giovedì 8 aprile 2010

Scrivere dopo tanto tempo


L'esercizio sviluppa il muscolo. Ma scrivere è anche come andare in bicicletta.
L'esperienza della scrittura è soggettiva, e nessuna teoria su come scrivere potrebbe mai sussistere universalmente.
Non so se a voi è mai capitato, di rimanere in stallo con la scrittura. A me sì: non scrivo da quattro, forse cinque mesi.
Di solito mi capitava di non scrivere per un paio di settimane al massimo, ma quattro mesi sono tanti. Mi sono un po' soffermato a riflettere sulla cosa.
Dal punto di vista pratico, il problema del non scrivere da molto tempo è che si perde di vista lo sviluppo di un racconto. Non l'obiettivo.
Nella creazione di un racconto si ha a disposizione necessariamente il conflitto, indispensabile, come motore della storia; in più si può conoscere il punto d'inizio, sparuti episodi centrali, e un finale. Tutti concetti astratti che si concretizzano nella stesura; ma l'elaborazione di certe idee aiutano anche a un'elaborazione inconscia dello sviluppo della storia. In parole povere, abbandonando un racconto per molto tempo - a meno di non aver preparato uno schema dettagliato e un programma ordinato di stesura - sarà molto difficile riprenderlo in mano con lo stesso entusiasmo, le stesse idee, e lo stesso filo che le collega in modo coerente.
Quanto alla tecnica, è come andare in bicicletta. Può esserci un'iniziale incertezza, magari, ma poi si va via, filati, sicuri.

In secondo luogo, c'è l'elemento fondamentale, discriminante, quello che fa "perdere la mano".
Non è, come si crede comunemente, lo scrivere ogni giorno a renderti migliore. La tecnica, una volta acquisita, non si perde. Credo proprio che la risposta vada cercata a livello "neurofisiologico", per così dire.
La capacità di creare scene, episodi, attraverso immagini mentali, migliora col tempo e diventa quasi banale. Ma quando interrompiamo l'attività per fare altro (per esempio: esami in vista, o problemi vari), l'abilità decade, s'indebolisce, perché gli stimoli che offre la vita di tutti i giorni non comprendono la creazione complessa di situazioni generate dal nulla - ciò che facciamo per creare delle storie.
Per esempio: siamo al mercato e riflettiamo sul comprare o no un eBook reader. Potremmo raffigurarci noi da qualche parte a leggere qualche libro "salato" - Under the Dome di King, di cui aspetto il paperback, per esempio -, e immaginiamo le diverse applicazioni del lettore - usarlo in bagno quando dobbiamo fare il servizio grosso, sull'autobus nel tragitto per casa, a letto prima di dormire, ecc. -, compensiamo quindi un problema (dato) con l'immaginazione (che forniamo noi).
Nel creare storie però il problema di fondo non esiste. Non esiste niente. Non si parte da alcuna base: noi creiamo il conflitto, i luoghi, i personaggi, tutto dal nulla (senza alcun motivo), e li facciamo interagire, generando ulteriori conflitti e situazioni complesse.

Mettere le mani sulla tastiera allora diventa una cosa un po' strana. La voglia c'è, la tecnica è acquisita e immagazzinata, c'è anche il tempo e lo stato d'animo, ma manca all'improvviso la naturale inclinazione a creare situazioni soddisfacenti, a mettere le marionette nel teatrino e farle muovere in modo convincente, come prima eravamo soliti fare senza farci troppe domande.
Riflettendoci, scrivere è davvero difficile.