giovedì 26 giugno 2008

Brillante Weblog



Dopo essere stato "scelto" da Adriano per questa iniziativa (in vero a me sconosciuta) chiamata Brillante Weblog, poiché non sono molto pratico in queste cose copincollo la "struttura" usata da Alladr.


Cosa significa Brillante Weblog?“Brillante Weblog” viene assegnato a siti e blog che risaltano per la loro brillantezza sia nei temi che nel design e il suo scopo è di promuoverli tutti nella blogosfera mondiale.

Regolamento:
1. Al ricevimento del premio, bisogna scrivere un post mostrando il premio e citare il nome di chi ti ha premiato mostrando il link del suo blog
2. Scegli un minimo di 7 blog (o di più) che credi siano brillanti nei loro temi o nel loro design. Esibisci il loro nome e il loro link e avvisali che hanno ottenuto il Premio "Brillante Weblog"3. (Facoltativo) Esibire la foto (il profilo) di chi ti ha premiato e di chi viene premiato nel tuo blog



i miei premiatori:
Adriano Allora



i miei premiati (nell'ordine "cosìcomemivengonoinmente"):

Afanear, perché il suo è un blog ricco di argomenti interessanti, e mi piace assistere e commentare certe tematiche.
Lo scrittore emergente, il blog di Simone Navarra. Inizialmente è stato il mio mecenate, e in seguito il blog è diventato una tappa per tutti gli emergenti.
Andrea D'angelo, lo leggo da sempre. :) È una persona che stimo come scrittore e come essere umano.
In-flussi, di Daniele Fusetto. È raro trovare persone così profonde.
Altamente volatile, il blog di Auletride. Aperto da poco, mi piace e lo seguo con costanza, divertente anche nel tono.
Baionette librarie, il blog del Duca. Gli argomenti sono interessantissimi, utilissimi e trattati con professionalità. Un consiglio? Ci vorebbero più tette :D
La voce nella notte, il blog di Sparviero. Non ho mai approfondito il mondo del teatro e della recitazione, e lui affronta l'arogmento con giudizio. Non sapevo nemmeno avesse 14 anni! Il giovane promette benissimo!
Stretto in un angolo, il blog di Glauco Silvestri. Il collega scrittore che mi piace leggere. :)
Gamberi fantasy, mi sembra scontato. :p

Ovviamente leggo tanti altri blog, benché spesso non intervenga con commenti. Ma, ripeto, non so bene come funziona la cosa, quindi è già tanto se non ho fatto qualche danno, e credo sia saggio fermarmi qui... ^^

sabato 21 giugno 2008

Dipartita ☺



Cari amici, parto.
Vado in vacanza (in realtà ci sono già da sabato), ma sarò privo di computer e, se riuscirò a procurarmene uno, sarò comunque privo di Internet. Tornerò a scrivere, sì, a leggere e rispondere ai commenti, ma sarà solo una o due volte a settimana - è possibile anche 0 volte a settimana.
Ciò detto, dato che io mi affeziono alle persone di cui leggo i blog, spero valga lo stesso anche per voi nei miei confronti, e vi interessino i seguenti cazzi miei. ☺

Anzitutto, come ho già detto, non avrò pc. Ergo: potrò scrivere solo sulla Olivetti o a mano. Ma dato che dopo l'esperienza fatta con quell'aggeggio infernale sono rimasto piuttosto traumatizzato, impiegherò il tempo o andando a mare (bugiardo), o andando in giro in bici (bugiardo), o leggendo (tombola!).
Per questo, ecco l'elenco di libri che sto portando:
  1. Il conte di Montecristo (in estenuante lettura: appena finirò, Dumas mi sentirà dalla tomba!)
  2. Vent'anni dopo (conto di leggerlo per ultimo)
  3. Limbo: il sistema Immob, di Bernard Wolfe (appena finirò Il conte comincerò questo)
  4. I racconti del terrore di Poe (in realtà l'ho quasi finito tutto quando ero in Belgio, in una freddissima mattina d'aprile davanti alla Rubens House, ma rimangono ancora alcuni racconti)
  5. I demoni, di Dostoevskj (spero si scriva così). Dovrebbe essere una lettura più seria di quella del Montecristo, o almeno così prego. Non vorrei trovarmi di fronte ad un altro immane brodo, "un romanzo mal scritto" per usare le parole di Eco...
  6. It, di King. Eh, Dio, lo so, dovrei usare questo tempo per leggere altro, visto che di King ho letto la serie della Torre Nera e i racconti di Tutto è fatidico. Però il libro ce l'ho, e devo leggermelo.
  7. Il vecchio e il mare, di Hemingway. Sì, non l'ho letto, che ci posso fare? Ho quasi 18 anni, e in questo poco tempo non è che posso aver letto tutti i grandi classici! (perché ero troppo impegnato a leggere quelle merdate di fantasy. ^^ Scherzo. Più o meno.) [Edit: l'ho scaricato e letto proprio oggi, finito un quarto d'ora fa]
In questi due dì, sono andato a mare il primo giorno, scottandomi per bene la schiena, e il pomeriggio dello stesso giorno sono tornato in spiaggia con amici, suonando Aidu al flauto con uno di loro (sì, ho "imparato" a suonare il flauto, mi sono messo d'impegno una sera e ho più o meno capito come funziona l'aggeggio).

Tutto sommato, credo di essermi ben preparato all'estate... E il post finirebbe qui, ma avrei un'ultima cosa da aggiungere:

Un incapace

L'idiota che l'ha messo in campo.

Buone vacanze.☺

lunedì 16 giugno 2008

Racconto breve: High Air



Ecco un racconto fresco fresco, High Air.
Penso si possa definirlo un racconto "d'azione", ma non ne sarei sicuro. Di sicuro non è fantasy - o sì? XD
Ringrazio il Duca per l'ennesima lettura (e commenti in rosso), i suggerimenti e il suo aiuto di lettore-acido pronto ad insultare lo scrittore che ha scritto una porcata - con tutto il diritto.

Potete leggere il racconto in pdf o in html. Per il pdf, dovete andare alla Lista dei racconti e cliccare sul primo racconto (ovvero l'ultimo pubblicato), High Air. Per leggere la versione html, basta cliccare qui. L'html però fa decisamente schifo, rispetto al pdf. È mille volte più leggero, da caricare, sì, ma senza impaginatura e raffinatezze varie... io consiglio il pdf. L'importante però è che si legga.
Buona lettura! ;)

venerdì 13 giugno 2008

Recensione - "Mondo senza fine" di Ken Follett


Ho appena finito di leggere Mondo senza fine, e il titolo è più che adatto al romanzo. Senza fine.
Dovrebbe essere una continuazione dei Pilastri della terra, ma effettivamente non vedo come possa ricollegarsi, escluso lo scenario di sfondo e le lontane parentele con i protagonisti del libro precedente.

Io non conosco Follett se non per i Pilastri, dunque non posso dare un parere su di lui, non posso dire se è migliorato, peggiorato o chessoìo.
Tuttavia riconosco nel romanzo alcune componenti che lo fanno stare in piedi da solo. La complessità dello scenario, dal punto di vista politico ed economico, per esempio. Ma Follett si sofferma troppo a descrivere, raccontare, spiegare, illustrare la condizione: crede che in questo modo possa far capire meglio al lettore i problemi e le motivazioni di alcuni personaggi. Ma è inutile, perché il lettore (o almeno io), preso dalla storia, poco se ne frega della condizione dei campi, dei contadini e dei relativi problemi legali ed economici, che influiscono sulla trama non più di tanto e che possono benissimo essere spiegati in poche parole.
I personaggi sono ben caratterizzati - sebbene, come accadeva spessissimo nei Pilastri, Follett ne descrive alcuni mediante similitudini con animali, e se la cosa può sembrare carina all'inizio, si rivela una debolezza e una scocciatura dopo. Ci si affeziona ai protagonisti, ovviamente, che non risultano stupidi o poco credibili - a parte alcuni atteggiamenti idioti di Caris nei confronti di Merthin, ma che sono del tutto giustificati per il fatto che è donna. Ralph mi sembra (forse lo è a tutti gli effetti) un secondo William dei Pilastri, cattivo, aggressivo, e c'è una specie di dualismo Ralph-Gwenda che è simile a William-Aliena. Anche Merthin, alla fine, risulta essere Jack.

In Mondo senza fine ciò che fa andare avanti la storia è la Τύχη. Si presenta la situazione: il buono ha un progetto benigno, il cattivo uno maligno: ognuno cerca di avere successo, ma il cattivo in qualche modo ha la Fortuna dalla sua parte, e il romanzo procede in una serie di Problemi, che si pongono davanti ai personaggi (cattivi e soprattutto buoni), i quali sottostanno, stoici, ma questi stessi personaggi risolvono talvolta i problemi nel modo più semplice (ricorrendo per esempio all'omicidio), ma ogni qualvolta il mezzo possa sembrare un po' immorale, viene giustificato dal fine etico. Allora l'autore distribuisce nelle menti dei buoni sempre e solo scelte difficili, e quando non sa come andare avanti fa cambiare loro idea. Tuttavia, sebbene sia proprio il conflitto che fa andare avanti le storie della letteratura di tutto il globo terracqueo, in Mondo senza fine i Problemi arrivano nel mezzo del cammino dei protagonisti così, come se Dio mettesse ogni volta il bastone tra le ruote con tanto di pernacchia. In una parola, il conflitto, nel romanzo, risulta macchinoso. Censurando un nome per pericolo di anticipazioni, ecco un esempio di deus ex machina:
Ralph guardò **** che allattava il bambino piangendo. Quindici anni, alta a stento cinque piedi, si frapponeva come le mura di un castello tra lui e il futuro che aveva sempre sognato.
La odiava.
Siamo a pagina 1048: accanto al paragrafo ho riportato, sempre in matita: "Pretesto improvviso per far andare avanti la storia". Non ho visto male. Difatti, a pagina 1059, ecco cosa leggo (e annoto):
Ralph incrociò lo sguardo di Alan, che era curioso di sentire che cosa avrebbe risposto. Sospirò. «Mia moglie è molto malata [ovviamente non lo è]» disse. «Non vivrà a lungo.»
Lo scopo era eliminare un personaggio, Follett a pagina 1048 getta il seme della macchinosità, e a pagina 1059 è germogliato. Se non volete avere anticipazioni significative, saltate il paragrafo seguente.
Ralph è rude, assassino e stupratore, e ha sposato una ragazzina, quindicenne, che non lo ama. Cosa può volere di più? Ralph, come William dei Pilastri, gode nel chiavare donne che lo odiano, lo disprezzano e lo temono. Che senso ha uccidere la nuova giovane moglie? Solo per fare un favore a zio Ken, ovvio.

Senza dubbio l'intreccio è ben architettato, o comunque non risulta noioso. I colpi di scena consistono in figli illegittimi, morti, situazioni socio-politiche rivoltate, ecc.
Dopo tutto, non è il colpo di scena in sé l'arma del romanzo, quanto la voglia di far finire i problemi. E questo è più che comprensibile: il romanzo è inutilmente lungo. L'autore si prende spazio tra le pagine per far fuori uno dopo l'altro i problemi, inserendo una difficoltà dopo l'altra cui segue un evento risolutivo. In realtà, gli eventi possono anche restare così, il problema principale è il narratore. Tralasciando i troppi avverbi, i dialoghi talvolta piatti ma per fortuna mai irreali, i problemi principali di Follett sono la lungaggine, l'inforigurgito, il riassunto non richiesto.
Ho sottolineato alcuni punti, troppi; ne pesco solo alcuni e li riporto qui:

Il sole si alzava dietro il fiume, gettando raggi obliqui di luce dorata sui tetti di Kingsbridge. Caris osservò i segni lasciati sulla città da sette mesi di peste. Da quell'altezza si vedevano i varchi nelle file di case, come denti marci. I crolli erano comuni, visto che gli edifici erano di legno e bruciavano negli incendi, o si abbattevano a causa della pioggia, della vecchiaia o dei difetti di costruzione. Il problema, adesso,
era che nessuno li riparava più. Quando una casa crollava, i suoi abitanti si trasferivano semplicemente in un'altra, scelta fra quelle abbandonate. L'unico che ancora costruiva qualcosa era Merthin, considerato un folle ottimista con troppi soldi da spendere.

Il sermone continua per molte altre righe, segue un po' di dialogo morale, e si continua con la storia. Quel brano citato secondo me non va bene per due motivi. Rallenta il racconto, è inutile, e ribadisce concetti ultra triti, concetti che Follett ostenta come se avesse studiato, quando in realtà - come sostiene nei Ringraziamenti - si è circondato di medievalisti e ha fatto fare ricerche a una specie di azienda che fa ricerche, la Research for writers di New York. Gli studenti italiani studiano il Medioevo, la peste bubbonica, il culto per la Vergine che si fa largo in quel periodo (anche la peste di Atene narrata da Tucidide), e il concetto di capro espiatorio come la caccia agli ebrei o le processioni di flagellanti. Sarà che tutta questa ostentazione è ridicola?

Proseguendo, ecco un esempio di riassunto non richiesto:
In un batter d'occhio, Gwenda si sentì riportare indietro nel tempo di dodici anni. Quel che le tornò alla mente con tanta nitidezza da farle venire le lacrime agli occhi fu il ricordo della speranza che le aveva scaldato il cuore quella mattina a Northwood, quando con la famiglia si era inoltrata nella foresta verso Outhenby e una nuova vita. (...)
Continua per altre righe, che vi risparmio, fino ad occupare metà della pagina successiva. E tutto questo è un riassunto di una serie di eventi accaduti non troppe pagine prima. Ma ammesso che la cosa fosse accaduta all'inizio del romanzo, il riassunto in fin dei conti non serve, e non è altro che un riempimento, come in tanti altri punti disseminati per ogni pagina. L'unica possibilità che mi è venuta, a dire il vero un po' audace, riguardo a questa stranezza, è che l'autore non abbia preparato uno schema ben definito degli eventi (mi sembra improbabile) e che, con questi suoi continui riassunti, introspezioni e focalizzazione zero, voglia raccapezzarsi e mettere in chiaro le idee per se stesso. Si deve notare, infatti, che il Folletto finge di usare una focalizzazione esterna, poi riporta in forma dialogica i pensieri del personaggio focalizzato nel paragrafo, ma non esita nel descrivere l'animo e gli intenti di un altro personaggio - di norma, se sfrutti il punto di vista di un personaggio, ne sai quanto lui e non puoi prevedere cosa stia tramando l'altro, né puoi catturarne tutte le sfaccettature psicologiche in un istante. Vuole insomma raccontare tutto e sebbene in qualche modo riesca anche a mostrare, ha il brutto vizio di spiegare tutto ciò che accade, come se fosse insicuro o come se trattasse il lettore da idiota.

Infine, il romanzo si apre con un misterioso evento, un cavaliere inseguito, che possiede una lettera pericolosissima ecc. Si fa tanta leva su questo, i personaggi vi danno tanta importanza, persino il narratore, ma alla fine non serve a niente. Non è misterioso, il narratore descrive in modo complicato la situazione e la riassume però efficacemente alla fine del romanzo, e ciò nonostante si rivela comunque una chiave per risolvere l'ultimo problema. Ma, a mio modesto avviso, il mistero della lettera e tutte le menate varie potevano benissimo non esistere.

Il romanzo, per concludere, presenta personaggi, sfondo ed eventi molto interessanti. La voglia di seguire c'è ma spesso, per colpa di lungaggini inutili, sopraggiunge la noia e diminuisce la volontà del lettore di non staccare gli occhi dalla pagina. Nel complesso, è un bel romanzo che sarebbe potuto essere migliore con poco.

mercoledì 11 giugno 2008

Scrivere un romanzo


Molti arrivano a questo blog cercando "come scrivere un romanzo". Peccato nessuno scriva "come scrivere un romanzo decente".
Se sapessi come scrivere un romanzo decente, di sicuro sarei ricco perché avrei pubblicato tonnellate di best-seller, o comunque di sicuro non starei a sbandierarlo in pubblico.

Ma dato che da alcuni giorni ho abbastanza tempo per me, ho cominciato (continuato) a scrivere un romanzo su cui stavo lavorando di scaletta. E ho pensato che sarebbe bello dire che "metodo" uso, come scrivo ecc.

Cominciai a scrivere questo romanzo l'estate scorsa. Non avevo una scaletta precisa, ma molte idee. Scrissi di getto, arrivando a 40 pagine circa (non ricordo quante cartelle). Mi allontanai quindi dal lavoro per colpa di altri impegni. Ripresi, scrivendo altre 20 pagine. Un totale di 60. Guardavo indietro alle altre pagine e mi dicevo: "Hm, non male", però non ero soddisfatto. Allora cosa ho fatto?
Ho distrutto tutte le 60 pagine e ho ricominciato il romanzo in medias res. Avevo notato che la storia era noiosa, all'inizio, e appassionava soltanto me. Sapevo che a qualsiasi altro lettore sarebbero cadute le palle (o le ovaie).
Ho cominciato a narrare gli eventi a partire dalla fine del vecchio frammento - ovvero dove mi ero fermato. Tutto quel malloppo, infatti, non era colmo di eventi particolarmente interessanti, o meglio, erano essenziali alla trama e significativi, ma non potevo portare allo stesso livello il tempo della storia e tempodel racconto: non ne valeva la pena. In una scena ho approfittato a riassumere quelle 60 pagine in una mezza pagina con un "abile" discorso diretto da parte del protagonista.
Questo cosa mi ha fatto imparare? Che bisogna essere sempre pronti a rinunciare a ciò che si è scritto, cestinarlo se necessario, riscrivere, sempre con più grinta.

All'inizio del romanzo non avevo una scaletta, poi ne ho creata una (dopo la cancellazione delle 60 pagine), indicando gli eventi principali dividendo e nominando tutta l'opera in quattro parti. Quindi ho cominciato a scrivere un riassunto per ogni parte... ho cominciato con la prima. Non mi ha convinto. Mi sono scervellato.
L'ho cestinata.
Ieri ho scritto una ventina di pagine come input, per dare una carica alla molla e far partire la trama - e questo è stato più produttivo di qualsiasi riassunto organizzativo. Non sarei mai riuscito a scrivere 20 pagine con una scaletta perché, sebbene aiuti, ti dà un inizio e una fine, ma tu non sai cosa c'è in mezzo, e ti blocchi. In compenso, scrivere sapendo a mala pena da dove cominciare, ti porterà a non sapere dove andrai a finire.
Ma il fatto è: non esistono tecniche specifiche, soluzioni migliori o peggiori. Sono sempre più convinto che la parte più divertente del "lavoro" (non retribuito) dello scrittore consista in una serie di scelte. Nel film Vero come la finzione, la scrittrice (pazza, tutta particolare, interessante) non sa come far morire un suo personaggio, allora va con la manager dapprima in un pronto soccorso, alla ricerca di moribondi, poi nei pressi di un cavalcavia, sotto la pioggia, osservando le macchine e cercando di capire come potrebbe morire il suo protagonista. Uno scrittore scioglie i nodi in questo modo, quando ha un problema escogita un metodo non convenzionale per risolverlo. Ecco perché i manuali di scrittura creativa non servono. Loro alla fine ti fanno riciclare tutto ciò che scrivi, quando la morale della favola è una sola:
tutto ciò che hai scritto fino ad ora è merda.

È difficile da accettare, ma una volta accettata questa possibilità, si è già un passo avanti, si studiano i consigli dati dai lettori (possibilmente gente competente, o almeno che sappia riconoscere un dialogo fintissimo da uno plausibile, e tutte le altre "banalità"), e ci si migliora. Si scriverà qualcosa di buono, ma non sarà ancora abbastanza. Non sarà mai abbastanza, per questo bisogna sempre migliorarsi. Gli scopi che io mi prefiggo sono i seguenti:
  1. Scrivere in un modo che catturi il lettore: l'abilità tecnica, seppur non a livelli di virtuosismi, non lascia insoddisfatto il lettore, che inconsciamente la riconosce e la apprezza, e si sente soddisfatto a metà, se la storia fa cagare.
  2. Raccontare una storia che abbia uno scopo: non è possibile inventare storie originalissime senza cadere nell'inverosimile. I Promessi Sposi sono verosimili, Come Dio comanda non lo è poi tanto, si nota infatti la presenza del dio macchinoso. Le storie possono non essere originali, ma devono far pensare, piangere, ridere, spaventare il lettore. Se lo lasciano indifferente, sorge una giusta domanda nel lettore: "embe'?" E questo porta lo scrittore a chiedersi: "Ma che cazzo ho scritto?"
Ho una certa esperienza nel campo della scrittura, dei racconti ecc. Questo equivale a dire: ho scritto la mia bella dose di cacca (comincio a censurarmi ☺), ora posso cominciare a scrivere come si deve.
Col tempo credo di aver sperimentato tutto ciò che di peggio si possa ottenere dalla scrittura. Banalità, errori di grammatica, errori di trama, cliché, touché, volèe, ecc. Quindi, in breve, posso essere capace di esporre il mio metodo.

Il metodo!
Ho o no la scaletta, non importa: io ho un'idea. So come si evolverà, e all'orizzonte intravedo il finale (che, come sempre accade, sarà diverso da come l'avevo immaginato). Comincio a scrivere. È inutile perdere tempo: la scaletta, gli appunti e compagnia si scrivono per gestire meglio una situazione in cui si è trovato il blocco. Una storia infatti può anche essere lineare, senza che richieda il bisogno di mille particolarità annotate da consultare in ogni momento.
Dopo aver scritto un po', mi fermo solo quando la scena è temporalmente finita. Questo mi influenza molto. Posso lasciare in sospeso una scena, riprendere il giorno dopo, finirla in due righe, e poi aver bisogno di un altro giorno o comunque di qualche ora per poter scrivere (decentemente) la scena successiva. Mi immedesimo nella storia e mi risulta difficile continuare a creare nuovi scenari, situazioni e stati d'animo del tutto diversi. Credo sia una cosa buona.
Ricontrollo a caldo ciò che ho scritto. Questo presuppone che durante la scrittura non mi sia lasciato sfuggire che il protagonista a pag 10 impugnava una spada e a pag 12 l'Infuocata Lancia del Destino solo perché mi fa comodo. Ma questo è da dilettanti: se si fa un errore simile, bisogna fare un po' più esperienza o rileggere con attenzione il racconto a freddo. Certo, i piccoli particolari possono sfuggire anche ai migliori, eh.
Ricontrollo a freddo ciò che ho scritto. Questo significa dopo un giorno o due - se si parla di un racconto. Se si parla di un romanzo, però, bisogna saper tenere man mano sott'occhio tutte le scene, in modo che nessuna risulti troppo instabile nella trama, e questo si può fare solo durante la stesura. Getterò un'ultima occhiata a romanzo finito, forse, ma la revisione a freddo va fatta dopo un po' di tempo, e in questo tutti concordano - ahimè, anche i manuali di scrittura.


Tuttavia, il "metodo" esistente, insegnato dai corsi di scrittura e similia è approssimativo: lo scrittore agisce per conto suo, ciò che conta è il risultato, dunque si potrebbe dire che il fine giustifica i mezzi.
Questo è solo il mio parere, ma non credo di essere tanto distante dalla verità.
Amen. ☺

martedì 3 giugno 2008

Il fantasy e il medioevo


Il Fantasy classico è quello che presenta uno sfondo medievale o pseudo-medievale. Lo conosciamo tutti, soprattutto chi ne è stato testimone, negli anni '80-'90, in cui si alternava il fantasy allo storico (Mago Merlino e Artù, Robin Hood, Fantaghirò...).
Quando sostengo che il Fantasy possa derivare dal romanticismo, credo di non errare dato che, come ho avuto modo di scrivere più di qualche volta, alcuni elementi che costituiscono la letteratura romantica sono epoca e luogo alternativi, privilegiando la Grecia classica o il Medioevo degli eroi come epoca, il lontano Oriente come luogo. Ma il romanticismo è caratterizzato anche - e soprattutto - dal nero, dall'ombra, dai mostri e dalla Bestia per eccellenza, dalla vaghezza di suoni e visioni, ovvero la luce che filtra da una finestra nell'oscurità, o il richiamo di qualche animale che echeggia nella notte. Dall'irreale, il misterioso, l'onirico.


Chiusa questa parentesi, il medioevo è spesso presente nei romanzi fantasy moderni, sebbene non manchino altri archetipi di epoche differenti, da cui generi come lo steampunk, il clockwork ecc.

È un po' difficile però parlare di coerenza storica col fantasy.
Si può creare infatti un'ambientazione tipicamente medievale ma che presenti elementi che "stonano" col resto. Per esempio, un cavaliere con una spada laser. Ha il suo fascino immaginare questi individui che, vestiti con maglia di ferro e mantello, davanti alle mura di una fortezza, vanno a uccidere le creature che infestano il regno mozzando loro la testa con la spada laser. Ci deve essere però una spiegazione a tale stranezza - e se invece tali stranezze abbondano, potrebbero rivoltare il genere, facendolo diventare fantascienza, magari.
Ma l'autore coerente, a mio parere, dovrebbe saper dosare le stramberie o perlomeno giustificarle.
Tuttavia, capita spesso di avere a che fare con fantasy semplicemente medievaleggianti, utopici e con l'aggiunta di elementi fantastici. Credo che sarebbe giusto per l'autore documentarsi riguardo all'archetipo di mondo che userà per le sue storie. Difatti ci sono parecchi "errori" e stonature nei mondi medievali illustrati da molti autori - sebbene sia diritto dell'autore rivendicare la sua ambientazione e infischiarsene delle critiche sterili, come questa. Benché si stia illustrando un mondo cronologicamente lontano dal nostro, la società e il pensiero degli uomini e delle donne non potrà mai essere simile al nostro. L'unica cosa su cui non c'è alcun dubbio è la natura universale dell'uomo, una φύσις comune a tutti, che caratterizza l'essere umano: egli, per esempio, è sempre portato alla speranza, e non compie mai alcuna azione sapendo che potrebbe fallire. Così, principi come la vita e la morte, la giustizia e la religione possono essere intuite e rappresentate facilmente nel mondo inventato.
Tuttavia esistono certi caratteri tipici del medioevo che molti autori ignorano.

Per fare alcuni esempi, nel medioevo la distinzione di classi era una cosa molto importante, al punto che è in questo periodo che nascono quei riti di buon comportamento nei confronti degli ospiti, la cortesia, ecc. Viene presa sul serio la parola dell'individuo, e il giuramento è di quanto più sacro ci sia, al punto che un cavaliere arriva a chiudere un occhio e giurare di non riaprirlo finché non avrà portato a termine la sua impresa. Allo stesso modo, i riti rivestono un'importante funzione, nel lutto o nella politica. E la mente dell'uomo medievale è paragonabile a quella di un bambino, ricca di pathos, di sentimenti profondi; la vita comunitaria medievale (a differenza della solitaria vita moderna) induceva quella gente a vivere tutti gli eventi in comune intimità, si soffriva e si gioiva insieme.
Non è difficile capire come mai nel mondo moderno non ci siano più principi, sogni, onore...

Personalmente, appoggio la cultura libera. Per quanto incompleta, la ricerca di informazioni su internet, se fatta bene, può rivelarsi migliore di un giro in biblioteca (se poi si vive in un paese piccolo come il mio, in cui la biblioteca fa pena, la ricerca su internet è l'unico mezzo disponibile). Non esistono informazioni privilegiate, l'importante, secondo me, è che siano giuste. Un corso sul medioevo allegato a Topolino, se contiene informazioni vere, ha più dignità di un qualsiasi opuscolo pubblicitario pieno di menzogne. Così documentari, film, ecc., se contengono le giuste informazioni, sono un utile mezzo per chi si vuole informare.
Secondo me, lo scrittore fantasy che vuole ambientare le sue storie nel medioevo può anche stravolgere l'ambientazione-archetipo, a patto che sia a conoscenza di ciò che sta stravolgendo.
Documentarsi è importante, anche se ciò su cui ci si documenterà non verrà sfruttato. A riguardo posso consigliare Autunno del medioevo, di Johan Huizinga, un testo molto interessante sull'età di mezzo. Non è l'unico, ce ne sono molti alla portata di tutti, più leggeri, ma se letto con interesse, Autunno del medioevo non deluderà. ☺