martedì 29 dicembre 2009

Udite udite! Si annunciano parodie!

Da un po' di tempo meditavo per un'iniziativa divertente, nata dopo aver visto la canzonatura a un autore da parte di un mio amico.
Sono anni che frequento con costanza i blog di altri colleghi scrittori, editi e inediti, e lettori-critici. In alcuni intervengo, in altri mi limito a leggere e, se non ho nulla da dire, preferisco non commentare (e temo che costoro ormai pensino io mi sia dimenticato di loro).
Questa esperienza bloggistica mi ha convinto a fare la parodia dei miei amici scrittori/recensori. Sperando di riuscirci, pubbilcherò dei post nello stile dei rispettivi autori. Ovviamente saranno esagerati, come tutte le caricature, e ovviamente non intendono offendere nessuno (non intendono nemmeno fare allusioni o tirare frecciatine).
Un modo come un altro per divertirci.
Spero vivamente di essere all'altezza del compito, dato che trovo la cosa molto divertente. Le prime "vittime" a cui ho pensato sono quelle che frequento più spesso, o da cui penso di poter trarre un'ottima parodia.
Ecco l'elenco degli autori, coi rispettivi blog:

  • Il Duca Carranonan, con le sue Baionette Librarie.
  • Gamberetta, esponente di Gamberi Fantasy.
  • Simone Navarra, il fu lo Scrittore Emergente, ora emerso, di conseguenza semplicemente Se Stesso.
  • Andrea D'Angelo, scrittore edito che tutti conosciamo, nel web conosciuto anche col nick Negróre.
Ci sono anche altri scrittori/lettori/blogger di cui potrei fare la parodia, ma per il momento non li riporto - perché potrei cambiare idea, o non trovare efficace la parodia.
Nella speranza che l'idea piaccia, state connessi per il prossimo post-parodia e la prima vittima!

giovedì 24 dicembre 2009

Auguri di buon Natale 2009!

Tanti auguri di buon Natale! (la capretta approva sorridente)

giovedì 17 dicembre 2009

17 modi per farsi due risate


Ero al pc con un amico, quando questi esclama: «Voglio farmi del male!» e digita "Twilight Forum" su Google.
Mentre io facepalmo, il masochista festeggia, saltella sulla sedia e facendo scorrere la pagina del forum coi vari thread dice: «Sai cosa vorrei trovare? Una di quelle discussioni stupide, tipo "Raga secondo voi chi è più figo, Edward o Bella?"».
Ed è stato allora che incontriamo il post incriminato che io ora qui vi propongo. L'autrice citava un elenco di 17 modi per trattare bene i libri della saga.

Doverosa premessa (con diplomatiche motivazioni) per evitare fastidiosi commenti di 14enni esaltate. [se non appartieni alla schiera, puoi anche saltare oltre]
Seguono i commenti che il post potrebbe ricevere: li anticipo per scoraggiare qualche paladina del vero Fantasy: sarebbe noioso e fastidioso.
  • Se non hai letto i libri non puoi fare certi commenti!
  • La Meyer è la scrittrice migliore di tutto il mondo forever!!!1
  • Sei invidioso xché non sei come Edward!!
  • Sei invidioso xché non hai scritto un capolavoro come Twilight!
  • Sei invidioso xché la Meyer è ricca!
  • Se tutte leggono Twilight ci sarà un motivo!
  • Non è importante come è scritto un libro, ma l'importante è che ti dia delle emozioni, come è successo con me!
  • Sei un amico di Gamberetta!
  • Gamberetta è scema!
  • Sono una 14enne esaltata e non so che cazzo dico!
  • Licia 6 mitika! Viva Nihal!
  • Leggi Twilight!
Gamberetta ha motivato la sua recensione, io l'ho letta, mi sono divertito, le credo, non ho tempo da perdere per leggere le vaccate, se a qualcuno piace la Meyer cazzi suoi, mi sento migliore di un qualsiasi personaggio inesistente nella realtà, affronto la scrittura nel modo che preferisco e di sicuro non ho intenzione di guadagnarci, se migliaia di persone si danno una martellata nelle balle non è detto che farlo sia necessariamente benefico, idem con la lettura di Twilight, le emozioni che mi danno i libri scritti male iniziano con un brontolio allo stomaco e procedono con l'emissione di flatulenze, sì, virtualmente conosco Gamberetta da qualche anno, e ne sono felice, Gamberetta sarà pure scema ma tu che leggi Twilight non hai proprio speranze, sì, non capisci un cazzo, e uhm, temo ti stia confondendo con qualche altra autrice geniale, e infine no, non leggerò Twilight, e tu non mi convincerai, né mi farai cambiare idea, non so quello che mi perdo eccetera eccetera, ma sai cosa? Non me ne frega un cazzo delle tue opinioni.

Ci sono cose che semplicemente non meritano parole.

***

Il post incriminato è questo, e attinge da un articolo che "purtroppo" si può leggere solo se registrati al sito, ma con un abilissimo (...) trucco da hacker, potete leggere qui la pagina dalla cache del server.
In rosso i miei commenti, naturalmente estranei alla pagina originale:

1. Dopo averli letti, appoggiateli con delicatezza sopra una scrivania sgombra, alla luce/ombra di una lampada [luce/ombra???]. Non spegnete la lampada e se necessario acquistate un rilevatore di movimento che segua tutti gli spostamenti dei libri. [perché è risaputo che i libri, appena possono, mettono le gambe e se la svignano, lol]

2. Non fate mai le orecchie alle pagine. [Strappatele direttamente.] Usate sempre i segnalibri di Twilight. [quanto ti pagano, eh? Quanto ti pagano per la pubblicità occulta? Parla!]

3. Non fateli mai cadere per terra, neanche incidentalmente. Sono creature molto sensibili. Pentitevi, se l'avete fatto anche solo una volta. [ci sono incidentalmente passato sopra con un caterpillar dopo avergli dato fuoco, ricoperto di letame e pisciato sopra: va bene uguale?]

4. Non osate mai dire o pensare che odiate un vampiro, cattivo o no. Ricordatelo sempre: sono vampiri e potrebbero mangiarvi. [Lol, non per essere puntiglioso, ma mi pare di aver letto che fossero, LOL, vegetariani, no?]

5. Evitate di mangiare o bere durante la lettura. [rimettereste sicuramente il tutto] Perchè? Mentre mangiate, una meteora può colpirvi in testa e far schizzare tutto quello che avete in bocca sui libri. [LOL! L'autrice di 'sta roba era ubriaca o cosa?] Peccato mortale.

6. Mai, e sottolineo mai, dire o pensare che un Cullen è brutto. Loro sono splendidi, con una voce come il velluto, sexy e bellissimi. Vorreste essere uno di loro. ["Ma anche no. C'avrò pure io i miei problemi, no?" - cit.]

7. Rosalie non è dura, narcisista o gelosa. E' adorabile, come Alice e Esme. E' soltanto una vampira incompresa che non ha potuto scegliere la sua creazione. [Chi cazzo è Rosalie?]

8. Non mettere mai su un libro della saga qualche libro che non sia collegato alla saga stessa. [Il primo potrebbe rischiare di ricevere influssi benefici dal secondo - ci vuole poco - e apparire bello. O, più probabile, il secondo potrebbe essere infettato dall'influsso bimbominkioso del primo]

9. Mai disprezzare un qualunque personaggio della saga, libro o film. Se lo fate, vi mangeremo. Parola nostra. [Edward è gay. Allora?]

10. Adorare questi libri. Onorare questi libri. Inginocchiarsi davanti a questi libri. Ricordate, sono libri sacri. [Ovvio, sono gli unici che avete letto.]

11. Mai maledire qualcuno o qualcosa mentre si stanno leggendo i libri della saga. [???]

12. Se solo dite o pensate che Edward appartenga a voi e non a Bella e che Bella non conta niente o viceversa, verremo lì e vi spareremo in testa. Appartengono l'uno all'altra - il vampiro e l'umana, il leone e l'agnello. [Mimì e Cocò, Stanlio e Ollio, Totò e Peppina] Fatevene una ragione.

13. In nessuna circostanza, cercate di recitare o imitare la scena di Tu sei la mia vita ormai o qualsiasi gesto o frase fa e dice Edward. [O farete la fine di Ian McKellen col Macbeth]. Potete solo desiderare di essere Edward Cullen.

14. Mai usare un libro della saga per commettere una violenza. [Lo è già solo leggerlo] Usate una sega. [Che di sicuro è più divertente e vi fa passare meglio il tempo, invece che legger... ah, come? Non intendeva quella?]

15. Non infilate le unghie nella copertina di uno dei libri della saga, potreste rovinarlo. [???]

16. Prendete esempio da Mike Newton. E' un romantico molto determinato, prendete esempio da lui. [Non so chi sia, ma ok.]

17. Se dite qualcosa su Edward, Emmett, Jasper o Carlisle, scateneremo i Volturi e daremo la colpa a VOI. [Edward, Emmett, Jasper e Carlisle sono finocchi e puzzano.]

INFRANGETE UNA DI QUESTE REGOLE E JAMES VI TROVERA' ANCHE AI CONFINI DELL'INFERNO. [Ma al momento può trovarmi sul cesso, se vuole.]


Fine. :)


sabato 5 dicembre 2009

No B-Day

Non me ne intendo granché di politica. Soprattutto quando si parla di politica italiana. Ma ci sono cose scontate, cose per cui non bisogna neanche preoccuparsi più di tanto della responsabilità di ciò che si dice. Un po' come dire: "Non si ruba". È vero punto e basta, è scontato.
Da ignorante, mi accodo all'evento.



P.S. Come molti notano, andare contro Berlusconi non significa essere di sinistra. Perché la politica di Berlusconi non è di destra. Se non erro, Travaglio in un suo video disse che Berlusconi si comporta come un dittatore comunista. Be', io so solo che il governo italiano è ridicolo, sotto ogni punto di vista. Ahimè, siamo lo zimbello del mondo.
Un facepalm universale nei confronti dell'Italia.
Che vergogna, che tristezza.

martedì 24 novembre 2009

Ottimizzazione di world building e narrazione


Uno dei motivi per cui alcune persone reputano noioso Il signore degli anelli è la descrizione minuta dei paesaggi.
Chi lo ha letto lo ricoderà per certo, sebbene i film possano aver spazzato via quell'aspetto del libro. Invece no, è proprio così ed è vero. Tolkien descrive ogni filo d'erba e ogni fungo per ogni luogo che la Compagnia attraversa.
Negli anni '70 c'era l'abitudine di accendersi una cannetta e leggere il Signore degli anelli, per visitare con un bel viaggio della mente i boschi della Terra di Mezzo.
Un fattone può esaltarsi nel leggere di funghi magici e alberi parlanti, Tolkien può esaltarsi a scrivere di tutta quella roba che aveva in testa, piante incluse, ma un lettore normale, privo di assuefazioni e dendrofilia, semplicemente si annoia.
Questo è un articolo su "come evitare di annoiare il lettore", direte voi. Invece no - chissenefrega! Questo è un articolo su come "migliorare la propria ispirazione".

Costruzione del mondo parola-dopo-parola
Le prime volte che si scrive Fantasy si tende a creare il mondo durante la narrazione degli eventi. È come se man mano che il personaggio cammina, il mondo si creasse sotto i suoi peidi, e tutto attorno a lui.
In pratica ci troviamo a pensare all'osteria in cui giunge l'eroe solo nel momento in cui scriviamo "Giunse infine dinnanzi alla Gallina Ubriaca." Solleviamo un secondo le dita dalla tastiera e pensiamo: Come sarà? Buh. "Era una costruzione di legno" ecc. ecc., "un'insegna sbiadita ciondolava al di sopra della porta d'ingresso..." Il personaggio entra, e... Che palle, ora devo fermarmi e pensare anche a com'è dentro. Sbuffiamo. "Dei tavoli erano sparsi per la stanza, e su un lato vi era un bancone con un tale panciuto che asciugava le brocche". Bene, sistemato, ora posso continuare a divertirmi.
Chi ha avuto una prima esperienza di scrittura, specie nel Fantasy, sa di cosa parlo.
La pianificazione degli eventi è un conto, quella delle ambientazioni è un altro. È assai utile creare già da prima i luoghi che il personaggio attraverserà: in racconti ambientati nel nostro mondo è più facile, perché si può attingere dalla vita reale, e far cascare nella storia un locale scopiazzato dal pub dietro casa.
Nel Fantasy c'è il problema dell'ambientazione pseudo-storica. Se non è simile a quella in cui lo scrittore vive, sarà necessario ricorrere a foto, film, libri, materiale da cui prendere spunto. Questo "denaturalizza" quindi l'istantaneità della descrizione. E rallenta la stesura. Per questo motivo è meglio pianificare prima la creazione di un ambiente.

Quando l'esaltazione prende il sopravvento
Se non si pianifica la creazione degli ambienti, ci si blocca. O si sente una strana sensazione, come di inadeguatezza, o di insoddisfazione. È un po' come correre correre, accelerando sempre di più, e avvicinarsi sempre di più a una caduta.
Si badi: improvvisare la descrizione di un luogo non è un male. Si fa sempre, ed è indispensabile, è alla base della scrittura di un racconto, in pratica. Perché non si può pianificare tutto. Ma porre l'improvvisazione in un mondo almeno accennato, o quanto più chiaro possibile allo scrittore, dà una forma concreta all'ambientazione, e soprattutto facilita le cose.
Odio quando chi fa articoli come questi si esibisce in prove di creatività, mostrando quanto è bravo e fantasioso nel creare esempi interessanti. Quindi sappiate che lo faccio a malincuore e mi odio nel farlo.
Prendiamo il personaggio fantasy fittizio che è appena arrivato all'osteria, la Gallina Ubriaca. Si mette in un angolo buio e beve una brocca di vino, col cappuccio calato, molto figo (ai giovani e ahimè meno giovani fan del Fantasy i personaggi piacciono così. Fighi. Inverosimili, ma fighi, chisseneimpòrta). A un certo punto nell'osteria entra un uomo. Si guarda attorno. Nota il personaggio figo che si nasconde nell'ombra (...) e lo raggiunge. Parlano di questo e di quello, poi all'improvviso il nuovo arrivato tira fuori un pugnale, dice una frase a effetto (ai fan piacciono le inverosimili frasi a effetto in stile Hollywood) e affonda l'arma.
L'eroe con un'abile mossa di kung-fu lo disarma, ma si accorge che sulla soglia dell'osteria ci sono dei brutti ceffi che, lui sa, lo vogliono morto. Allora capovolge il tavolo e scappa.
Nella fuga, ci affrettiamo a dipingere il percorso. Sale le scale, entra in un corridoio, ci sono le camere, prova ogni porta, ne trova una aperta, entra, trova qualcuno magari che fa roba, apre la finestra, si butta fuori.
Ora, in una scena così non c'è tempo per ricreare l'ambiente. O meglio: si può fare, ma in primo luogo la cosa potrebbe smorzare l'entusiasmo e la "velocità" della narrazione. In secondo luogo, il piano superiore dell'osteria potrebbe avere anche una forma diversa. Se la stiamo creando noi, può benissimo adattarsi alle nostre esigenze.
Ma se a metà fuga ci accorgiamo, per esempio, che l'osteria si trova sulla cima di un promontorio, su cui si affacciano le camere? O peggio, se ce ne accorgiamo quando il personaggio si è già buttato? Frittata di personaggio, poveretto.
Bisognerebbe ruotare l'osteria, o spostare le camere, o livellare il terreno o spostare del tutto l'osteria e metterla in un luogo che si confà alle nostre esigenze. Per esempio, al di sopra di una scogliera (insomma...), oppure l'osteria potrebbe essere galleggiante, un galeone-locanda.
Ma se nel frattempo abbiamo narrato cose essenziali siamo nei pasticci. Dovremo cercare parola per parola ogni incongruenza e adattarla alla nuova condizione che abbiamo imposto.
Tutto ciò non si sarebbe verificato se avessimo fatto un po' gli ingegneri.

Romanticismo, nostalgia e ottimizzazione
Quando ero più giuovane, invece di seguire le lezioni di Matematica, Latino, Greco, Filosofia, insomma un po' tutte, disegnavo le mappe delle mie ambientazioni, piantine delle città, delle regioni, disegnavo i paesaggi, ecc.
Questo mi ha aiutato a non raggiungere mai la sufficienza in Matematica, e risicare un 6-7 in Latino e Greco.
E in più mi ha aiutato a poter narrare "con le spalle coperte". Mi dispiaceva solo che le mappe che avevano richiesto una, due o tre ore sono servite solo per scene di un paio di pagine.
Una cosa che mi son ritrovato a fare ora, dopo almeno 5 anni dall'abbandono di tale attività, è la ricerca di immagini che possano ispirarmi per la mia ambientazione.
Avevo disegnato la mappa del mio bel pezzo di universo Fantasy, e su Google immagini cercavo immagini di varie parti del mondo (foreste, montagne...) che poi affibbiavo alle regioni della mia ambientazione. Scorcio di Montagne Rocciose? Bene, questo è il regno di Taldeitali. Paesaggio del parco di Yellowstone? Foresta di Vattelapesca.
La cosa mi esaltava molto. Erano paesaggi vasti e privi di figure umane, era come se non appartenessero a nessuno, e io potevo farli miei, ampliarli con la mente, e farli esplorare dai miei personaggi.
Questo faceva nascere anche anche una sorta di affetto verso il mondo creato. E mi faceva sentire a mio agio nell'ambientarci le varie storie.

Il world building implica molti altri aspetti, sicuramente più rilevanti. Ma la buona focalizzazione - seppur solo "romantica", sentimentale - del mondo in cui ambienteremo le nostre storie ci renderà più sicuri nella stesura della storia.
Non è affatto certo che possa aiutare direttamente la lettura. Anzi: forse Tolkien era così preso dal suo affetto per la Terra di Mezzo da perdere di vista l'obiettivo principale (la narrazione, la storia). Tuttavia è indiscutibile che il primo requisito per un testo di qualità è la passione dell'autore nei confronti della sua opera.
Se non è presente neanche quella, come si può sperare di scrivere qualcosa di decente?

giovedì 22 ottobre 2009

Intepretazione (e gusti)


Questo post tratta dell'Interpretazione; l'argomento di fondo rimane però il mistero della letteratura, della prosa.

È da un po' di tempo che considero le varie "sfaccettature" della prosa.
Pochi giorni fa parlavo di competenze con un mio amico. Secondo lui ognuno dovrebbe avere delle competenze specifiche in un preciso settore, dopo la laurea. Lui, per esempio, non appena entrerà in specializzazione (Medicina) vuole eccellere nel campo che sceglierà. Ammira personaggi come Christiaan Barnard o Gino Strada, che da niente si sono fatti strada grazie alla forza di volontà. Non so come, ma la discussione è finita sulle abilità della gente in un determinato settore.
Ha detto: "Di sicuro se io e te scriviamo un racconto, il tuo sarà migliore perché sei più esperto".
"Ma anche no" gli ho detto io, e poco dopo lui ha annuito, rendendosi conto che in effetti non era così.
"In effetti," ha detto, "in un concorso potrebbe piacere di più il mio che il tuo.".
Ergo, nella letteratura il ragionamento sulle competenze e sull'abilità va a puttane - e la cosa ricorda molto questo articolo del Duca.
Perché? Perché è ambiguo il concetto di competenza - fermi lì, voi colle mani che vi prudono! Continuate a leggere prima di fare brutti pensieri sul povero Taotor.
Competenza: da parte di chi scrive o di chi legge? Da entrambi, ovvio. Ma non c'è sempre.
Se da parte di chi scrive, ma non di chi legge, allora si diventa lo "scrittore incompreso" (per davvero). Tu sai scrivere, o almeno, conosci e adotti le norme basilari per una buona scrittura. Questo rende la tua prosa più che decente, sopraelevandola dai "prodotti" di scrittori meno competenti.
Ma se un lettore, mettiamo un giudice¹, è incompetente, allora giudicherà la tua opera non meritevole, e la gente a chi darà retta? Al giudice o al povero scrittore incompreso?
Se la competenza sta da parte di chi legge, allora siamo a cavallo. Si avrà l'esperto incontentabile - cosa di cui taccia(va)no spesso Gamberetta - e nessuno saprà mai cosa è bello e cosa è brutto.
Ora, date queste doverose premesse (bugia, non sono affatto doverose premesse, sono solo pensieri che mi andava di diffondere), la questione principale.
L'interpretazione.
Nel mondo "vago" della prosa non ci sono appigli. Si arranca nel buio. Mettiamo da parte le secolari norme della buona scrittura, che delimitano un po' i confini del buono e del meno buono. Cosa rimane? Niente, se non una cosa.
L'interpretazione.
L'interpretazione è una cosa assolutamente soggettiva. Ma da un paio di secoli a questa parte sembra che si sia confusa l'interpretazione e le sia stato affibbiato il significato di corretta analisi artistica e intellettuale di grandi opere, che voi umani non potete nemmeno immaginare.
Ci sono scene divertenti nei Promessi Sposi. Una scena divertente non la si interpreta più di tanto, credo, no? La prendi così com'è, al massimo la giustifichi, la poni nel contesto, ma nulla di più.
Invece no.
Se qualcuno di voi ha letto l'analisi critica del Getto (per gli amici G. Getto, aka Gigetto), se ne sarà accorto. Vado a prendere l'edizione dei Promessi sposi a cura di G. Getto, edizione Sansoni, 1964.

Nel capitolo III, Renzo va da Azzeccagarbugli per risolvere la questione del matrimonio. E ci va coi capponi da regalare. Solo che l'avvocato non gli è di grande aiuto, per cui torna a casa incazzato.
Riporta il Getto:
Sui quattro capponi in principio si riflette in maniera evidente un po' della malinconia delle nozze tramontate e della festa sospesa. (...)
È però durante il viaggio che i quattro capponi accumulano su di sé, e scontano con fisica e puntuale ripercussione, attraverso l'agitarsi del braccio di Reno, quel che si agita nell'anima del personaggio («il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente»).
Qui le povere bestie acquistano una loro vita, oltre che una loro evidenza, e diventano occasione di moralistica riflessione, lievissima per altro, filtrata com'è attraverso quel motivo da favola (...)

Polli sballottolati? No, "occasione di moralistica riflessione, lievissima per altro, filtrata com'è attraverso quel motivo da favola"

Potrei citarne centinaia, di considerazioni simili. Ma a che pro?
Il fatto è che l'interpretazione è mera illusione. Da qualsiasi cagata si può tirar fuori questa o quella intenzione artistica. Parliamoci con franchezza:
  1. Si scrive (in maniera chiara) per comunicare. Non si scrive (in maniera criptica) per farsi interpretare. Non ha alcun senso!
  2. La maggior parte di richiami psicologici, artistici, intellettuali trovati dai critici in un'opera, al 90% non erano voluti dall'autore - che nella tomba, spaesato, si guardar intorno e balbetta: «Ehm... sì... esatto, proprio quello intendevo.»
  3. Ciò che i critici scambiano per manovre artistiche sono spesso semplici tecniche basilari di caratterizzazione. Se dipingo un personaggio che cammina da solo sotto la pioggia, col cappuccio, la testa chinata, le cuffie nelle orecchie, e arriva alla fermata del bus ma rimane fuori dalla tettoia, ho caratterizzato grosso modo un personaggio. Uno solitario, cazzuto.
    Un fantomatico G. Getto dei poveri potrebbe sostenere: "L'isolamento del personaggio è deliziosamente illustrato dal Russo mediante l'uso delle cuffie, che fungono da barriera tra il mondo esterno e la realtà introspettica del protagonista. Anche il gesto compiuto da quest'ultimo, rimanere fuori dalla copertura della fermata, accentua lo spirito solitario del personaggio, la divisione tra l'ego e la società, l'abisso oscuro che divide l'essere umano e taglia le relazioni, recide il filo di comprensione interpersonale. Il personaggio, in quanto solitario, è un artista.²
  4. Quattro.
La morale della favola è che lo scrittore, alla fine, si deve limitare a scrivere bene e con passione, e tutto il resto non conta. Non so se questa possa chiamarsi Onestà intellettuale.
Non si può dare la colpa a Joyce se ha scritto un romanzo-pacco noiosissimo: quando lo ha scritto si è entusiasmato, riportando su carta gli avvenimenti successi a lui, fingendosi Stephen Dedalus. Qualcuno trova bello A portrait of the artist as a young man. Non io, né altri miei amici, ma ho un'amica che, sì, esce matta per Joyce.
Non ha colpa Manzoni con la sua fissa per la lingua. Poteva limitarsi a narrare la storia, che in fondo è bellissima. Solo, potrebbe aver bisogno di una limatina... Fatto sta che si studia a scuola, e ogni generazione ha letto, legge e leggerà ancora questo romanzo.
L'intepretazione è una cazzata.
Lo scrittore scrive, il lettore legge - se vuole, "interpreta" a modo suo. Ma ciò che fa bello un romanzo è il gusto comune e i punti fissi di "apprezzamento universale" (una grammatica corretta, coerenza nel testo ecc.).
L'errore storico della letteratura è stata proprio l'interpretazione. Se ci sono dibattiti tra buona e cattiva prosa e confusione riguardo al bello e il brutto è proprio per colpa delle interpretazioni intellettualoidi che si son fatte nel tempo. Ciò che è bello è bello anche senza presunte seghe mentali da artista.
Sarebbe più corretto sostituire l'interpretazione con il gusto. Perché in fondo, quando si vuol capire cosa è bello e cosa è brutto, si tratta solo di questo.
Gusti, basati su principi concreti, e non strani concetti astratti.


Note:

¹ Sì, i giudici dei concorsi letterari sono sempre persone competenti, che conoscono il loro mestiere e bla bla bla. Non escludo che possa essere così, ma non venitemi a dire che non esistono dei decerebrati col senso critico di maiali. Alcuni giudicano esclusivamente in base ai propri gusti. Altri, invece, sono solo diversamente competenti. Lo dimostra il fatto che al Concorso Letterario della Salsiccia del paesino di Vattelapesca mettono in veste di giudici: un compaesano che ha pubblicato per la prima volta il suo primo romanzo folkloristico, un giornalista che scrive sul giornale del paesino, pubblicato una volta all'anno durante la Fiera delle Polpette, e per finire in bellezza, il poeta più importante del luogo, il cui nome compare da decenni sulle ristampe della raccolta di poesie in dialetto vattelapeschiano.
«Ehi, guarda, a Taotor gli rosica er culo perché l'hanno segato fuori da un concorso!»
No, finora ho partecipato solo a un vero concorso letterario, Colonna d'Eroma, in Sicilia. Mi hanno dato la mia bella coppa e sono stato contento. Non avevo mai sentito i nomi dei giudici, ho parlato solo con uno via telefono - aspettando l'antologia che dopo quasi quattro anni ancora non arriva, ahimè.
Però una cosa è chiara: il mio racconto non era orribile ma... diciamo che se quello era da premiare, quelli che scrivo ora sarebbero da Nobel. A buon intenditor...

² Considerazioni simili ("il personaggio è solo, per cui è un artista"), così ridicole, sono state fatte per A portrait of the artist as a young man di Joyce; il critico potrebbe essere stato Hugh Kenner, ma non ne sono sicuro. Fatto sta che l'analisi critica di Dedalus - titolo italiano dell'opera - fatta da vari letterati-critici, è una barzelletta dall'inizio alla fine. Le poche scene belle del romanzo vengono inglobate dall'ondata di noia e incompetenza narrativa (narrativa, non filologica: qui parliamo di prosa, non di lingua, e se Joyce sa tenersi caro il lettore come fa, chessò, Hemingway, allora io sono Babbo Natale), sovrastate da scene lunghissime e inutili. Il perché? Ve lo dico subito.
Joyce ha scritto A portrait of the artist as a young man rifacendosi alla propria vita. È colmo di riferimenti autobiografici. E c'è un problema di fondo quando si narrano i fatti propri.
Lo spiega chiaramente Ansen Dibell in Plot (Writer's Digest Books, 1988):
Or maybe you want to write a story based on real life and
real incidents. That should be a cinch, right? All the events really
happened; the characters are people you know. Nothing easier
than writing it all down, you think confidently. Just change the
names and locale, and you're set.
But then the events, so compelling when they happened
and when you thought about them, bog down in detail and explanations.
The familiar people you felt certain would be enthralling
characters turn into jabbering trolls.
You feel the silent inner thud that tells you that truth—or,
more accurately, fact-based fiction—is no more a guarantee
against writing dull, unconvincing tales than is inventing the
whole thing from the start.
Se non sapete l'inglese, attaccatevi. O imparatelo.

lunedì 12 ottobre 2009

Non si direbbe, ma sono 19


E oggi sono un 19enne.
Per quanto possa fregarvene - soprattutto dopo che vi ho praticamente "abbandonato" per un anno, per colpa del maledetto e inutile Liceo, il Diavolo se lo porti -, mi trovo bene all'università ("G. D'Annunzio" di Chieti), e Farmacia è una facoltà interessante. Tra Esami in vista: Matematica&Fisica e Biologia (Animale & Vegetale); mi interessa di più la seconda, ma che ci possiamo fare, gli esami van fatti tutti.
La città è troppo tranquilla, viene chiamata "la città della camomilla" non per nulla. Ma l'importante è avere amici: il divertimento ce lo creiamo.
L'anno scorso ho letto e scritto poco. Quest'anno sarà diverso. Potrò sicuramente scrivere di più, e tornerò a leggere decentemente. È tutta una questione di organizzazione di studio e impegni.
Per il momento non ho trovato gente per formare una band, e dubito che avrò successo. Oltretutto, gli impegni sono tanti, Farmacia non è una facoltà facile, e gli svaghi vanno organizzati per bene - sprecare tempo utile per lo studio significa avvicinarsi alla eventuale bocciatura all'esame, ed essere bocciati vuol dire perdere tempo e rimandare la laurea, il lasciapassare per una vita del tutto libera e indipendente.
Questo è quanto. Ora fatemi gli auguri. Lol.
Scherzo.
Ma anche no.

domenica 11 ottobre 2009

Letteratura? Mistero.


Herta Müller, la pazzoide in foto, sembra essere la vincitrice del Nobel 2009 per la Letteratura.
Io, che sono un po' tonto, non avevo mai sentito parlare di costei. Non che la cosa mi stupisca: non conosco un mucchio di scrittori, per quanto fenomeni. Però si dà il caso che un tizio meritevole del Nobel per la Letteratura non passi inosservato nel corso degli (innumerevoli) anni.
Ma io non me ne intendo, quindi alzo le mani.
Sentiamo la motivazione del premio:
"con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa, dipinge il panorama dello spodestato."
Credo, e dico credo, di aver capito. L'ho capito per quanto tonto, e sebbene il giudizio abbia un retrogusto di recensione-random (come "Un romanzo coraggioso", o tutte le frasi fatte per libri che il recensore probabilmente non ha letto, come ci illustra Gamberetta.)
Per poter capire qualcosa di questo giudizio è necessario sapere di cosa parla l'opera dell'autrice. Attingo dal sito della casa editrice:
Non è sempre naturalistica la prosa di Herta Müller ne «Il paese delle prugne verdi» (Keller Editore, pp.254, euro 14). È, piuttosto, poetica, procede per immagini non ovunque facilmente decifrabili, e che però si dipanano man mano che si procede nella lettura. Non sappiamo se questa prosa criptica sia frutto della fervida immaginazione dell'autrice, del clima di terrore e segretezza vigente nella Romania degli anni '80 sotto Ceausescu, o di entrambi.
Sentite puzza anche voi?
Sì, sa tanto di "dico tanto ma non dico niente". Ed è un peccato, perché ho letto qualcosa della Muller su google.books, e non è tanto malvagia, anzi.
Al TG ribadiscono il concetto di attualità, di politica, di denuncia, su cui si basa la premiazione e il "genio" creativo di Herta Muller.
Allora io mi chiedo: quali sono i criteri di premiazione? Do un'occhiata (riporto alcuni nomi):
  • 1937 Roger Martin du Gard "per la forza artistica e la verità con la quale ha dipinto il conflitto umano così come gli aspetti fondamentali della vita contemporanea nel suo ciclo di romanzi Les Thibaul
  • 1933 Ivan Alekseevič Bunin "per la precisione artistica con la quale ha trasposto le tradizioni classiche russe in prosa
  • 1980 Czesław Miłosz "che con voce chiara e lungimirante espone la condizione degli uomini in un mondo di gravi conflitti"
Ne risulta che a meritare il Nobel sia:
  • Chi tratta della condizione umana/sociale/psicologica dell'uomo nel mondo.
  • Chi esprime tale condizione con forza poetica e arte sublime
Sì, sto facendo del sarcasmo. Ma una cosa si capisce, da tutto ciò. Viene premiato, di questi romanzi, l'aspetto poetico e artistico, in un un contesto, la Letteratura, che ha sì l'arte e la poesia come componenti, ma di cui si prende in considerazione principalmente la prosa.
Difatti, tra i premiati troviamo:
  • 1953 Winston Leonard Spencer Churchill "per la sua padronanza delle descrizioni storiche e biografiche, nonché per la brillante oratoria in difesa ed esaltazione dei valori umani"
  • Hernest Hemingway "per la sua maestria nell'arte narrativa, recentemente dimostrata con Il vecchio e il mare e per l'influenza che ha esercitato sullo stile contemporaneo"
A questo punto la domanda è: si premia chi ti gira, o si premia secondo parametri che variano sempre? Si premia la prosa o anche la poesia e l'arte (e cosa si intende con questa fantomatica "arte"?)?
Mistero.
Non voglio denunciare di certo il premio Nobel. Non è mia intenzione. Ci pensano già i giornali a farlo.
Ma giunti a questo punto, vorrei capire prima di tutto cosa si intende per "Letteratura", cosa è buona letteratura e cosa non lo è. Dai premi Nobel, sembra che tutti i romanzi siano belli per questo o quel motivo astratto, intellettuale, artistico, quellochevolete.
Allora perché non premiare un Martin? Un Erikson? O che ne so, un Gerrold?
  • 2010 David Gerrold "per il simbolismo delle entità aliene come nemiche dell'alter ego umano e la lotta per la libertà".
Suona simile alle motivazioni dei Nobel originali, no?
Allora, oggi, XXI secolo, per noi che cos'è la Letteratura? È prosa o poesia? E quale tipo va premiato?
L'espressione della Muller, in foto, ha la risposta.
Mistero.

mercoledì 23 settembre 2009

Scrittori: mestruazioni, masturbazioni, prostituzioni e turbe



Non c'è niente di peggio di una donna che ha le sue cose.
A me le donne piacciono - eccome -, ma se c'è una cosa che non sopporto sono gli sbalzi emotivi mensili. Cristo! Che odio!
Non puoi dire niente, niente, perché qualsiasi cosa tu dirai susciterà un'istantanea reazione satanica-retorica-aggressiva sparata a diecimila decibel.
Roba da far impallidire persino gli Slayer.
Ma ci sono donne e donne.
Alcune tengono a bada gli ormoni, altre li sguinzagliano con l'ordine di attaccare.
E gli scrittori?
Gli scrittori sono sempre uguali, ma quello che li differenzia è lo stadio mestruale a cui sono arrivati. Una volta passati allo stadio successivo, però, non si torna indietro, per fortuna. Più si va avanti, più si migliora! Provare per credere!
  • Stadio 1a. Conosciuto anche come "Lo scrittore timido che scrive solo per sé". È uno scrittore che potrebbe scrivere da un mese come da anni, ma ha un tratto caratteristico: umiliazione e panico da masturbazione. Lo Scrittore di Stadio 1a è terrorizzato all'idea che qualcuno possa leggere i suoi racconti. Nasconde eventuali blocchetti o agende nei posti più impensabili. Sotto il materasso, come fossero riviste pornografiche, o sul fondo dello scatolone più nascosto nell'angolo più buio della cantina oscura. Fare l'elicottero col pisello davanti a tutto uno stadio sarebbe preferibile all'idea che occhi estranei possano leggere le sue schifezze. Codesto scrittore produce soprattutto roba introspettiva, ma non mancano storie strutturate.
    Un'eventuale critica è impensabile! Lui non vuole che si leggano le sue cose, e se questa disgrazia si verifica, allo scrittore non rimane che fare un falò con tutti i suoi scritti, cospargersi di benzina e morire con loro.
  • Stadio 1b. Conosciuto anche come "Lo scrittore timido che scrive per sé ma anche no." Non si discosta dall'1a, se non dal fatto che non sente umiliazione: tra invece godimento dal panico. Trae piacere nel masturbarsi vicino alla finestra, così da rischiare di farsi vedere dalla vicina che raccoglie il bucato sul balcone. Costui scrive per sé ma anche per intervalla insaniæ. La sua insania è costuita dalla trasgressione che più lo eccita: l'idea che qualcuno possa dare uno sguardo alla roba che ha scritto. È convinto, in realtà, che la critica sarà più che positiva: sa di essere un genio nascosto.
    Non sa che la vicina, oltre a raccogliere il bucato, chiamerà anche la polizia.
  • Stadio 2. Conosciuto anche come "Lo scrittore che sta imparando a scrivere". È l'individuo che scrive per essere letto.
    Una specie di prostituta, sì, una mezza puttana. Vuole farsi fottere, ma quando ti avvicini e gli parli, lui ti lega le mani dietro la schiena, ti ficca un morso sadomaso in bocca, ti sbatte a pancia in giù sul letto e ti sodomizza. "La tua critica? La tua critica? Ecco che torna da dove è uscita, la tua fottuta critica!" urla, cavalcandoti.
    Lo scrittore di Stadio 2a non ama le critiche. I suoi racconti sono belli e perfetti così come li ha scritti. Le critiche non servono: lui ha una spiegazione per ogni "apparente" incoerenza o errore.
    "Perché Tizio viene colpito al braccio e due righe dopo sanguina dalla gamba?
    "Perché sì."
    "Ma non ha senso!"
    "Sì che ne ha, è Fantasy!"
  • Stadio 3a. Conosciuto anche come "Lo scrittore che scrive per il bene maggiore dell'arte." Costui scrive un racconto non proprio da buttare - semmai tutto da riscrivere. È scritto male, ci sono un bel po' di scene che non hanno senso, i personaggi parlano tutti allo stesso modo...
    Lui è l'uomo ipersensibile che non dà alla donna assetata di sesso quello che vuole. Prepara le candele, mette su i Radiohead, getta rose sul letto, accende una dozzina d'incensi, la camera è un (fumoso) paradiso onirico. Dal letto a baldacchino calano tende rosse trasparenti. Lei vuole semplicemente sesso. Appena lei entra, lui le legge una poesia che ha scritto guardando il tramonto mentre la pensava. Lei si spoglia, lui la ferma e, commuovendosi cita aforismi di Gibran e di altri poeti. Si sdraiano sul letto, lei ha le guance avvampate, vuole solo una cosa, ma lui dice: "Restiamo abbracciati tutta la notte... ♥"
    Insomma, a questo qui non gli si alza.
    Lo scrittore 3a non vuole ammettere che il suo racconto fa schifo, per cui maschera la cosa con la tiritera dell'arte, della licenza poetica. Nello Stadio 3a, lo scrittore non tromba: ci gira attorno senza andare al sodo, per nascondere la sua eclatante impotenza. Non narra una storia, fa finta di narrare. Con le sue forme poetiche e raffinate malriuscite crea un magnifico niente che non racconta nessuna storia, ma una nebbia confusa che alla fine non lascia nessun gusto.
    Egli rosica, perché sa. Sa che le critiche sono fondate, sa che ha fatto una cazzata nello scrivere ciò che ha scritto, ma è una cazzata a cui non può più rimediare, perché sennò ci rimette la faccia. E perché non si sente in grado di fare nient per rimediare.
    E preferisce continuare a nuotare nel suo artistico mare di merda.
  • Stadio 3b. Conosciuto anche come "Lo scrittorucolo tanto gentile che nasconde un pugnale nei pantaloni." Non è tanto diverso dallo scrittore di tipo 3a, con la differenza sostanziale che questo, il 3b, è contento. È cosciente di scrivere stronzate, perché le legge quelle dei suoi amici, e se ne rende conto. Sa di essere come loro, ma finché nessuno gli dice niente, lui sorride con gli altri e tutti sono felici.
    In sostanza, i 3b si calano i pantaloni e si osservano i piselli. Nessuno ce l'ha di dimensioni notevoli, per cui tutti fanno spallucce. Sono in realtà contenti di essere sullo stesso piano - e dicono: "In fondo non sono le dimensioni, che contano, ma come si usa..."
  • Stadio 4. Quattro.
  • Stadio 5. Conosciuto anche come "La puttana senza scrupoli", è il livello più alto a cui dovrebbe aspirare uno scrittore. Indica la più-che-decenza, ovvero una produzione di narrativa che, letta, non ti fa pentire di aver perso tempo. Oltre questo livello, ci sono solo miglioramenti, tutti basati però sulla base di "puttana senza scrupoli".
    Come puttana senza scrupoli, lo scrittore 3b si offre al pubblico, si scopa tutti senza guardare in faccia a nessuno, cavalcata dopo cavalcata, arraffa avido i soldi per le prestazioni e non si ferma mai. È sempre al lavoro, si parli di opere complete o di brevi servizietti.
    Carpisce i consigli di ogni lettore e li assimila, valuta ogni suggerimento donandosi senza se e senza ma, prestando attenzione a ogni commento. Il suo obiettivo è migliorarsi, e per riuscirci deve necessariamente confrontarsi, ponderare i pareri dei lettori, scegliere quelli giusti e applicarli.
    In assenza di partner, lo scrittore puttana-senza-scrupoli apprende. Si dà al porno, nella sua buia cameretta, rischiarata solo dalla luce del monitor su cui ballano tette e piselloni.
    In assenza di lettori cui proporre i propri racconti, lo scrittore 3b ripiega sull'approfondimento mediante i consigli dei migliori, sulle antiche esperienze di scrittori (veri artisti) che hanno raggiunto il Nirvana della prosa ed elargiscono le loro massime a chi ha orecchie per ascoltarle.

    Le turbe degli scrittori

    Non è "normale" che uno scrittore si lamenti quando gli viene mossa una critica. Lo scrittore prima di tutto deve ringraziare che qualcuno abbia letto un suo racconto. Leggere vuol dire perdere tempo, tempo non retribuito. Quando leggono un tuo racconto, è come se ti regalassero soldi.
    In secondo luogo, lo scrittore deve ringraziare eventuali consigli e pareri. È altro tempo sprecato. Il lettore si sofferma addirittura per trasformare le sue fatiche di lettura in qualcosa di concreto: un aiuto allo scrittore.
    Prima di tutto, bisogna assolvere questi doveri. E tutto dovrebbe andare per il verso giusto.
    Sennò...
    Se i giudizi sono negativi? Molto negativi. Distruttivi.
    Lo scrittore riceve frecciate da destra, da sinistra, da tutte le parti. Chinare la testa e dire a tutti "sì, ho sbagliato, faccio schifo" non è il massimo. Voi lo fareste?
    Non c'è da stupirsi se uno scrittore non riesce a reggere le pressioni ricevute da tutte le parti, l'essere messo su un palco, giudicato... Ok, forse non si è comportato bene nei confronti dei lettori. Sì, probabilmente se l'è meritato. Ma fatemi spezzare una lancia in favore degli scrittori-vittime.
    Qui nessuno vuole difendere i cattivi scrittori, né questo è il Centro d'Accoglienza Taotor per Poveri Scrittori Sotto Pressione.
    Ma bisognerebbe tener conto anche di questo. Le cose stanno così, siamo tutti esseri umani, fallaci, e con sentimenti (vabe', chi più chi meno).

martedì 15 settembre 2009

Impressioni | Muse - The Resistance


Appena uscito, il nuovo album dei Muse è scaricabile da Internet (link megaupload, password "worldofdream.org"). Oltre al mio parere e quello di altri (che qui vi linkerò), prima di tutto, fatevi un'idea personale: le recensioni hanno la brutta abitudine di creare pregiudizi.

Ci si aspettava molto, da questo album. Prima di tutto ci si domandava quali sarebbero state le innovazioni; inoltre, si incrociavano le braccia e si voleva valutare il nuovo album, se all'altezza dei precedenti o no. Comincio a credere che sia un luogo comune piuttosto amato, quello del "Non sono più i [band vattelapesca] dell'album [primo o secondo album dei vattelapesca]".
1. Uprising. Un brano prettamente "musiano": innovazioni, qui, non mi pare di trovarne. Come molte tracce dei Muse, può sembrare a un primo ascolto non-rock, più simile a una canzone techno o electro-rock. Questo temo sia dovuto alle distorsioni e agli effetti del basso, ma prima di tutto agli effetti delle tastiere/synth. Un brano che non toglie né aggiunge niente alla produzione del gruppo. Piacevole, ma non superbo o notevole - non più di tanto.
2. Resistance. Un'apertura ad atmosfera, molto spacerock, un po' pink floyd, un po' semplice effetto (d'atmosfera, appunto) di tastiera. Entra quindi il piano, accompagnato da una cavalcata sul timpano e sul secondo tom (ringrazio Giovanni per la precisazione batteristica), parte la strofa, abbastanza sofferta, struggente, come molti brani dei Muse - sì, alcuni li disprezzano proprio per la "lagna" di Bellamy, una volta anche io lo pensavo, ma poi si impara ad apprezzare certe cose -, quindi, dopo la strofa, il ritornello, nei cui versi si alternano la voce di Bellamy e i cori. Verso l'ultima parte del brano, si ha una variazione nella melodia, e poi la fine.
3. Undisclosed desires. Si apre con un ritmo piuttosto R'n'B, con il "riff" di archi (tastiere con l'effetto?). Il testo è molto bello, ottimo da dedicare a una ragazza. Il ritornello è incantevole, con la voce di Bellamy accompagnata dai cori. Il basso si fa sentire, un basso violento, la corda che colpisce sul manico emettendo rumori metallici.
4. United States of Eurasia. Inizia molto adagio. La sequenza di note al piano, nell'introduzione, è la seguente: Re# - Re - Do# - Do - Si - Fa - Fa#. Notate i diesis? Bene, teneteli a mente. Col piano, parte la strofa, poi interviene la batteria che dà il tempo sul piatto, un po' di basso, archi, e poi c'è un attacco in sfacciato stile Queen. Dopodiché, parte una scala orientale. In questa recensione, l'autore la chiama scala araba. In effetti lo è. Ma a me sembrava riduttivo. Ho cercato per venti minuti una scala che si avvicinasse a questa. E la scelta finale è caduta su due: la scala bizantina e quella ebraica. Nessuna delle due mi soddisfaceva. La soluzione, però, è semplice. Ricordate la sequenza iniziale? Ecco: il tono "orientaleggiante" della scala è dato semplicemente dall'alternanza di note naturali con note alterate, vale a dire: se la scala di Do parte col Do e fa Do-Re-Mi-Fa..., provando a "corromperla" con note alternate a diesis, otterremmo una melodia dal gusto esotico, provando per esempio a eseguire Do-Do#-Fa-Fa#-La-Si.
Ci tengo, a fare questa precisazione, perché in un'altra recensione (piuttosto distruttiva), l'autore, Zago, sostiene che quella scala sia una specie di plagio del Bolero di Ravel (ma, precisiamo, lui non ha assolutamente parlato di plagio, questo lo dico io, perché il senso è quello: i Muse, a suo dire, hanno attinto da lì). Senza dubbio l'influenza - tributo? - dei Queen c'è, è innegabile. Ma da qui a definire kitsch i Muse per un presunto plagio, ce ne vuole. Basta un orecchio anche distratto per capire che non esiste alcun Bolero, in United States of Eurasia. Una vaga somiglianza, sì. Ma è normale: le melodie classiche sono piene di scale (le mie preferite sono quelle del Kyrie Eleison nel Requiem di Mozart, in più tonalità... sublimi), per cui è probabile che possano assomigliarsi. Molto vagamente.
La canzone si chiude col Notturno di Chopin. Il motivo? Non so se ce n'è uno: io credo però che la melodia sia collegata con l'Overture di Exogenesis e con Redemption, della stessa. Una questione di affinità musicale. Non so se si siano ispirati a Chopin o se si siano accorti dopo che le melodie si assomigliassero.
5. Guiding light. Un brano dolce, lento e solenne. Notevole per la scelta dell'atmosfera creata. Come sappiamo, i Muse sfruttano effetti pesanti sugli strumenti (al punto che non sarebbe totalmente errato, a mio modesto avviso, riflettere su possibili influenze Shoegaze) per ovviare alla mancanza di altri membri nella band, e per riempire appunto il "buco" sonoro.
Vorrei poter dire di più, sulla canzone. Ma non c'è granché da dire, almeno da parte mia. Probabilmente c'è chi l'apprezza molto più di me, e qui subentra una questione di gusti - e non mi esprimo ulteriormente.
6. Unnatural selection. Sarò franco, l'inizio mi fa cadere le balle. Dico: a me, sia chiaro. Anzi, mi ricorda un po' l'inizio di Cara ti amo, degli Elio e le storie tese. Comunque, dopo l'intro, arriva un riff che ricorda dannatamente il riff in Re basso, distorto, di New born. La variazione che si ha al ritornello mi piace, molto. Poi la strofa non mi piace proprio. Cioè, non mi attira, non mi fa venir voglia di ascoltare con esaltazione la canzone - e ascoltarla solo per sentire qualche secondo di ritornello non valorizza l'intero brano, almeno per me. A metà canzone si ha un cambio di tempo, più lento, con tastiere a organo in sottofondo, con una specie di assolo straziante. Sì, diciamocelo. Sarà un effetto ricercato, ma insomma... Qui mi sento di citare la recensione sopralinkata, di Zago (sembra quasi che ce l'abbia con lui, ma, lo giuro!, non è così) da soundsblog.it:
il fatto che un talento chitarristico come quello che ha Matt venga totalmente messo in secondo piano, fa un po’ storcere il naso.
Quale talento? Dov'è il talento chitarristico di Matt? Dove l'hanno messo? Chi l'ha nascosto? Io non lo trovo.
Non ha alcun talento chitarristico, ecco cosa. Lo giudico un vocalista assai virtuoso, ma mai lo reputerei un chitarrista talentuoso. È un chitarrista medio-basso, oserei dire. Non ci sono assoli nelle canzoni dei Muse, o meglio, a volte ci sono, riprendono il tema principale della voce, lo modificano un po', ma nulla di che, roba che riuscirebbe a suonare un ragazzino dopo due mesi di lezioni di chitarra su youtube. E anche i riff. Sì, talvolta sono frenetici e accattivanti, ma (tecnicamente) lontani miglia e miglia da riff come - faccio un esempio banale - quello in Laid to rest dei Lamb of God - che, per quanto fattibile, richiede più precisione, attenzione e velocità, rispetto ai classici riff dei Muse.
Con questo non intendo svilire la qualità dei riff o delle melodie dei Muse. Ricordo l'eventuale lettore disattento che si parlava di tecnica e talento, non di piacevolezza e qualità.
7. MK ultra. Un riff di sintetizzatore, qualche pennata sugli accordi. La cosa che apprezzo, di questa canzone, è la voce, i suoi picchi, che sopraeleva di poco il brano rispetto all'insufficienza netta che gli darei. No, a me non piace. Non ci vedo molto di attraente. Anche qui sembra di risentire il riff di New Born.
8. I belong to you/Mon coeur s'ouvre a toi. Questa canzone mi è così insignificante che trovo difficile anche descriverla. Ripetitiva. Solito riff di piano, solita melodia. Poi si apre in una specie di canzonetta francese in stile II Guerra Mondiale. Continua com'era iniziata, con l'aggiunta di un'orchestra (veramente io sento solo qualche arco). Si aggiunge, verso la fine, anche un sax. Macché, quest'atmosfera pseudo-jazz e pseudo-lounge non m'attira proprio. Insignificante, a mio avviso. Il brano peggiore. La parte migliore sapete qual è? La fine: una liberazione.
9. Exogenesis: Symphony pt 1: Overture. È un pezzo orchestrale, in teoria. L'idea "originale" dovrebbe basarsi sull'accostamento orchestra-sintetizzatore e strumentazione rock. Premettiamo: non è un'idea originale. E l'accostamento non è neanche così strabiliante. È un ottimo pezzo, uno dei migliori dell'album. Sopravvalutato dai più, però.
Non si può descrivere un brano orchestrato. Almeno, io non sono in grado. Vi basti sapere che dopo un inizio strumentale arriva la voce acuta di Bellamy, che non pecca di una virgola, e si inserisce a meraviglia nel complesso. Poi subentra l'anima rock. Un'anima pacata, in realtà. Si passa quindi alla seconda parte.
10. Exogenesis: Symphony pt 2: Cross-Pollination. Si tratta di uno sviluppo dell'introduzione al piano, che apre il brano. Da ascoltare, sì. Ma non si impone, come traccia. E non fa la differenza. Si dimentica in fretta.
11. Exogenesis: Symphony pt 3: Redemption. Il brano si apre con una melodia al piano, un arpeggio tenue in Sol (che assomiglia al Notturno di Chopin, ecco). Poi arrivano gli archi. E si inseriscono in questa melodia sommessa, tranquilla, riflessiva. Ha picchi struggenti, altri di ripresa. A metà entra la batteria e comincia così la parte "rock", in realtà molto leggera. Questa parte dominata del tutto - oltre che dall'orchestra - dalla voce di Bellamy.
Questo è il miglior brano dell'album. Non ho alcun dubbio a riguardo. Da ascoltare e godere.

Un pensiero generale riguardo a tutto l'album.
No, non c'è nessun brano che spicchi in maniera definitiva - eccettuato Redemption. Ricordo la prima volta che ascoltai New Born. Continuai ad ascoltarla più e più volte. È uno di quegli arpeggi che ti catturano appena li senti per la prima volta. Come quello in Fa di Stairway to heaven dei Led Zeppelin. C'è qualcosa, in quell'arpeggio, una specie di arpeggio stregato: chi lo sente per la prima volta pensa due cose: "è bellissimo", e "mi suona familiare..."
Personalmente, di quest'album ascolto spesso Undisclosed desires, United States of Eurasia, Resistance, e Uprising no perché mi capita sempre di ascoltarla in macchina alla radio - mi verrà la nausea, ci scometto! Infine Exogenesis.
Una cosa è certa. Come molte canzoni... come molte canzoni dei Muse, anche... ci rendiamo conto solo dopo, di quanto ci piace questo o quel brano. Quindi, sarebbe saggio ascoltare e riascoltare più volte questo album, prima di poter esprimere un parere definitivo.
Un album da buttare? Un album fallimentare? Cazzate. Non è all'altezza degli album precedenti? Macché. Di Showbiz a me piace solo Unintended e, vagamente, Muscle Museum. Quindi, facendo il calcolo, sono più le canzoni del nuovo album, a piacermi, rispetto a quello d'esordio - tanto apprezzato da taluni.
Giudizio? Positivo. Si poteva fare di meglio, sì, ma non è per nulla deludente.
Vedremo cosa accadrà in futuro.

Per sentire le altre campane:
Recensione positiva: Lupin4th.blogspot.com
Recensione negativa: soundsblog.it

domenica 13 settembre 2009

Impressioni | Rappelz, Atlantica online, D&D online, World of Warcraft



Carissimi amici amanti di Fantasy.
Se seguite le 100 regole del power metaller (che poi valgono pure per l'amante del Fantasy), con questo post vi leccherete i baffi.
In questi giorni tranquilli di settembre, in seguito alla scioccante notizia della chiusura di Archlord (in realtà uno spostamento alla videogame publisher Webzen), ho pensato: "E io come sprecherò tempo durante queste due settimane?"
Così mi son rimboccato le maniche delle dita (sì, non so neanche io di che parlo) e mi son messo a digitare come un pazzo su Google, alla ricerca di qualche mmorpg che eguagliasse Archlord, almeno per i requisiti che io richiedevo (un bel mondo vasto, medievaleggiante, con la possibilità di livellare sia con Quest che con Farming, una bella community, possibilità di pvp ecc.). Mi son ritrovato, dunque, a riempire il mio hard disk con i seguenti inutili mmorpg che vi presento ora.

Rappelz
Rappelz, come vi avevo accennato vagamente nel post di un anno fa, non differisce molto da Archlord.
Non è così. Rappelz è leggermente diverso, ma in peggio. Sullo stesso computer, Archlord girava più che decentemente, con impostazioni grafiche piuttosto alte.
Rappelz no. Ha delle strane impostazioni grafiche, le scalette di pixel stanno ovunque, se non setti bene l'opzione video, che però risucchia molta RAM, e rallenta il gioco.
A parte questo, Rappelz inizia su un'isola, chiamata Trainee, proprio perché su di essa impari come funziona il gioco. Il livellaggio è piuttosto difficile. Ci sono le quest e la libertà di uccidere chi ti pare, però i punti exp che raccogli non bastano, devi uccidere dozzine e dozzine di mob per poter avanzare di livello. E diventa sempre più difficile. Perché non è ben calibrato il rapporto "livello del personaggio"-"livello di difficoltà dei mob". Ovvero, se io sono di livello 14, mi conviene uccidere mob di livello 12 perché muoiono prima e mi danneggiano di meno.
Però, così facendo non posso procedere mob dopo mob, perché sì, mi levano poca vita, ma parlo di 1/7 di vita a botta. Ciò significa che devo fermarmi un po' a riprendere HP, altrimenti, facendo continuamente farming per alzare il livello senza perdere tempo, finisco stecchito dopo 7 mob.
A meno che non riesca a 1. trovare armi più forti, 2. farne alzare le caratteristiche da un npc, 3. potenziare i miei poteri magici 4. con item che devo studiare in ogni matematico particolare, per capire se mi conviene o no indossarlo (esempio di dilemma: ho una corazza che di difesa ha 10, ma mi dà agilità -2, e un'altra corazza di difesa ha 8, e agilità +2; quale mi conviene indossare? Il più delle volte non si tratta di calcoli così banali, perché i fattori sono molti altri, difesa magica, resistenza, poi alcuni oggetti possono essere potenziati con altri oggetti, e a questo punto bisogna conoscerli tutti, le loro capacità, e il loro valore matematico, per poter spremere al meglio ogni qualità dal personaggio).
Due pregi di questo gioco sono i pet e uno schema di Jlevel e Jpoint.
I pet sono animali che si possono evocare (summon), ti seguono e attaccano i nemici insieme a te. Crescono di livello anche loro. Alcuni possono essere cavalcati.
Uccidendo mob ottieni dei Jpunti, che accumulati ti permetteono di "spenderli" per avanzare di Jlivello oppure per far alzare il livello di una singola abilità (skill). Il Jlevel apre nuove skill. Questo schema è abbastanza chiaro, un po' contraddittorio nella pratica (dopo il terzo o quarto livello, la quantità di jpunti da accumulare per poter fare qualcosa si impenna drasticamente, e con essa anche il numero di mob da uccidere), ma ti fa capire cosa puoi e cosa non puoi fare, cosa otterrai (scegliendo tu stesso) e quanto dovrai impegnarti per raggiungere il tuo obiettivo.
Questo modo di giocare non mi piace. Non mi diverte. Inutile dire che probabilmente chi sta leggendo, invece, potrebbe apprezzare molto il gioco. Ma Rappelz non offre ciò che desidero io, per cui, via, scartato.

Piccola nota: Archlord forse non era tutto sto granché di gioco, però aveva un obiettivo: ogni giocatore poteva puntare a diventare l'Archlord, ovvero il signore assoluto del server, con poteri straordinari (cambiare il giorno con la notte, e altre stramberie varie) e, se l'ambizione è troppo grande, ci si poteva "accontentare" di fare parte del gruppo dell'Archlord: a questo punto del gioco, si è così fighi e così potenti, che essere o non essere l'Archlord non fa la differenza. Al limite, si poteva organizzare un manipolo di eletti che tentassero di detronizzare l'Archlord.

Dopo Rappelz, ho provato Atlantica.
Pesa un botto. Se non erro, siamo sui 9 Gb.
Bella grafica, bei modelli, bel gameplay, ottima la scelta delle classi, unico problema...
Il combattimento.
Questo mi ha deluso un sacco e mi ha indotto a cestinarlo (bugia, l'ho cestinato solo una settimana dopo per far spazio a WoW).
È un dannato mmorpg, non ha senso impostare i combattimenti a turni! Chi ha giocato a Final Fantasy ha capito cosa intendo. Incontri un mob, la schermata si contorce, e parte il "combattimento". Tanti scemi in fila, fermi, aspettando ognuno il proprio turno.
Può piacere. Tantissime persone amano Final Fantasy, ma in un mmorpg a mio avviso il bello sta proprio nella contemporaneità degli eventi. I combattimenti in tempo reale, in cui possono interagire altri personaggi lì di passaggio, in modo che tutti possano vedere cosa succede, combattimenti da cui puoi scappare via a gambe levate, finendo dall'altra parte del mondo per paura che il mob sia ancora dietro di te e ti uccida, facendoti perdere preziosissimi punti esperienza.
Sì, sarà banale, ma non mi va di sprecare il mio tempo in questi stupidi combattimenti a turni. Azione, azione voglio! Via, scartato!

Infine, fulmineo, è arrivato il consiglio di un mio amico, che mi fa: «Fe', è uscito D&D online! È gratuito!»
«Per la miseria, lo scarico subito!» (bugia, credo di aver detto "Porca puttana, mo lo scarico!")
Ora, dovete sapere che da ragazzino neo-adolescente sbavavo dietro i libri-game e D&D. Difatti comprai un (costoso) manuale del giocatore, v.3.5. Non ci ho mai giocato, perché in paese non c'era manco un dungeon master. E questo è il mio rimpianto.
Mi sono precipitato a scaricarlo, dunque. Lo installo, ci gioco.
Una bella grafica, e una caratterizzazione del personaggio molto dettagliata - non dico che è una cosa rara, ma quasi... comunque sia, da apprezzare. Entro nel mondo, comincio a giocare. Seguo i primi consigli, ed entro nel villaggio iniziale, col sottofondo di un'allegra polka dal sapore celtico. Il villaggio è ben costruito, i particolari notevoli: vado a fare la prima missione! Mi reco dall'npc, prendo la quest e mi precipito al primo dungeon.
E che succede? Mi esce una finestra. Mi indica a quale livello di difficoltà voglio affrontare il dungeon. Che è sta roba? Dovrebbe essere un posto uguale per tutti! Fo il dungeon, un po' scettico, raccolgo tre arnesi che devo inserire in tre buchi nel muro per aprire una porta e sconfiggere un boss (Sì, sa tanto di puzzle. E lo è). Esco dal dungeon. Sono ancora a livello 1. Strano, mi dico. Eppure ne ho uccisi, di mostri. Però, ora che ci penso... l'esperienza mi è arrivata solo a dungeon terminato. Mah.
Giro per il villaggio, raccolgo informazioni (c'è un sacco di gente italiana su quei server) e scopro una terribile verità, qualcosa che avrei dovuto scoprire prima di installare il gioco.
1. Si arriva solo a livello 30. 2. Solo facendo i dungeon. 3. Solo lentamente, mooolto lentamente, per gradi. 4. Quattro. 5. E, no, i dungeon in pratica sono entità a parte del gioco: ci entrano decine di giocatori, ma ognuno in una "dimensione" diversa. Puoi entrarci con altri in un party. Ma, insomma, i dungeon, le missioni, vengono fatte in modo indipendente dai giocatori.
"Usciamo fuori dal villaggio" mi fa un tale, conosciuto sul gioco. Facciamo un party. E che scopro? Anche il "fuori", il mondo esterno, è indipendente dagli altri giocatori. Ovvero: se io e te ci avviciniamo al cancello, clicchiamo per uscire, io all'uscita sarò in un fuori, e tu in un altro fuori, uguali all'apparenza ma non gli stessi. Io non vedrò te, tu non vedrai me. Due mondi diversi.
È una cosa tristissima. Ed è un peccato, perché dopo tutto come gioco meritava. E tanto, pure.
Infine, ciliegina sulla torta: ogni quattro (4. Quattro) livelli, a quanto pare, per poter avanzare al livello successivo, hai bisogno di un oggetto introvabile, che puoi solo semplicemente acquistare dallo shop del gioco.
Sono un nerd! Non pago per i giochi! Via, scartato!

Alla fine lo stesso mio amico che mi aveva proposto D&Do, mentre gli illustravo cosa volevo, io, in un mmorpg, lui mi risponde: «Sì, WoW ha tutto ciò.»
E io: «Sì, ma WoW si paga.»
E lui: «Be', non se giochi sui server privati.»
E io: «Sì ma pagherai il gioco. Pagherai l'attivazione dell'account. Qualcosa pagherai, insomma.»
E lui: «No.»
E così difatti è. World of Warcraft - lo grido al mondo! - non si paga per niente! Si scarica come tutti i mmorpg: bisogna solo modificare uno stupido file nella cartella d'installazione (realmlist.wtf), inserendo l'essenziale codice che ogni server ti fornisce affinché tu possa giocarci.
A questo punto mi sembra inutile recensire WoW. Ci gioco da poco, la sua importanza tra i mmorpg è rilevante (macché, è il miglior mmorpg esistente, batte Guild Wars e tutti gli altri, è stato premiato come miglior mmorpg di non so quale anno), e non è cosa facile esprimere un parere.
Se lo farò, sarà quando avrò giocato abbastanza da avere un'idea generale contestualizzata.
Per ora, sì: WoW accettato!

giovedì 27 agosto 2009

Racconto: "In alto, nella pioggia"



Questo è un racconto che ho scritto verso maggio, mi pare.
È un bel racconto, mi piace. L'ambientazione è sempre la stessa, cambia solo il continente e l'epoca in cui è ambientata. Ma è del tutto irrilevante.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. Questo è il link. Buona lettura. ;)

lunedì 24 agosto 2009

Aggiornamenti di fine agosto 2009

Chieti.
In settimana parto per l'università. Finalmente! Addio liceo, addio tutto. Me ne vado con dei propositi:
  1. Studiare (sì, si dice sempre così) seriamente.
  2. Creare una band.
  3. Tentare di fare il correttore di bozze privato.
  4. Smettere seriamente di essere single.
La mia intenzione è iscrivermi a Farmacia. Anche se le prospettive per il futuro non sono ottime, secondo le migliaia di persone che mi hanno fatto la solita domanda: "E ora che farai?" "E dove?" "E perché?". Ma, com'è naturale, non me ne curo.
Mi son fatto sentire poco, è vero. Forse a qualcuno non interessava nemmeno. Cosa volete che vi dica, mi son goduto le vacanze. In un posto paradisiaco.

Ciononostante, mi son dato da fare con la scrittura. Almeno fino a due settimane fa, più o meno.
Ho scritto un terzo del romanzo che avevo iniziato. Cento pagine e qualcosa, dieci, venti, non ricordo. Non voglio renderlo un romanzo inutilmente prolisso. Dopo tutto, non è da me dilungarmi con la prosa. Per cui è possibile che mi trovi già a metà percorso.
Nel frattempo ho rivisto un racconto scritto tre o quattro mesi fa. L'ambientazione è sempre la stessa, steam - ormai è raro che scriva racconti noir o surreali, o comunque legati alla nostra realtà. Non appena avrò l'approvazione di qualche lettore - dell'esimio Duca, per esempio -, lo pubblicherò al più presto. O forse lo pubblicherò senza pareri.
In questo periodo ho letto un po'. Mi aspettavo di leggere pochissimo - difatti non eguaglio neanche minimamente il numero di pagine che leggevo durante gli altri anni - e invece non è stato così. Potete dare una più vasta occhiata alle mie letture qui, su Anobii.
Di recente ho dunque letto:
  1. Kafka sulla spiaggia, di Murakami. Volevo scrivere una recensione, ma... Mi è passata la voglia. È un libro scritto bene, grosso modo. Ha un sacco di spunti interessanti. Ma i problemi sono svariati. Riguardo allo stile: è conciso e dettagliato. Anche troppo. Descrive spesso azioni inutili che non aggiungono niente alla storia. Proprio niente. Alla lunga, quando si incappa in svariate righe di cronaca sulle azioni del protagonista, ci si annoia. Riguardo allo sviluppo della storia, non ho nulla da ridire. Si svolge in modo corretto, non dispersivo. Ma riguardo alla coerenza, be', lì ci si perde. I fatti bizzarri del libro non vengono spiegati, non trovano una soluzione, e alla fine ti lasciano una sensazione di vuoto. Senti di aver sprecato tempo. L'atmosfera onirica? Va bene. Fatti surreali? Va bene. Ma a che pro? Non trovano alcuna ragione di esistere. E questo scredita l'intero romanzo, per me.
  2. Sogni di robot, di Asimov. È una raccolta di racconti. Qualcuno più bello e qualcuno meno bello, ma tutti perfetti nello stile e nella coerenza. Ogni racconto ha un significato ben preciso. Il colpo di scena finale non lascia insoddisfatti. Forse è merito della materia trattata, ma il biochimico potrebbe senza dubbio dar lezioni a sedicenti scrittori professionisti.
  3. Poesie, di François Villon. Mi attirava l'idea del poeta ladro-assassino. Non dico di esserne rimasto deluso, no, forse mi ero fatto un'idea un po' astratta e falsa delle sue poesie. Ma, dopo tutto, mi è piaciuto.
  4. Poesie d'amore, di Paul Verlaine. Come mi aspettavo. Poesia pura, musicalità, assai evocativo. Difficile pensare che questo poeta fosse un bohémienne, un bisessuale, un alcolizzato, che avesse sparato al suo amante Rimbaud, tentato di strangolare la madre, e avesse vissuto l'amore sia dal lato sentimentale, idealizzato, cortese, sia da quello violento, sessuale, depravato.
Finora è tutto.
Ci saranno numerosi e più appetitosi aggiornamenti, in futuro. Cercherò di dare più spazio non solo ai racconti, ma anche alla musica, e soprattutto alla mia presenza sul web e nel campo del fantasy. Sono stato una specie di osservatore distratto, per un anno. Ora si torna in scena.

venerdì 24 luglio 2009

Impressioni | The Varangian way – Turisas


Il primo brano è To Holmgard and beyond. È un brano potente. Ha un tono epico – enfatizzato dalle trombe e dai cori – e duro, grazie al doppio pedale ben dosato della batteria. La strofa è piuttosto tranquilla, e la voce è pulita. Ciò che personalmente ritengo assai apprezzabile è appunto (oltre alle melodie) la voce, che nei suoi toni più epici si alza fino a diventare rauca: non growl né falsetto né urlo alla Hansi Kursh. Un urlo rauco ma che mantiene la nota, per così dire.

Il secondo brano, A portage to the unknown, si apre in maniera piuttosto folk. I cori che seguono – evocativi, da veri “uomini del nord” -- sono ciò che più mi piace di questo gruppo. Anche qui il refrain è tranquillo, doppio pedale martellante, e c'è del growl. L' “orchestra” è una componente fissa in tutti i brani. Questo brano, però, è qualche gradino più in basso del precedente.

Cursed by iron è il terzo brano. È più duro degli altri, è più metal e meno folk – eccetto nella strofa. Non mi è piaciuto più di tanto. Ancora più in basso del precedente.

Il quarto è Fields of gold. Oramai gli elementi che compongono i precedenti brani, dapprima in modo indipendente, per brano, ora si ritrovano pressoché in ogni altra traccia. In questa c'è l'orchestra, il growl, un uso alternato del palm-muting... In questo, come negli altri brani, c'è un intermezzo, per così dire, strumentale. Questi intermezzi, pur mantenendo gli accordi base del brano cui appartengono, vi si discostano leggermente, variando. Questo merita un punto a favore.

In the court of Jarisleif è il quinto brano, e mi fa domandare a quale popolazione nordica si rifà il gruppo. Perché questo brano ha una melodia incredibilmente giudaico-gitana. Non male, ma parlando di saghe nordiche, a mio avviso stona un po'.

Il sesto brano è Five hundred and one. Si apre col pianoforte che esegue una melodia rotta subito dopo dal growl, l'orchestra e gli accordi distorti. Dopo due minuti il ritmo si fa cavalcante. Poi varia, e si apre un intermezzo ameno di archi e voce. Il testo è molto bello. Evocativo, come i cori prima citati, che dopo questo intermezzo si ripropongono. L'orchestra si affianca agli accordi in distorsione per tutto l'album.

Il settimo brano è The Dnieper rapids. Si apre con le trombe e procede con le chitarre elettriche. In questo brano c'è un'aggiunta: cori femminili. Un breve assolo – in effetti, non ci sono veri e propri assoli, in questo album e, se rifletto bene su ogni brano, mi pare che non ce ne siano proprio. Per il resto, il brano non aggiunge nient'altro né si distingue per qualcosa. A mio parere, si può premere il pulsante Avanti, e ascoltare il piccolo capolavoro dell'album.

Miklagard Overture, a mio avviso il miglior brano dell'album. Se tutte le tracce non piacciono, questa, da sola, credo sia in grado di risollevarlo del tutto ed elevarlo ai massimi livelli di epicità.

Perché di questo si parla. Di cultura norrena, pagana, eroi e divinità.

Il brano si apre con sei note di tromba accompagnate da accordi di chitarre distorte e altre trombe su toni più alti: sembra di entrare con l'esercito in un castello medievale che ti acclama. Subito dopo questa introduzione trionfale, la strofa si svolge su un arpeggio in acustico e una voce pulitissima. Il ritornello passa al growl e alla distorsione, e pochi secondi dopo la voce torna pulita. Quindi si riprende col tema principale di Miklagard, la voce torna growl.

In palm-muting si svolge la seconda strofa. Quindi di nuovo il ritornello, in growl, orchestra e distorsione. La batteria si fa martellante nei momenti giusti. Il ritornello si ripete ancora, e ora il tema di Miklagard si insinua nella testa e non esce più. Dopo il ritornello, la melodia viene ripresa in assolo da trombe in tonalità basse – la base di accordi distorti è una costante, inutile ripeterlo, credo –, e dopo entrano in contrasto trombe in tonalità alta. Quindi in seguito entrano anche dei cori. Quindi dopo 5 minuti e 12 secondi, tutto cambia, ritmo e melodia, per un intermezzo propriamente progressive. Per meno di un minuto. Poi torna l'arpeggio, il testo magnifico, la voce pulitissima e modulata. Il cantante non ha niente da invidiare a nessuno. Si ripropone quindi il ritornello.

E il brano si chiude col tema principale cantato dal coro, e termina con un “gran finale”.

Su otto brani, ne ho apprezzati la metà. La qualità di questo gruppo è quella di saper accostare il suono delle trombe trionfali con melodie epiche; la voce del cantante, che sa essere pulita, cantare rauca, e diventare growl nei momenti giusti. Non sempre è così: nei brani che non mi convincono, come The Dnieper rapids, c'è solo growl (e cori). E questo mi sembra un po' monotono, e non sarebbe neanche tanto diverso dalle centinaia di band black-pagan/folk/celtic metal.

Perlomeno, la varietà di orchestra, cori, trombe, voce pulita e growl, contribuiscono a un gradevole ascolto; melodie interessanti ed esaltanti. Non è un gruppo pesante o monotono.

Da ascoltare se si apprezza il black insieme al pagan (e derivati).


Link utili:
Un incredibile video di Miklagard Overture, live al Nummirock 2008.

martedì 7 luglio 2009

Libertà!


Sono stato piuttosto assente per tutto giugno. Questo perché avevo gli esami di maturità, e tutti sanno quale gran rottura sono - stanchezza e stanchezza, ci rimetti la vista, ti cadono i capelli, ti spuntano brufoli da stress... vabe', non esageriamo -, e quanto impegno prendono.
Tra la fine della scuola e l'inizio degli esami c'è stato un periodo di relax, diciamo. Ho scritto un racconto e letto Il profeta di Gibran.
Ma... È stato un periodo intensissimo di studio. Mi dà soddisfazione la recensione di Black Clouds & Silver Linings, ferma lì da un mese, che riceve giorno dopo giorno commenti e opinioni differenti.
Fatto sta che ora sono ufficialmente un uomo libero! Fino a ottobre, almeno. Ma anche dopo ottobre, posso reputarmi ancora libero di fare quello che voglio, visto che la scuola, fino a diciotto anni, è niente più che una specie di asilo nido per bimbi cresciuti. La scuola che dovrebbe insegnare la cultura ed educare al comportamento, un'istituzione-barzelletta piena di contraddizioni. E la maturità? A che serve? Dimentichi tutto poco dopo. E ti aiuta nello studio? Non credo, visto che all'esame può capitare che ti facciano domande su cose che non puoi in alcun modo sapere, visto che i libri di testo riportano solo superficialmente argomenti molto vasti, e l'unico modo per prepararsi alla perfezione sarebbe studiare tutti i testi originali (i testi greci, latini, italiani, inglesi, filosofici, storici). E, oltretutto, lo studio fatto risulta inutile se la facoltà che si prenderà in futuro avrà tutt'altro indirizzo. Un bello spreco di tempo ed energie.
Orsù non ci pensiamo. Il mio esame è andato bene, e ancora non mi capacito dell'idea di non aver alcun obbligo, quando mi sveglio... Di non dover studiare nulla, o preoccuparmi per qualcosa. Se non di fare quello che voglio durante la giornata, senza programmarla, accettando le cose così come vengono.
Questo significa: vita mondana alla grande (cazzeggio, feste, bevute, cene con amici), ozio (leggere, scrivere, suonare, poltrire e leggere ancora), e attività fisica (palestra, nuoto, corsa).

E soprattutto... D'ora in poi posso dar vita a qualcosa di grande, e non parlo di racconti lunghi, ma di romanzi. E non parlo di romanzi alla Strazzu o alla Ghirardi. Chi ha letto i miei ultimi racconti, riconosce l'impegno che metto in tutti e l'evoluzione di ognuno, capirà che per me un racconto deve essere decente nel vero senso dela parola, per essere pubblicato. E ne sa qualcosa il Duca, che nonostante i suoi gusti particolari (oplologia, ottocento, governi monarchici, sesso, stranezze bizarro e weird, ancora sesso...) mi dà opinioni oggettivissime riguardo ai racconti che gli invio. E non appena mi dice che un racconto non lo convince, lo cestino (o meglio, metto da parte e non tocco più) senza tante storie: non lo pubblico se non è decente. E per decente - il Duca e Gamberetta possono dirvelo - non si intende la comune immondizia pubblicata, e, solo perché data alle stampe, valutata come "capolavoro".
Il mio impegno nello scivere non potrà mai decadere, e io sono sempre affamato di consigli utili per migliorare, soprattutto quelli contestualizzati, di chi se ne intende, motivando il suo parere, come il mitico Angra, di cui mi fido ciecamente.

Si chiude una porta e si apre un portone. Addio scuola. Benvenuta vita.