martedì 21 dicembre 2010

Sulle manifestazioni a Roma

Di solito non mi interesso alla politica al punto da scriverci un post (per giunta, dopo più di un mese di "silenzio").
Ma è chiaro che viviamo in un paese in rovina, popolato da un buon 70% di idioti che non meritano nulla.
E francamente, se potessi, me ne andrei senza pensarci due volte, perché

ESSERE ITALIANI È VERGOGNOSO
(since 1500 circa)

Ora, riguardo alle manifestazioni. In tv si è parlato in più di qualche trasmissione della rivolta nella capitale. C'è chi ha detto che è stata, logicamente, messa in atto da villani, non da studenti.
Chi dice che c'è un complotto dell'opposizione. Chi vuole l'arresto preventivo (Minority Gasparri) dei "sovversivi". Tutti sono d'accordo sul fatto che la manifestazione sia deragliata in una forma inaccettabile.
Ora, personalmente non posso farmi un'idea perché, per quanto assurda, potrebbe essere vera qualsiasi cosa.
Escludendo un effetto di polarizzazione di gruppo come casus belli (perché i rivoltosi con cappuccio e bavaglio presumo siano arrivati al centro di Roma già ben armati e preparati sin da casa - "Ciao Mamma, esco a manifestare coi miei amici"), ma riconoscendolo come ulteriore fattore scatenante (i manifestanti pacifici possono aver "estremizzato" il corteo per una naturale deviazione dell'intenzione originaria, seppur senza "strumenti" adatti), ebbene, io non vedo perché queste manifestazioni (violente) debbano suscitare indignazione.
Trovo che sia legittimo bruciare roba e rivoltarsi contro le forze dell'ordine, quando un governo calpesta letteralmente i tuoi diritti, operando a suo piacimento. Perché se in tutti gli Atenei si manifesta, se da anni gli studenti si lamentano delle condizioni dell'istruzione, che senso ha continuare nella direzione diametralmente opposta a quella del popolo? Come minimo mi sarei aspettato un'esecuzione pubblica della Gelmini e un assedio al Parlamento, con una donna con un seno al vento che impugna una nuova bandiera e cammina sui cadaveri.
Perché da che mondo e mondo, con le manifestazioni pacifiche non si è mai arrivati da nessuna parte.

Ora, siamo tutti d'accordo sul fatto che la violenza non è una soluzione, e che è ingiusta in ogni caso. E siamo anche tutti d'accordo sul fatto che ognuno abbia diritto a manifestare il suo disagio in maniera pacifica e tutto il resto.
Ma, se io fossi stato a Roma, e se fossi per esempio uno studente di Biologia destinato a una vita di precariato, non sarei sicuramente sceso a manifestare. Perché in fondo Berlusconi ha ragione (“I veri studenti stanno a casa a studiare. In piazza quelli dei centri sociali fuoricorso”): a una giornata di manifestazioni che non portano da nessuna parte (perché non portano da nessuna parte), preferisco stare a casa e studiare, recuperare più tempo possibile per laurearmi al più presto, sfruttare la preparazione dei docenti italiani, acquisire competenze e, si spera, portare poi il mio cervello fuori, a finanziare un Paese che ripaghi i miei sforzi, se non in egual modo, almeno in maniera migliore rispetto all'italia.

mercoledì 22 settembre 2010

Impressioni fulminanti | Fabio Volo, "Un posto nel mondo"

Ho incontrato Fabio Volo qualche mese fa, verso maggio credo. Non so come ma stava nel mio paesino, forse in vacanza, e avrebbe presentato il suo ultimo libro da lì a un paio di mesi.

Avrei voluto chiedergli se fosse lui. Il problema è che non ne ero sicuro - un po' come quando vedi uno con cui ti sei presentato tempo addietro e poi, rivedendolo, ti accorgi di non ricordare come si chiama e che ruolo avesse avuto nella situazione in cui vi siete incontrati.

Ecco, ho pensato: "Ma è Fabio Volo? E che ha fatto?" Lo ricordavo attore/presentatore. Poi ho scoperto non solo che era uno scrittore (anche Totti lo è), ma uno di quelli letti davvero.

Per non fare figure di merda ho finto di interessarmi al dorso dei libri negli scaffali, e origliavo i discorsi alla cassa. A un certo punto parlano di ingegneri, e lui fa una battuta. "Si sa che gli ingegneri non vivono. Funzionano." La moglie del proprietario ride, poi si mettono d'accordo sulle copie che gli servono del suo ultimo libro, da regalare agli amici, e se ne va.

Appena fu uscito, mi assicurai che fosse chi credevo. Tornato a casa, giù con la lettura della sua biografia su Wikipedia.


Il lettore ha il diritto di leggere come vuole, saltare pagine, non terminare il libro ecc. Ecco, io ero abbastanza contrario, a questa cosa. Se bisogna dare un parere, dev'essere contestualizzato. Non giudichi una canzone dalla prima nota, no?

E invece io l'ho fatto. Perché a leggerlo tutto proprio non mi va, è uno spreco di tempo; ho libri migliori da terminare. E dato che la poesia la leggo in bus/treno, lo studio su scrivania/divano/ovunque, e la narrativa la leggo sul cesso, il mio tempo è limitato.



Excursus gastrointestinale (conosciamoci meglio!)
Vado al bagno circa tre-quattro volte al giorno. Appena mi alzo (1), durante la mattinata se sto a casa o subito dopo pranzo se ho la mattinata piena (2), o entrambi, durante il pomeriggio inoltrato (3), e prima di andare a letto (4 Quattro). Ogni volta che vado al bagno, cerco di fare entrambi i servizi. Ho una media di 4) Quattro minuti circa per finire il servizio, prolungata poi per le letture. Facciamo 8' a "seduta". Quindi, circa 30' di lettura complessiva giornaliera.

Capite quindi che il tempo che dedico alla lettura è prezioso, la vita breve, e le letture buone poche.


La prima impressione che ho avuto leggendo, è stata: Fabio Volo non è uno scrittore. L'impressione è diventata poi una convinzione. Fabio Volo è una persona che ha tanti bei pensieri che non riesce a mettere a parole. Un tale qualsiasi che crede che usando metafore, similitudini, iperboli, possa fare grande prosa mischiata a grande poesia.

Coi miscugli va a finire sempre male. E la poesia/prosa è la cosa peggiore.

Un conto è essere innamorati. Un altro è essere sdolcinati. Un altro ancora è fare gli scrittori innamorati sdolcinati con la bava alla bocca e la bellezza del mondo che esce da tutti gli orifizi.

Esempio.



Dal giorno dell'annunciazione Francesca è diventata ogni istante più bella.
[...] Vibrava. Assomigliava al mare.
Quando penso che il corpo di una donna ha la capacità di generare un altro essere umano mi sento così piccolo. Lei mangia e il suo corpo come un laboratorio crea una persona. Come si chiama questo miracolo? Ah... donne.

O Volo è fissato coi termini religiosi o prende il primo termine che gli viene in mente, gli suona buono e lo mette. "Annunciazione". La ragazza del protagonista gli ha detto di essere incinta. Ok, "Usiamo un termine religioso perché è il primo che m'è venuto, e 'annuncio' suonava troppo banale. Pompiamo questo testo con immagini significative! E continuiamo a scrivere. Non sbattiamoci con la ricerca delle parole adatte."

"Assomigliava al mare". Oh, che carino!

"Quando penso..." ecc., "... crea una persona." Oh, il miracolo della vita visto da una nuovaprospettiva! "Come si chiama questo miracolo? Ah... donne" Ora andiamo a casa tua e dammela.



Quale sarà la nostra cosa? Io la mia non ho ancora capito qual è. Ho la sensazione di essere qui su questo cavolo di pianeta per fare qualcosa di importante, ma non riesco a capire cosa…Tu sai come si fa a capire qual è la propria cosa? Boh... Mi sembra che sto buttando via la vita. Ieri avevo sedici anni... boom, oggi ne ho ventotto.”
"Quale cosa, scusa?"
"Ma sì, dài... La propria cosa, la propria chiamata, il proprio talento o capacità da esprimere. Insomma, quella roba lì, quella cosa che ognuno ha e che ci rende diversi dagli altri, il motivo di questa mia presenza, il senso della vita, che cazzo ne so..."
"Oh... Ma che c'hai messo nella birra, il pongo fuso? Che c'hai la crisi dei trent'anni a ventotto?


E via discorrendo. Gran dialogo. Realistico. Molto. Da apprezzare il tentativo, comunque.

Ho suonato ma non mi ha risposto nessuno.
La porta di casa mia e di casa sua sono di quelle che quando le tiri si chiudono automaticamente. Senza bisogno delle chiavi. Spesso ci chiudiamo fuori, per questo io ho un mazzo di chiavi di casa sua e lui di casa mia.

In realtà le porte di quel tipo non si chiudono "automaticamente". Una porta si può chiudere del tutto usando una chiave. La chiusura che intende Volo è semplicemente la chiusura "standard", che non coinvolge i cilindri: la porta non si apre perché nella parte esterna non c'è la maniglia.

La porta del mio e del suo appartamento non avevano la maniglia sul lato esterno, ed era facile chiudersi fuori se non si avevano le chiavi. Per questo ognuno aveva un copia delle chiavi dell'altro.

Non sono Hemingway, ma io quel pezzo lo scriverei così. Mi suona molto meno disperato di quel "la porta di casa mia e di casa sua sono di quelle che quando le tiri..."



Mia sorella, essendo più grande e femmina, era più autonoma e aveva più voce in capitolo, mentre io sulla vestizione dovevo stare zitto.


"Vestizione"... Brr. L'ho detto che il Grande Artista ha un debole per i termini religiosi messi a cazzo di cane. Cerchiamo sul dizionario:



vestizione [ve-sti-zió-ne] s.f.
  • 1 Cerimonia nella quale un religioso viene consacrato

  • 2 Un tempo, cerimonia nella quale un cavaliere veniva investito del titolo

    Una parte che mi è sembrata molto divertente:

    La cosa più imbarazzante della festa era rispondere alla domanda: "Ma da cosa sei vestito?". L'unica persona che non mi ha fatto quella domanda è stata proprio Rossella Bianchetti, vestita da Biancaneve, che tra l'altro era la mia fidanzatina da qualche mese anche se non lo sapeva. Lei non mi ha chiesto niente, mi ha guardato un attimo e poi ha detto: «Perché ti sei vestito da fiammifero?». L'ho lasciata.

Onore al merito.


Nel complesso, quella quarantina di pagine che ho letto mi hanno dato l'impressione di una persona che nella sua vita ha scritto (in prosa) solo ciò che ha proposto agli editori e null'altro. Si impappina coi termini e fa lunghe perifrasi per concetti semplici.

Se ha buone idee? Tutto sommato non sono da buttare. Non posso esprimermi ulteriormente perché ho letto appena una quarantina di pagine. Questo è il brutto delle Impressioni fulminanti. Ma non è colpa mia se le "prime" quaranta pagine mi fanno pensare che l'autore stia tentando di raccontare. Mi sembra tutto un arrancare con le parole, e là dove scorre bene, ci stanno i terminiad minchiam da grande poeta.

Mi dispiace. Non finirò questo romanzo, né leggerò altro di Volo.

Ma potete sempre sperare in una diarrea cronica che mi costringa a passare le giornate al cesso.


venerdì 20 agosto 2010

Carrellata estiva 2010

Estate, esami finiti, occasione per leggere e scrivere.

Con l'offerta Oscar Mondadori 3x2 ho comprato tre classici (I viaggi di Gulliver, Ventimila leghe sotto i mari, Notre-Dame de Paris). Nella veloce scampagnata a Milano per il concerto dei Muse, dovendo aspettare in piazza Duomo, ho comprato dalla Mondadori (non sto passando al lato oscuro di Lord Mondador, ve l'assicuro!) Il dominio della regina e L'ombra della profezia di Martin, che ancora non avevo letto.

Letture abbastanza diverse tra loro. Offrono un ottimo spunto di riflessione sulla scrittura.


Il dominio della regina, di Martin. Appena uscì Il portale delle tenebre, decisi di non comprare subito i seguiti, perché volevo aspettare la pubblicazione di tutto il ciclo.

Ma alla fine ho ceduto.

Ho sempre esaltato Martin per il suo modo di scrivere e di intendere Fantasy.

Mi ritrovo ora esterrefatto dinanzi a particolari che tempo fa non avevo notato – questo avvalora la credenza per cui non si finisce mai di imparare e migliorare, rompere i pregiudizi, abbracciare nuove idee.

Il principale difetto di Martin è che viene pagato per quanto scrive. E la prolissità non va affatto a braccetto con la buona scrittura. Martin trova una via di mezzo accettabile, ma essenzialmente da ciò che leggo giungo alla conclusione che Martin non ha idea di cosa accadrà, nella storia, se non a grandi linee: questo lo porta a “riflettere ad alta voce”, con la voce e i pensieri dei personaggi. Può risultare una buona mossa, per rendere credibile la psicologia dei personaggi, ma fino a che punto? Mi ha dato l'impressione di non sapere nemmeno lui dove andare a parare. Un conto è sapere esattamente come far muovere la storia e delineare la psicologia dei personaggi, un altro è delineare la storia attraverso le proprie riflessioni messe in bocca (o in testa) ai personaggi.

Da lettore voglio il prodotto finito, non il prodotto in corso di produzione.

E anche le scene “rilevanti” scarseggiano. Ci sono capitoli di interi dialoghi e pensieri, che si svolgono in uno o due scenari, e che contribuiscono poco e niente alla storia.


Ventimila leghe sotto i mari, di Jules Verne, chi non lo conosce? Ricordavo poco Viaggio al centro della terra, letto da piccolo, e mi entusiasmò, sebbene abbia dimenticato tutto. Con lo stesso entusiasmo ho letto Ventimila, e mi son trovato abbastanza deluso. Non è un romanzo, è un elenco di pesci. È un insieme di coordinate, cronache di storia navale. Infine, per qualcosa come il 10-20% è prosa.

La storia del Nautilus è interessante, ma ancora di più la storia segreta della sua ciurma e quella ancora più misteriosa di Nemo. Quando le cose si fanno più interessanti, Verne che fa? Termina il romanzo.

Una buona idea iniziale buttata nel cesso. Da leggere qualora vi trovaste in vacanza e non aveste nessun altro libro a portata di mano. È inutilmente pesante e il poco interesse che suscita non giustifica la lettura di numerose pagine di elenchi ittiologici.


I viaggi di Gulliver, di Swift, un classico. La prima metà è stupenda. Non che la seconda sia brutta, ma la prima è insuperabile. C'è la sospensione dell'incredulità, il narratore/protagonista ironizza rimanendo allo stesso tempo serio e più che credibile. La storia è interessantissima da leggere, lo stile è ottimo. È raro trovare classici di questo genere.


Queste sono solo le mie impressioni. Ditemi le vostre!

Una nota rilevante: tra settembre e ottobre comprerò il Cybook Opus e la smetterò con questa tendenza fastidiosa di spendere soldi per libri di narrativa. Diventa anche una scelta saggia, visto che la Mondadori non solo vende dei classici facilmente scaricabili (aggratis) da Internet, ma alza anche il prezzo pian piano. I libri di Martin, fino al Portale, ricordo che li pagavo 8€ circa. Ora stanno a 10€. Ventimila leghe ha il bollino del prezzo di 11€ che copre il prezzo originario stampato sul retro. Se volessi leggere altri classici, mettiamo altri 10, dovrei spendere 100€. Su Internet trovo questo e molto altro. Ha più senso, quindi, spendere anche 180-190€ e “riprenderli” sulla lunga distanza. Considerando che ogni estate leggo una decina di libri, in due estati recupero i soldi spesi e mi trovo avvantaggiato per tutti gli eventuali acquisti.

Spero che ai responsabili della Mondadori cada un vaso di fiori in testa per ogni euro che aggiungono al prezzo d'origine.

sabato 17 luglio 2010

Perdono.

Perdono.
Ok, è come se non ci fossi proprio stato, sul blog. I motivi li ho già detti. Ho cambiato facoltà, ho fatto tutti gli esami del primo anno in tre mesi (tranne uno, fatto a Farmacia ma che non convalidano, sob), e in più mi sono fidanzato.
Poi ho perso l'ispirazione e l'entusiasmo, in un primo momento.
È una cosa triste. Tutto apparteneva al passato: la scrittura, la lettura, le recensioni, il blogging, il trolling, ecc. Ormai mi interessava solo vivere (e cazzeggiare).
D'altra parte, è comunque stata una "pausa" utile. Mi sono reso conto di aver scritto abbastanza racconti che non ho pubblicato perché non ritenuti del tutto degni di pubblicazione. Perciò: diamo il via a una bella super-revisione. Dopo tutto, c'è già abbastanza monnezza nelle pubblicazioni italiane. Per quanto schifo possano fare i miei racconti, pazienza, non sono incisi nella pietra, si possono sempre modificare.
E saranno sempre migliori di voi-sapete-chi. Tiè.
Ok, sono rimasto sempre lo stesso stronzo.

Ne approfitto per salutare il sito e il blog di Andrea D'Angelo. Ammetto che mi è dispiaciuto: ricordo che il suo sito lo spulciavo per bene, cinque o più anni fa. Soprattutto la rubrica sullo scrivere fantasy. Mi piaceva.
Spero di rivederti presto online, Andrea!

Per quanto riguarda me, be', cercherò di essere più presente, ma una cosa è certa: non ci saranno post riempitivi. Non ne vale la pena.
Ringrazio allora chi continua a interessarsi alla mia roba, e ai vecchi lettori - sappiate che vi vengo a trovare comunque, anche se talvolta non commento i post: il vostro contatore delle visite ve lo confermerà. ;)

mercoledì 12 maggio 2010

Racconto - La casa nella nebbia


Ho ricordato di aver scritto un racconto particolare tempo fa. Un anno fa, su per giù. Non ricordo però perché non lo pubblicai.
Lo faccio ora. Eccolo. Alla fine del racconto c'è una nota. Non ho modificato niente: è interessante rileggersi dopo così tanto tempo. Era cambiato qualcosa, quando l'ho scritto, e ora che lo pubblico sono cambiate tantissime altre cose.
Vi ricordo la pagina con la lista dei racconti, nel caso qualcuno volesse dare un'occhiata alle altre opere.
Buona lettura. :)

giovedì 8 aprile 2010

Scrivere dopo tanto tempo


L'esercizio sviluppa il muscolo. Ma scrivere è anche come andare in bicicletta.
L'esperienza della scrittura è soggettiva, e nessuna teoria su come scrivere potrebbe mai sussistere universalmente.
Non so se a voi è mai capitato, di rimanere in stallo con la scrittura. A me sì: non scrivo da quattro, forse cinque mesi.
Di solito mi capitava di non scrivere per un paio di settimane al massimo, ma quattro mesi sono tanti. Mi sono un po' soffermato a riflettere sulla cosa.
Dal punto di vista pratico, il problema del non scrivere da molto tempo è che si perde di vista lo sviluppo di un racconto. Non l'obiettivo.
Nella creazione di un racconto si ha a disposizione necessariamente il conflitto, indispensabile, come motore della storia; in più si può conoscere il punto d'inizio, sparuti episodi centrali, e un finale. Tutti concetti astratti che si concretizzano nella stesura; ma l'elaborazione di certe idee aiutano anche a un'elaborazione inconscia dello sviluppo della storia. In parole povere, abbandonando un racconto per molto tempo - a meno di non aver preparato uno schema dettagliato e un programma ordinato di stesura - sarà molto difficile riprenderlo in mano con lo stesso entusiasmo, le stesse idee, e lo stesso filo che le collega in modo coerente.
Quanto alla tecnica, è come andare in bicicletta. Può esserci un'iniziale incertezza, magari, ma poi si va via, filati, sicuri.

In secondo luogo, c'è l'elemento fondamentale, discriminante, quello che fa "perdere la mano".
Non è, come si crede comunemente, lo scrivere ogni giorno a renderti migliore. La tecnica, una volta acquisita, non si perde. Credo proprio che la risposta vada cercata a livello "neurofisiologico", per così dire.
La capacità di creare scene, episodi, attraverso immagini mentali, migliora col tempo e diventa quasi banale. Ma quando interrompiamo l'attività per fare altro (per esempio: esami in vista, o problemi vari), l'abilità decade, s'indebolisce, perché gli stimoli che offre la vita di tutti i giorni non comprendono la creazione complessa di situazioni generate dal nulla - ciò che facciamo per creare delle storie.
Per esempio: siamo al mercato e riflettiamo sul comprare o no un eBook reader. Potremmo raffigurarci noi da qualche parte a leggere qualche libro "salato" - Under the Dome di King, di cui aspetto il paperback, per esempio -, e immaginiamo le diverse applicazioni del lettore - usarlo in bagno quando dobbiamo fare il servizio grosso, sull'autobus nel tragitto per casa, a letto prima di dormire, ecc. -, compensiamo quindi un problema (dato) con l'immaginazione (che forniamo noi).
Nel creare storie però il problema di fondo non esiste. Non esiste niente. Non si parte da alcuna base: noi creiamo il conflitto, i luoghi, i personaggi, tutto dal nulla (senza alcun motivo), e li facciamo interagire, generando ulteriori conflitti e situazioni complesse.

Mettere le mani sulla tastiera allora diventa una cosa un po' strana. La voglia c'è, la tecnica è acquisita e immagazzinata, c'è anche il tempo e lo stato d'animo, ma manca all'improvviso la naturale inclinazione a creare situazioni soddisfacenti, a mettere le marionette nel teatrino e farle muovere in modo convincente, come prima eravamo soliti fare senza farci troppe domande.
Riflettendoci, scrivere è davvero difficile.

lunedì 29 marzo 2010

Carrellata II

Ero giovane e ingenuo quando, tra un Fantasy e l'altro, mi misi a leggere romanzi dell'Ottocento e pensai: "Oibò, sarebbe assai figo combinare il Fantasy con la raffinatezza dell'età vittoriana! Che idea geniale ho avuto!" Ignorando che una tale idea era già stata pensata e sviluppata prima ancora che io nascessi, mi crogiolai in questi romanzi, cominciai a scrivere Steamfantasy, abbandonai per riprendere il Fantasy classico, tornando infine allo steam "con cognizione di causa" - si spera - come nel racconto Bufera di neve o In alto, nella pioggia.
Ad ogni modo, ecco una carrellata di (principalmente) classici dell'Ottocento, letti verso i 14 anni - alcuni non sono ottocenteschi e li ho letti più di recente.

Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, di Robert Stevenson.
Rispetto ai suoi simili, è un romanzetto soddisfacente. Come tutti i classici, il problema è che sappiamo tutti la storia, ma a parte questo, si può gustare senza eccessivi problemi. E l'autore poteva tagliare intere parti inutili.





Cime tempestose, di Emily Brontë.
Fu uno dei primi che lessi. L'inizio mi esaltò tantissimo, al punto che già mi immaginavo come potessi applicare l'atmosfera romantica in un contensto Fantasy. Poi però, giunto al punto in cui si inseriva la seconda cornice narrativa - la cameriera che racconta in pratica tutto il libro - mi son detto: "Ennò eh. Mo non è che posso sciropparmi tutto il libro attraverso le parole di una servetta." Proseguii la lettura, sperando che la tipa schiattasse o andasse al cesso. Macché.
Mi sorprende che a quei tempi riuscissero davvero a sopportare una storia raccontata in maniera così approssimativa. Mah.

Dracula, di Bram Stoker.
Un romanzo originale (al tempo), suggestivo per il modo in cui è scritto, attraverso diari e lettere per ogni personaggio (sospensione dell'incredulità a mille). Un po' ambiguo in alcune parti (trasfusioni di sangue random, senza badare al gruppo sanguigno - sospensione dell'incredulità a zero), e con un finale precipitoso che non rende giustizia al romanzo intero.



I racconti di Sebastopoli, di Lev Tolstoj.
Meglio di qualsiasi altra cosa scritta da Tolstoj. C'è movimento, c'è dinamismo, c'è realismo. Un Tolstoj che non ti aspetti, una lettura veloce ma intensa.
Vale la pena spenderci un'oretta.





I demoni, di Fedor Dostoevskj.
Saranno i nomi russi, o le vicende politiche, o quelle economiche, o i rapporti tra i personaggi, o una combinazione malefica di tutto questo, ma chi riesce ad appassionarsi a questo romanzo ha la mia stima. Non so, è più forte di me, ne ho letto metà ma ho solo una gran confusione in testa. Non è scritto per farsi leggere. Non ha una coerenza interna, o almeno, non è di facile comprensione, a mio modesto avviso.
E se è reputata un'opera magnifica della letteratura russa avrà anche i suoi motivi. Ma a me sfuggono, scusate.

Il vecchio e il mare, di Ernest Hemingway.
Un capolavoro - ufficialmente riconosciuto come tale, per fortuna. Potrei averne parlato già da qualche parte. Be', in effetti la trama non è ricca, e i personaggi sono solo due. Anzi, uno - il vecchio. Ma l'abilità di Hemingway è tale da rendere interessante le di per sé poco interessanti scene del romanzo. Termini adeguati laddove servono (ambito marinaresco), filosofia "spicciola" dell'uomo contro la natura, credibilissimo ritratto psicologico e fisico del protagonista.
C'è da imparare da lui, senz'ombra di dubbio.


A portrait of the artist as a young man, di James Joyce.
"Una cagata pazzesca!" Temo di averne parlato qui, nella seconda nota a piè di pagina. Quel parere basta e avanza. Ma a distanza di tempo, magari parere potrebbe essere cambiato...
E invece no. Un romanzo assolutamente da evitare!





Il rosso e il nero, di Stendhal.
Contrariamente a quanto pensano un po' tutti, il titolo non allude alla politica. Si tratta solo di un'eccitante storia d'amore piena di colpi di scena e di episodi davvero piccanti. Si sente il sarcasmo? No? Be', in questo romanzo se ci si sfiora la mano si arrossisce e si scappa in un posto isolato, meditando su ciò che è avvenuto, in una serie di seghe mentali davvero imbarazzanti.
Sconsigliato come regalo a eventuali ragazze. Dio non voglia che si riconoscano nei personaggi.
Non ve la daranno mai.
La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorne.
Tutto sommato non è malissimo. Le potenzialità ce le ha. Ci sono anche belle scene, di tanto in tanto, e un paio di colpi di scena davvero belli. Ricordo anche l'ambientazione, abbastanza pittoresca.
Il resto però l'ho dimenticato...




Racconti del terrore, (raccolta) di E. A. Poe.
Bisogna prima di tutto sapere cosa si vuole: prosa incalzante e ritmata alla King o sensazione di terrore e atmosfera da incubo adeguatamente indotta? Dal punto di vista della prosa, Poe è un grande evocatore. Sebbene lo stile "minimal" - chiamiamolo così - più usato e più efficace nella prosa, sia applicabile ovunque, richiede tuttavia un'abilità smisurata quando si ha a disposizione un numero limitato di parole. Come poter evocare un sentimento intenso, una situazione ampia, in poco "spazio", e con l'effetto voluto? Con le parole adatte. Ricordo che Poe sosteneva i racconti brevi, in quanto fruibili tutto d'un fiato, e condannava - o comunque evitava - i romanzi: troppo lunghi, interrompono l'incredulità del lettore che è costretto a fermare la lettura e a riprenderla più volte.
Assodato il punto di vista di Poe, ne consegue che sappia cosa fa, ergo i suoi racconti brevi sono il frutto di una ponderata tattica mirata a catturare l'attenzione e a dar luogo al sentimento voluto.
Chiarito cosa il lettore voglia, allora la lettura di Poe assicura intrattenimento. Asfissiante, oscuro e onirico.
Il conte di Montecristo, di Alexandre Dumas.
Non mi sembra opportuna una carrellata a riguardo, visto che ne ho parlato approfonditamente qui, ma ritengo che meriti di essere annoverato tra i classici della Carrellata II.





Vent'anni dopo, di Alexandre Dumas (quello di prima).
Cito il secondo libro della saga perché è il più recente che mi son trovato a leggere. Non posso dire altro che, forse, il Dumas dei moschettieri è ancora migliore di quello di Montecristo. Incalzante, spassoso, pungente, carismatico. Non c'è che dire, aveva capito come fare il suo mestiere.




Nota: Dove possibile, per alcuni romanzi ho trovato dei link da Google Books. Giusto nel caso qualcuno voglia farsi un'idea dell'opera, leggerla, e magari ribattere con proprio parere a riguardo.

sabato 27 marzo 2010

Novello Freud?

Premesso che non appena l'ho fatto aggiustare, il mio Acer Aspire 7520G ha avuto la bella idea di tornare scassato, vanificando il tempo perso dal genio che mi ha sfilato 120€ fingendo di cambiare l'inverter, la ventola, "sbloccare l'hard disk" e tante altre belle cose che il delinquente ha chiamato "lavoro in più che non mi pago", ebbene a causa di questo disagio ho avuto difficoltà a farmi sentire. La novità - che probabilmente non interessa a nessuno - è che in seguito a una sorta di pausa di riflessione ho deciso di cambiare facoltà. Avevo deciso infine per lettere - sigh - finché la mattina in cui sarei dovuto andare a iscrivermi cambio idea e decido di fare ciò che avevo deciso al liceo ma per cui mi avevano dissuaso: Psicologia.

Ok, forse non trovi lavoro. E ok, ammesso che lo trovi, guadagneresti meno di un pollivendolo.
Ma, come recitano i versi del mitico Lorenzo Cherubini:

Mi insegnò che rinunciare all'ambizione è sbagliato,
che poi la dea si vendica se c'hai rinunciato.


Se qualcuno dovesse trovarsi in una situazione simile alla mia, non posso che suggerirgli di fare ciò che lo rende felice.
Tutto sommato, se ci pensiamo, tolti i soldi, la fama ecc., se nella vita uno non è felice, non gli rimane niente per cui vivere.

mercoledì 10 marzo 2010

Carrellata I

In antiche discussioni su Writers Magazine alcuni dicevano: «Alla fine quello che ti rimane, di un libro, è il finale.»
È vero. È anche vero che non è solo il finale, ma un insieme di cose che ti fanno apprezzare o no un libro. Un ammasso di ragioni che talvolta non sembrano nemmeno coerenti ma che ti fanno dire: «quel libro è una cagata pazzesca» o: «è meraviglioso, leggilo».
Ora, ecco a voi una veloce carrellata di libri che ho letto di recente o anni fa, e di cui volevo parlare in modo approfondito prima di trovare qualche impegno o post di maggiore importanza (scattano le risate registrate).
Immaginate in sottofondo la Marcia alla turca di Mozart, come Barney in How I met your Mother presenta i suoi trucchi di rimorchio con il Playbook.

Il regno dei Gufi, di Martin Hocke. È a tratti favolistico in modo ridicolo e imbarazzante, e a tratti cerca di essere cruento e splatter. Le idee sono carine, si discosta da un'ipotetica analogia con la Fattoria degli animali di Orwell, ma la narrazione sembra per idioti, i dialoghi scadenti piombano nella morale e, insomma, sembra uno di quei brutti libri di formazione che si vuole far leggere ai ragazzi a scuola.
Molto meglio far leggere Harry Potter.


Abisi d'acciaio, di Asimov. Genio del sci-fi, ottime idee, veggente del nuovo millennio, ottimi intrecci noir: cade però nella narrazione, debole e difficile da capire. Descrizioni che non stanno in piedi. Come biochimico spaccava i culi, ma come scrittore di romanzi aveva ancora da imparare. Nulla da ridire sui racconti brevi.




L'armata perduta, di Valerio M. Manfredi. Grand'uomo, storico appassionato, ma - almeno in questo libro - pessimo narratore. Usa la prima persona, e questo è un bene, ma la narrazione infrange praticamente tutte le regole della buona scrittura. Spesso e volentieri la lettura si fa pesante. Chi riesce a finirlo è perché o non ha altri libri a disposizione o ha tanto tempo disponibile.





Il signore della paura, di Franco Cardini. Un compendio di tutti gli errori che uno scrittore possa commettere. La quarta di copertina mi aveva attratto, la copertina stessa mi aveva attratto. Ma poi giù con infodump, personaggi stereotipati, dialoghi per nulla credibili che fanno ridere - stile copione hollywoodiano.




La redenzione di Althalus, di David e Leigh Eddings. Uno schifo totale. Di buono c'è che la fantasia è tanta, e stimolante, ma sfruttata malissimo, anzi, nel peggiore dei modi. Lo ricordo come un libro per bambini. Narrazione da far tremare i polsi. Impossibile da leggere fino in fondo se non fosse che lo stile è leggerissimo - etticredo. Nota al "merito": in certi punti, quando a parlare è un certo personaggio o si entra in un'atmosfera particolare, i caratteri cambiano font.
Già.
Roba da scattare in piedi, indicare il libro con foga agitando entrambe le mani e gridare: «MADDAI! MA... DICO IO! MADDAI!»


Questo era un assaggio. I libri letti e "dimenticati" sono molti. Prossimamente, la II Carrellata sarà dedicata ai classici.

P.S. Chiedo scusa a chiunque legga ancora questo blog e abbia pensato fossi morto durante questo mese. Sono stato un po' giù (eufemismo molto eu), ma i periodi brutti arrivano e se ne vanno, e da questo momento le cose dovrebbero andare meglio. Ringrazio i lettori che ancora si curano del Rifugio. :D

lunedì 8 febbraio 2010

Omaggio a Gamberi Fantasy

In queste settimane sono stato talmente preso dallo studio, da ignorare completamente il web e gli amici dei blog.
Solo pochi giorni fa ho letto questo articolo, l'ultimo post di Gamberi Fantasy.
Non so che dire.
Mi dispiace davvero molto. Umilmente, e per quanto possa essere utile, posso dire di esserti vicino, Chiara.
Spero sinceramente che le cose andranno meglio, e che la barca dei gamberi riapra.
Ti ringrazio per le recensioni, le risposte, le opinioni e l'umorismo che ci hai regalato. :)

mercoledì 20 gennaio 2010

Impressioni: Avatar (e il cine-3D)


È il fenomeno di questo periodo.
Non è ben chiaro il perché di tutta questa notorietà. Me lo sono chiesto prima di vederlo, e me lo hanno chiesto dopo che l'ho visto.
Non è un brutto film, anzi. Ho letto qualche recensione in giro per il web, e tutto sommato il giudizio sul film si può risolvere così:
Ha una trama abbastanza banale, simile a Pochaontas o L'ultimo samurai. Però è reso bene ed è figo. Va visto.
La trama.
Siamo nel 2154, i marines sono diventati "mercenari" più che soldati, e si sono insediati sul pianeta Pandora per estrarre un minerale prezioso. Jake Sully, il protagonista, un ex marine disabile, viene svegliato dal criosonno per rimpiazzare il fratello - assassinato - nella guida del suo Avatar, un corpo d'aspetto alieno "coltivato" in laboratorio e comandato dall'esterno. L'Avatar consente all'esercito di entrare in contatto con gli abitanti del pianeta, conoscerli e convincerli ad abbracciare la civiltà (terrestre).
Tuttavia gli indigeni rifiutano l'aiuto umanitario, e combattono i terrestri che, arrivati sul loro pianeta, distruggono tutto per l'estrazione delle risorse, il cui maggiore giacimento, purtroppo, si trova proprio sotto al loro villaggio, nella zona sacra.
Il compito di Jake Sully è quello di apprendere i loro costumi e convincerli a spostarsi prima dell'arrivo delle macchine, evitando lo sterminio.
Tuttavia...

Sì, la trama non è il massimo. Anzi. Costituisce però un bel pretesto per mostrare Pandora, che in pratica è una sorta di mega foresta equatoriale, fitta e ostile, sebbene ricca di flora e fauna assai pittoresche.
Una nota di merito va all'estetica. Animali bizzarri, piante fantasiose bioluminescenti, montagne sospese nel vuoto. Purtroppo non viene spiegato nulla di tutto ciò, ma apprezziamone comunque il risultato finale.
Interessante è l'idea dei collegamenti sinaptici tra piante e indigeni, nonché l'idea del grande Albero-computer che trasferisce dati (i ricordi degli avi immagazzinati in pratica nella flora del pianeta). Così come l'estremità dei capelli degli abitanti di Pandora, che presenta dei pistilli che si legano a un po' tutto. Ho trovato un po' squallida questa cosa - si badi bene, io l'ho trovata poco emozionante, non dico che lo debba essere -; cavalcano i cavalli collegando la propria treccia con un tentacolo dell'animale, e dirigendoli col pensiero. Idem con gli ikran, una sorta di draghetti (piccola nota: "Non sei tu che devi scegliere il tuo ikran, è lui che sceglie te" dice un personaggio del film. Non vi ricorda niente? E se dicessi ippogrifo?)
Scorcio bucolico

Meno credibile è la colonizzazione di un pianeta abitato da alieni umanoidi già nel 2154. Non che la cosa sia impossibile. Dopo tutto, la tecnologia che ci viene presentata non è così alta. Si vedono mezzi che probabilmente possono essere costruiti oggigiorno, lavagnette a pseudo-ologrammi e simpatici mech da combattimento.
Insomma, visto il livello tecnologico raggiunto dai terrestri secondo il film (coerente per l'epoca indicata), mi sembra difficile compiere simili viaggi intestellari.
Il film è da vedere, tutto sommato. È divertente, interessante e commovente, e chi ama ricavare letture filosofiche-sociali inesistenti in un prodotto meramente commerciale credendosi critico può farlo senza difficoltà e con gran piacere, giacché il film offre vari spunti di pensiero.

L'ondata del 3D.
Da un po' di tempo molti cinema mettono a disposizione spettacoli 3D, per una visione su differenti piani, e per un'immedesimazione maggiore (cui si aggiungono le divertenti trovate, come la neve o le foglie che cadono direttamente "nella sala", o il fucile di un personaggio puntato proprio davanti al proprio naso).
Io ho visto Avatar in 3D.
Il 3D è un'ottima trovata. Esiste da tempo, in realtà, ma sembra che solo ora sia stato sviluppato in modo decente e credibile (non come le immagini sfocate in alcuni giornalini per bambini, dove ti davano in dotazione gli occhialetti con una lente blu e una rossa e vedevi i dinosauri uscire dalle pagine).
In Avatar, mentre la telecamera si muoveva tra le felci, ti sembrava di avere davanti un cespuglio; mentre pollini e foglie cadevano, ti sembrava di vederli davvero nella sala; la posizione dei personaggi, degli oggetti, era ben distinta rispetto a un normalissimo film.
Ma... Sembra che il cinema 3D sia un neonato deforme.

1. Non ho visto centinaia di film in 3D per poterlo assicurare al 100%, ma una cosa è certa: in Avatar (così come in tutti i film credo) il 3D è stato aggiunto in un secondo momento, applicato sulla pellicola a riprese terminate. Ma, allora, a cosa serve rendere 3D le foglie che cadono e farle apparire reali in un momento, quando in un altro momento solo il protanogista è a fuoco, e tu mi sbatti in faccia roba 3D sfocata? Mi spiego meglio. Un'immagine vale più di mille parole:
(due diversi livelli di messa a fuoco - clicca per ingrandire)

Vedete la prima immagine? Ecco, invece dei palazzi metteteci un tale. La telecamera è tutta per lui: tutta la sua persona è ben chiara, il resto del mondo non conta. All'improvviso arriva una specie di pianta eterea, bianca, che galleggia nell'aria (in Avatar). Ne abbiamo viste anche prima, ed è stato fantastico. Ora però che il tale è a fuoco, vediamo sì uscire la pianta eterea dallo schermo, ma sfocata! È una maledetta macchia bianca che ci galleggia davanti al naso!
Noi abbiamo pagato 2€ in più per il 3D, abbiamo indossato gli occhialetti tamarrissimi - un martirio se, come me, siete dei quattrocchi e dovete mettere gli occhiali 3D sopra a quelli da vista -, e ora vogliamo vedere questa fottuta roba cadere nella sala come fosse vera. Altro che macchie bianche!
Immaginate di vedere il gattino e l'elefantino della foto uscire dallo schermo. Però sfocati. Credibilità zero.
Questo mi fa capire che l'effetto 3D non è altro che una stupida modifica nei colori fatta sulla pellicola - se vi togliete gli occhiali vedete come due immagini sovrapposte laddove con gli occhiali vedreste un piano di profondità aggiuntiva).
Soluzione: invece di trasporre la pellicola in 3D là dove capita, perché non aggiungere col computer particolari 3D ex novo? Voglio dire, se è un'esperienza diversa, e se proprio bisogna perdere tempo nel modificare la pellicola, tanto vale farlo seriamente, no? Appiccicare dei dettagli che nella pellicola non-3D non ci sono.
2. La luminosità dello schermo del cinema è scarsa. È l'effetto cinema, appunto. Ed è anche uno dei motivi per cui preferisco vedere un film al computer. Ma il fascino misterioso del cinema consiste anche in questo. Compare l'avviso: dobbiamo indossare gli occhiali. Ci fregano, parte una pubblicità. Ce li togliamo, torna l'avviso, li rimettiamo, parte il film e... che succede? La proiezione, già scura di per sé, perde altra luminosità attraverso le lenti 3D.
Soluzione: niente luminosità scarsa nelle proiezioni 3D. Aumentatela, perdiana! Tanto gli occhi bruciano lo stesso alla fine del film, tanto vale...
3. Gli occhi bruciano un po' durante la visione, già.
4. Quat... wait for it... tro.
5. Durante la visione, cose che sarebbe bello fossero in 3D non lo sono. E viceversa. Vediamo su più piani personaggi che dialogano, e poi arriva un'inquadratura pazzesca di un paesaggio e niente 3D. Eddai!
6. Il prezzo per il 3D non ha senso. L'aumento che paghi credo corrisponda al lavoro fatto sulla pellicola per l'aggiunta del 3D. Ma non ha senso. Le due proiezioni dovrebbero essere uguali, quanto a dignità. Il privilegio di avere degli affari sul naso e gli occhi che bruciano non credo valgano più di una comodissima visione standard.
Al cinema dove ho visto il film - Multiplex di Chieti, ecco l'ho detto, ora voglio essere pagato per la pubblicità - il biglietto costa se non erro 6.50€. Un furto ignobile. Per fortuna in certi giorni, in certi orari, e per certi sessi in certi giorni (non sto scherzando), il biglietto costa di meno. 4.00-4.50€. Quindi, vedere un film in 3D costa 6.50€ se rientri in una delle categorie precedenti. Altrimenti costerebbe 8.50€.
Ora, io non vado al cinema perché so che la maggior parte dei film che dànno non mi esalteranno più di tanto, per cui è preferibile vederli con calma in casa, in streaming o scaricati da megaupload/rapidshare (SIAE beccati questo!). Se vado al cinema e scopro che il film non mi piace, e ho speso 8.50 per avere un'esperienza incredibile con un viaggio 3D, cosa faccio? Mi metto a piangere? Chiedo indietro i soldi?
O mi compro un quadratino di LSD e ho un'esperienza di euforia e allucinazioni di 12 ore? Non so quanto costi l'LSD, ma ammesso che costi il doppio di un biglietto per uno spettacolo 3D, sarà sicuramente un investimento migliore. O no?

sabato 2 gennaio 2010

[post-parodia] Steam-Condom e aggiornamenti

Dopo l'eccitante articolo sulle viti quadrate prussiane del 1845 in sincronia col famoso impianto manovellare a ingranaggio multiuso Van Damme, su richiesta oggi vedremo il condom steampunk. Ho atteso che la mia amata Gamberetta trattasse l'argomento prima di me: non volevo precederla, sebbene avessi l'articolo pronto da un mese ormai. Gamberetta ti amo! ♥

In realtà l'uso del condom a vapore non è una prerogativa degli inizi del XX secolo: se ne trovano tracce già prima del 1850. L'ebreo naso adunco Baruch Alon, rubando il progetto dell'impianto tubistico pneumatico londinese, creò un prototipo di steam-condom. Sebbene la struttura iniziale comportasse qualche difficoltà nei rapporti, da giudeo malvagio qual era riuscì a specularci, ottenne un gran numero di vendite e brevettò l'articolo.
Baruch Alon sulla prima pagina del Der Stürmer. Guardate il suo ghigno malefico: compiaciuto, vuole conquistare il mondo avvelenando gli ariani uccelli attraverso gli steam-condom, cospargendoli di spore giudaiche.

In seguito, il modello di steam-condom venne migliorato con un sistema idraulico, schede perforate, sospensioni a molla e un comignolo per gli scarti della carburazione.
Un modello quasi definitivo di steam-condom. Il foro sulla destra è la cavità in cui andrà a finire il comignolo.

E ora, un po' di teneri coniglietti.


Ultimi aggiornamenti sugli ebook.
L'ultimo trimestre ha segnato un record notevole rispetto a quello precedente, nella vendita egli eBook. Dai 50 milioni di dollari del mese scorso, il mercato americano degli eBook ha totalizzato 58 milioni di dollari. Un record significativo, con un incremento del 240,25% rispetto ai risultati di due trimestri fa, e del 75,4% rispetto alla seconda settimana del secondo trimestre dell'anno scorso.
Vediamo l'andamento di quest'ultimo periodo con un po' di grafici di cui non si capisce un cazzo.

Secondo le mie previsioni:
1. Entro un anno, tutti possiederanno un supporto su cui leggere eBook e file di testo.
2. Fra un paio d'anni, l'editoria morirà, gli scrittori scarsi pure, e l'eBook sarà l'unico mezzo di diffusione culturale esistente, mentre noi daremo fuoco ai libri e danzeremo attorno ai falò.
3. In meno di dieci anni, tutti avranno una barba rossa, la passione per le idee imperialistiche ottocentesche e l'oplologia, il feticismo per i conigli e un interesse morboso per i dati statistici degli eBook.
4. Quattro.

Novità sugli accessi al sito:
Dalle 200 visite giornaliere del primo anno, e le 350 del secondo, secondo php-stats sono arrivato a quota 24102. E per la mezzanotte prevedo almeno 30000 visite. Secondo i referer le keyword più ricercate sono:
  1. Oplologia
  2. Mutandine
  3. Tette
  4. Quattro
  5. Baionette
Ho come lo strano presentimento che il 60% dei visitatori arrivi qui per quelle sparute immagini di Hentai, Jenna Jameson e figate steampunk e non leggano nemmeno quello che scrivo. Ma chi se ne fotte. Meglio di niente.
Datemi un euro, che sto col culo a terra.



Il Duca attende ansioso le mutandine di giovani, bagnate fan dello steampunk e delle baionette. È tuttavia preferibile ricevere le mutandine di Gamberetta, che indosserò. Gamberetta, I ♥ you!


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