fuoco, del rinculo, e del tipo di arma che impugna. Ma visto che non è normale usare armi da fuoco tutti i giorni, e quindi non si può parlare di esperienza empirica, ci si affida al buonsenso e all'esperienze di diversa natura: film (possibilmente realistici), videogiochi, e soprattutto questi ultimi sono imitazioni abbastanza fedeli della realtà, mondi metafisici che, in un certo senso, non sono più falsi di quello in cui viviamo - ma questo è uno sproloquio che non c'entra.

È anche vero, però, che non sempre il buonsenso basta a rendere coerente il racconto, e che spesso ci vuole quella che io chiamo "impulsività (narrativa)", di cui parlerò in futuro.
È tutto, grazie dell'attenzione. :)

mercoledì 7 maggio 2008

Svago: film, Alatriste


Proprio ieri sera ho visto un film, Alatriste - Il destino di un guerriero (questa italica aggiunta è ovviamente una truzzata per attirare spettatori). È un cappa e spada con Viggo Mortensen nei panni del protagonista: diciamocelo, Viggo è proprio un grande, non solo per la parte nel Signore degli anelli (prima di allora, sennò, chi lo conosceva? XD) ma anche per Hidalgo - Oceano di fuoco (fa tanto pistolero kinghiano) e molti altri film. La trama del film:
Spagna, XVII secolo. Diego Alatriste, un valoroso soldato sta combattendo una guerra nelle Fiandre al servizio del proprio re, quando l'amico e compagno d'armi sul punto di morte, gli chiede come ultimo favore di prendersi cura del figlio e di crescerlo come un soldato. Rientrato a Madrid però, Alatriste trova un regno in declino ed il suo sovrano impotente davanti a quello che sta accadendo...
Viggo è perfetto per la parte che interpreta - il guerriero che ne ha viste tante, vagabondo, carismatico. Del film ho apprezzato moltissimo i personaggi e le scene. La trama... insomma, non è un granché, o meglio, non avendo letto il libro da cui sembra sia stato "ispirato", posso supporre che la trama, originariamente buona, sia stata in seguito corrotta, come spesso succede. Ciò nonostante, mi sembra comunque una trama che va bene solo per mostrare le scene, i colori, i costumi - e questa non è una cosa brutta. Inoltre, sarò sincero, non l'ho seguita molto bene...
Personalmente, questo film mi è stato molto utile come ispirazione per l'ambientazione dei miei racconti (non basta leggere Dumas :D). Mi è sembrato infatti storicamente realistico - benché io non sia un esperto del campo.
Ho cercato qualche video su youtube, ma ho trovato solo trailer abbastanza scarsi, che mostrano principalmente ciò che la gente vorrebbe vedere - scene decontestualizzate - piuttosto che parti davvero belle (dal punto di vista artistico).
Per fortuna, ho trovato il video fatto da un tale, ispanico, che ha montato parti del film con un brano di chitarra (di un altro tale, Paco de Lucía, perdonate l'ignoranza ma non lo conosco, ancora). Il video inizia con un'inquadratura che mi era piaciuta molto: punto di fuga in fondo al corridoio di un chiostro, e Viggo che avanza e poi lancia verso la telecamera il cappello, preparandosi al duello (trallallèrolèrollà).

venerdì 2 maggio 2008

Foto: stregoneria!



Non so che tempo fa da voi, ma qui fa già un gran caldo.
Si avvicina l'estate, si sente il profumo delle piante, il sole tramonta tardi... E il periodo che precede le vacanze, si sa, è frenetico. Non posso assicurare, quindi, un aggiornamento costante del Rifugio. Ultimamente mi sto dando anche alla "fotografia" (da quando ho acquistato la nuova digitale, ché la vecchia era proprio scassata). Credo di non essere, però, un ottimo fotografo, visto che i soggetti sono sempre ottimi ma il risultato delle foto è... be', non il massimo. XD

Questa foto l'ho scattata il 1° maggio, c'era un bellissimo tramonto, che la macchina digitale - stregoneria - non ha saputo catturare in tutta la sua essenza. Ma dato che le cose che vediamo sono già un riflesso di quello che in realtà sono in senso metafisico, e dato che l'arte raffigura la copia della copia della realtà, prendete la foto per quello che è. :)