lunedì 25 luglio 2011

Impressioni | The Dome, di Stephen King


L'impressione (facciamo finta di chiamarla "recensione") che segue si divide in più parti. Una premessa riguardo all'autore, una considerazione oggettiva dell'opera e poi una personale.
Ho dato un'occhiata in rete, e ho notato pochissimerrime recensioni, e per di più nessuno che considerasse la tecnica, le strategie ecc. Si parla della storia come aria fritta. Sono rimasto un po' deluso, ma tant'è. Lo faccio io e se qualcuno vuole discuterne non può che trovarmi ad accoglierlo a braccia aperte (pronte a chiudersi attorno al suo collo).

Tristi momenti della triste vita di Taotor
Appena uscito The Dome, subito decisi di comprarlo: è Stephen Fucking King, mi son detto, il mio maestro di vita e di scrittura nel periodo dell'adolescenza, il periodo in cui leggevo La Torre Nera e leggevo anche le note di King, che ammetteva di aver scritto il primo libro a 17 (o 19?) anni, quando era giovane e presuntuoso. Insomma, proprio come mi sentivo io! Giovane, figo e presuntuoso. Hell yeah!
Trovatolo in libreria, due numeretti sul retro della copertina mi hanno fatto desistere dal prenderlo subito (scuotevano la loro numerica testolina e gridavano con le loro numeriche vocette). 20 fucking euro. "Aspetterò il fucking paperback" mi dissi.
E, dèi del cielo, quando il paperback è arrivato (14€, che non è troppo, ma non sono neanche i 7-8€ di una volta, miseriaccia), ormai era troppo tardi.
Quando un libro cartaceo incontra un libro digitale, il libro cartaceo è un libro morto.
E io ho letto quel mattone che è The Dome sul mio bell' "Opossum".

Veniamo a King, l'uomo e lo scrittore.
Non sono un fanboy di King. Diciamo che ho avuto modo di farmi una buona idea generica di lui con prestazioni "mattonarie" come It, ma anche alle prese di racconti brevi come quelli di Tutto è fatidico, per non tralasciare il sci-fi/fantasy/horror/epico che è La Torre Nera (inclusa la storiella spuria, stile One-Shot, presente in Tutto è fatidico), fino ad arrivare al suo piccolo saggio di scrittura (con enorme premessa biografica) che è On Writing.
Stephen King non è uno scrittore banale come altri, altrettanto famosi e altrettanto editi. Stephen King con la fiction ci è cresciuto. Script, racconti o romanzi: ha letto e legge un botto, ha guardato e guarda un sacco di film, sa come funzionano le storie. Questo gli permette di evitare cliché e banalità da scrittore alle prime armi.
Certo è che chi lo legge assiduamente ritrova dei pattern nei vari racconti. Appena può, ambienta tutto nel Maine, dove abita lui. Gli piace La moglie di Frankenstein, e la cita tipo ovunque. Gli piace Il signore degli anelli, e anch'esso non manca di essere citato. Gli piacciono i film western, e come sopra, li mette dove può. King è anche un ex tossico. Ok, non proprio tossico, oltre al goccetto e al cannino, mi pare di capire, avrà tirato coca o fumato crack. Non so se è arrivato a keta o met, ma non mi stupirei, visto che in The Dome descrive gli effetti con una certa familiarità. E considerando che ha ammesso di farsi ma anche e soprattutto di aver chiuso, a lui va tutto il mio rispetto - fanculo gli artisti famosi ipocriti che si fanno e poi sbandierano campagne no-drugs. Senzapalle!
Insomma, è chiaro che non nasconde le sue influenze principali, ma non è un danno. Certo è che nella Torre Nera è diverso da tutti gli altri romanzi. Nella Torre Nera dà il massimo, ma già alla fine dell'ultimo libro, vediamo che diventa un papà tenerone, anzi, un nonnetto, con qualche caduta di stile. Quando gli gira diventa favolistico, e a qualcuno può piacere, a qualcuno no, qualcuno può dire che lui se lo può permettere.
Ai posteri l'ardua sentenza.

Breve sinossi idiota taotoriana
Chester's Mill è un paesino guarda caso del Maine che all'improvviso si ritrova incapsulato in una Cupola trasparente, non si sa come, e all'interno di questa prigione le persone che ci sono cominciano a sclerare, cadono nel panico, e muoia chi può. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, e poi ci sono quelli che poveretti schiattano come formiche e quelli stronzi che non se li piglia manco il demonio.

~Aspetti oggettivi~

Tecnica
King usa il classico filtro a focalizzazione interna, altresì detto Punti di vista (da ora pov). I personaggi sono molti, farli muovere in un ambiente circoscritto quale è la Cupola non è un vantaggio. Molti personaggi e poco spazio è un binomio che implica più precisione. La storia però è sviluppata bene, King ha saputo destreggiarsi tra gli eventi e a considerare tutti i causa-effetto sui singoli personaggi. Non trascura i dettagli più banali riguardo alle persone, le cose, il clima, anzi; li coglie e li pompa di significatività. Dettagli uguale credibilità. E, di conseguenza, credibilità uguale fiducia del lettore, uguale Sense of wonder (nei limiti del possibile).
Ci sono degli aspetti negativi, però.
In primis, i pov.
Caro Stefano Re, perché cazpero usi i pov se poi non li rispetti? Se hai il pov di un personaggio, e giudichi il mondo attraverso i suoi occhi, cosa ti spinge a saltare fuori ed entrare nella mente di un'altra persona a meno di un paragrafo di distanza? Si tratta di farina del tuo sacco o della mente geniale dell'editor o del traduttore?
Il pov era iniziato con un capitolo dedicato al personaggio conducente, diciamo pure il personaggio leading, come per la chitarra, leading e ritmica. Il personaggio leading è Barbie, il buono ma badass ex militare in Iraq. Durante la narrazione però il pov saltella da Barbie a Rennie - secondo consigliere, venditore di auto usate, il Don Rodrigo della situazione - e poi di nuovo a Barbie.
Ecco il brano:

Rennie tastò la carta. Tra le folte sopracciglia gli si era formato un profondo solco verticale. «Questa non è la carta della Casa Bianca.»

Certo che no, asino, fu tentato di ribattere Barbie. Consegnata un'ora fa da un membro della Squadra Elfi della FedEx. L'omunocolo si è fatto semplicemente teletrasportare attraverso la cupola, nessun problema.
«No che non lo è.» Barbie cercò di mantenere un tono cortese. « E' arrivata via Internet, in formato PDF. La signora Shumway l'ha scaricata e stampata.»
Julia Shumway. Un'altra piantagrane.

Rivediamo in replay il fallo.
Il capitolo parte col pov di Barbie.
Segue pensiero di Barbie (Certo che no ... nessun problema.).
Poi risposta verbale, ancora Barbie. («No che non lo è.» ... La signora Shumway l'ha scaricata e stampata.»)
Poi il pov cambia e se lo prende Rennie, che pensa incazzato: (Julia Shumway. Un'altra piantagrane.)
WTF?
L'esempio riportato sopra è uno preso a caso. Mi trovavo e l'ho appuntato. In realtà il romanzo ne è pieno, ma ci fai l'abitudine, stringiamoci nelle spalle e andiamo avanti.
Abbiamo detto che King dedica un capitolo a un singolo personaggio protagonista, e lo segue lungo la storia per poi tornare un po' indietro nel tempo e narrare ciò che capita a un altro personaggio, con un altro capitolo dedicato.
Consci di questo, vediamo cosa dice King nella nota:
Ho cercato di scrivere un libro in cui il pedale dell’acceleratore fosse costantemente a tavoletta. Nan lo ha capito e tutte le volte che ho avuto un cedimento, ha schiacciato il suo piede sopra il mio e si è messa a gridare (a margine, come sono avvezzi gli editor): «Più veloce, Steve! Più veloce!»

L'evoluzione della storia, in effetti, non è una curva frastagliata di picchi e burroni. Si può vederla più come un crescendo continuo, o come un task manager che riporta un grafico a picco continuo in cui non c'è più RAM sufficiente per eseguire altre operazioni.
Ma se l'obiettivo di King era lasciare senza fiato il lettore in una corsa al colpo di scena, fallisce in quei capitoli "apovici."
Sto parlando di capitoli in cui non esiste nessun personaggio principale a condurre, ma il personaggio principale è King stesso che parla in prima persona plurale, si fa beffe della focalizzazione, si mette una pipa in bocca, in una poltrona davanti al camino, e crede di raccontare storie ai nipotini.
Ecco alcune testimonianze di questo scempio, in sacchetti di plastica trasparenti e numerati, direttamente dalla Scientifica:

Ci fermiamo per una rapida occhiata a Barbie e Rusty, vi va? (...)
Tutti gli altri agenti sono al Food City ad ascoltare l’ultima arringa di Big Jim, ma non cambierebbe niente nemmeno se fossero tutti presenti, perché noi siamo invisibili. Al nostro passaggio avvertirebbero solo un leggero spiffero.
Non c’è molto da vedere in gattabuia, perché la speranza è invisibile come noi. (...)
Ci arriveranno da soli: ecco che cosa succede quando il pastore manca ai suoi doveri e il gregge perde il controllo.
Dobbiamo stare ad ascoltare il suo discorso? Ma no. Ascolteremo Big Jim domani sera e tanto basterà.
E così via. In questi casi mi viene solo da emettere un grosso, potente, afflittissimo: SIGH!

Ora, non è il fatto di aver trascurato la coerenza del pov che dà fastidio. Ma anche sì. Ma non è tutto qui. Il fatto è che se dopo un 20% (e poi un 30%, e poi un 50% ecc.) di storia vuoi raccapezz(ol)arti sugli eventi, sulla situazione generale, tu, scrittore, lo fai in privato! Questi intermezzi dickensoniani da Fantasma del Natale Vattelapesca, senza alcun dubbio:
  1. Rompono la coerenza stilistica iniziale della focalizzazione interna.
  2. Rallentano in maniera significativa la lettura, che se doveva essere incalzante grazie al ritmo sostenuto degli eventi, frena di botto come un pick up davanti a un'alce che attraversa una strada di montagna. E fa marcia indietro per porre fine alle sue sofferenze.
  3. Allungano inutilmente la brodaglia, aggiungono molti particolari che non sono rilevanti per la storia, mentre quelli utili riguardano di solito uno o due personaggi, e questo porta a concludere: non sarebbe stato meglio dividere il capitolo in due capitolini con pov dedicati ai relativi personaggi?
  4. Quattro.
Oltre ai pov ballerini, non mancano gli infodump. Ci sono infodump a profusione, infodump inutili che riguardano la storia di ogni personaggio e la storia della città. Forse rendono più credibile l'ambientazione? Forse rendono più profonda la psiche dei personaggi? Forse. Ma c'è modo e modo di inserire informazioni. E gli infodump di King sono intrusivi, ma soprattutto inutili. Questo non glielo perdono. Già in It si vedono, sono una bella zavorra per il romanzo. Ma qui, in The Dome, rappresentano ostacoli su una pista da Formula 1. Che cazpero ci stanno a fare? Levàteli, vogliamo vedere sfrecciare le macchine!!
In ultima analisi, ci sono svariati avverbi, una buona quantità per ogni pagina. Avverbi che King sostiene non vadano bene, che vadano omessi. Così dice in On Writing. Ma, come ho avuto modo di scrivere prima, queste lacune possono essere causa di traduttori/editor. L'originale potrebbe non riportare gli orrori in -ly.

Storia
King non è bravo nel creare storie particolari - e non servono i Griffin a ricordarcelo. King è bravo a svilupparle, le storie. Questo, in un certo senso, potrebbe vanificare tutto ciò che ho scritto sopra. Oppure, meglio ancora, può valere come dimostrazione che una buona storia è un insieme di fattori, e che le regole della buona scrittura sono solo un mezzo per raggiungere il risultato di una buona storia. A volte ciò è possibile anche senza rispettare tutte queste regole. Ciò che conta è il risultato finale. E la storia di The Dome ha l'unico difetto di porre ai personaggi ruoli un po' stereotipati.
Ma non mi sento in grado di giudicare. King narra una società definita, gli americani del New England, gli abitanti del Maine. La Psicologia Sociale ci insegna che cultura, giudizi, valori e un mucchio di altre caratteristiche che noi riteniamo universali invece non lo sono.
Per quanto ne so, la cultura Wasp e l'estremismo religioso dei protestanti americani piscia addosso alla nostra presunta mafia cattolica. Un esempio emblematico è il cosiddetto Processo della Scimmia, una boiata di accusa legale a un docente che insegnava l'evoluzionismo in una scuola del Tennessee, dove vigeva il Creazionismo.
Roba da matti. Ma sufficiente ad accettare l'ipotesi avanzata da King, ovvero di come lo stress e la fede possano indurre alcune persone a comportarsi in maniera totalmente inadeguata.


~Aspetti personali~

The Dome si può leggere ed esserne felici.
Pur rimanendo convinto che un libro simile puoi comprarlo tutt'al più a 10€, non a 20€, l'acquisto non sarebbe una truffa. Paghi qualcosa che vale.
Alcuni aspetti della storia non mi hanno totalmente convinto, ma King sembra quasi voler prevenire ogni critica dicendo, nella Nota:

Negli anni seguenti, il mio caro amico Russ Dorr, un assistente medico di Bridgeton, nel Maine, mi ha aiutato per gli aspetti medici di molti libri

Ora, all'inizio del romanzo la gente si scontra contro la Cupola e muore. Così. Esce dal parabrezza e cric, osso del collo rotto, addio. Non tutti tutti, è chiaro, ma mentre leggevo mi dicevo "Eccheccazpero, ma dai!". L'agente popputa, Jackie Wettington, all'inizio cammina verso la Cupola - che è invisibile -, e ci sbatte in due tempi. Prima con le tette, poi col naso. E il naso prende a sanguinare.
Ma vaccaboia.
Quand'ero piccino, una sera, andai a una mezza specie di (merdoso) Luna Park di paese (immerso nella fanghiglia). C'era il labirinto degli specchi, ma qui gli specchi erano lastre di plastica trasparenti.
Ora, erano gli anni '90 e io avevo un berretto con la visiera girata all'indietro, per cui potevo protendere solo le mani, per cercare gli ostacoli. Ricordo mi stufai di procedere a tentoni come uno zombie, e ricordo anche di aver sbattuto più e più volte sulle pareti trasparenti - ok, ridete - prima di trovare l'uscita.
Ma il mio naso non ha sanguinato.
E questo dice tutto. Dopo un salto mal riuscito, compiuto in ancor più tenera età, infatti, mi sfracellai il naso e guadagnai una particolare debolezza dei capillari, che indebolii ancora di più durante gli anni di basket - dove ottenni anche svariate rotture di ogni singola falange, una dopo l'altra, settimana dopo settimana, bell'e steccate e ingarzate.
Quello che succede a Jackie Wettington, però, succede un po' a tutti. Tutti si rompono il naso e sanguinano, oppure si rompono qualcos'altro e sanguinano, sebbene la causa della ferita non abbia una tale rilevanza.
Un'altra cosa che mi ha fatto grattare lo scalpo riguarda il tumore di Junior.
I comportamenti antisociali di Junior, l'aggressività, l'apatia, l'istinto omicida, farebbero pensare lì per lì a una classica patologia da lesione dei lobi frontali - un classico esempio è il caso del celeberrimo, disgraziato Phineas Gage.
Questo è plausibile. Ha un tumore al cervello che gli intacca anche il nervo ottico, e il lobo frontale è là vicino, dunque è logico che venga danneggiato.
Tuttavia a un certo punto della storia, Junior si comporta benissimo, prova affetto per una coppia di bambini che prende con sé, trovati senza mamma, li nutre e li accudisce momentaneamente.
Ma le lesioni dei lobi frontali, per quanto ne so, creano comportamenti socialmente inadeguati e aggressività in maniera non selettiva. Leggasi: hai i lobi frontali alle cozze, indi rubi, bestemmi e uccidi tutti, non ti commuovono due marmocchi, perché non sei più te e non capisci nulla di come comportarti.
Anche qui, non ho saputo bene cosa pensare. Dopo tutto, King non ha specificato, e poi ha chiesto aiuto al medico, sicché...

Conclusioni.
Bel romanzo. Ci sono svariate parti che potrebbero essere tagliate e particolari che potrebbero essere omessi. La lunghezza è parzialmente giustificata. Con qualcosa come 300 pagine in meno sarebbe stato ancora più godibile. Ma la storia si sviluppa bene, gli eventi sono interessanti e ti fanno venir voglia di continuare a leggere. La lettura risulta veloce e leggera.
Se non si ha un ebook reader, 14€ tutto sommato si possono spendere senza troppi rimpianti.

lunedì 18 luglio 2011

Ebook e Mafia cartacea: qualche considerazione personale

Se prima me ne fregava poco, dei lettori ebook, perché mi sembrava una realtà lontana, ora me ne frega un bel po' di più perché ne ho uno. Un po' come chi non ha mai avuto a che fare con le faccende domestiche ma poi andando a vivere da solo cerca le ricette di nonna papera e segna i prezzi convenienti dai dépliant dei discount.
Stavo cercando informazioni sull'allegato di non-ricordo-quale giornale (motivo che mi ha fatto vagare su Internet invano), un fantomatico manuale di scrittura, di cui volevo sapere di più.
Incontro invece questo articolo, e mi rendo conto di diverse cose (che in realtà avevo già riscontrato personalmente in questi due anni e due settimane scarse) nel leggere certe considerazioni:
Non ha lo schermo touch, per leggere i libri in tutti i formati occorre trafficare con email o software liberi (Calibre). Non è nato per suonare, non ha il pennino ma sopratutto non ha (per ora) una offerta di ebook in italiano.
Quando ho fatto vedere il mio Opus agli amici e spiegato che serve a leggere romanzi e simili, questi hanno, per prima cosa, schiacciato il loro ditaccio contro lo schermo. Più e più volte. Per poi esclamare: "ma non è touch?", "Ha il pennino?", "Ma si connette a Internet?"
Dico io: esistono ancora cellulari coi tasti, no? Possibile che le persone se vedono uno schermo grosso pensano automaticamente che sia touch?
E poi: che diavolo se ne fa uno, di Internet, se vuole leggere? Ma soprattutto, se leggi mica ti metti ad ascoltare la musica.
Tutto torna sempre utile, è vero. Ma è chiaro che ci siamo abituati a una tecnologia che vuole essere tutto ma fallisce nel tentativo. Un cellulare si usa per chiamare, al limite fare foto in assenza di digitale; se uso il mio LG per ascoltare musica - a parte che vuole i suoi auricolari personali, che Dio solo sa dove stanno - si scarica dopo una decina di canzoni. Quindi non sarebbe meglio avere l'mp3? (Minchia quanto siamo viziati). Pareri.
Insomma, per l'italiano medio che stringe la cinghia ma sperpera 30€ di ingresso in discoteca e si compra l'iPhone perché sennò non è nessuno, anche se non se ne fa niente, un ebook reader è un grosso punto interrogativo, come una scimmia con un computer.
Insomma, l'unico modo per diffondere in maniera massiccia i lettori ebook in Italia, secondo me, è facendoli passare per la moda del momento.
Come quel vassoio, l'iPad. A che serve? Costa più di un netbook, devi comprare tutto dallo store e sotto il sole è inutilizzabile. Ma la gente lo compra ugualmente. Boh.
Ma la cosa che mi stupisce (ma neanche tanto) sono i risultati del sondaggio riportato dal sito stesso del Sole. Credo che l'articolo l'abbiano letto in pochi, e i diretti interessati agli ebook avranno votato, quindi sono più che convinto che il sondaggio sia falsato da un semplice bias.
Ma nel leggere l'articolo mi ritrovo il link di una notizia inaspettata (sebbene sia datata 24 giugno). La Rowling si riprende tutti i diritti digitali delle sue opere, li sottrae ad Amazon ed Apple (grida di giubilio e gaudio in tutto il regno), e rilancia il mercato su un proprio spazio.
Niente di meglio! La mossa è ottima sia dal punto di vista marketing che dal punto di vista di onestà letteraria. La Rowling ha messo in atto una cosa che dovremmo fare tutti noi scrittori di fantasy e surrogati. Un sito dedicato al mondo creato, con a disposizione ogni tipo di materiale utile al lettore (immagini, audio, testi e approfondimenti che non trovano spazio nei racconti ecc.)
Su questo Pottermore.com la Rowling rilascerà roba utile ai fan, oltre che gli ebook scaricabili i cui introiti, immagino, andranno dritti dritti a lei.
Introiti.
Ormai è appurato che lo scrittore che "vende" i suoi ebook online guadagna quanto lo scrittore cartaceo, se non anche di più. Facendo un paio di calcoli, e attenendoci alle percentuali che riferiscono qui, se scrivo un libro e lo pubblico con un editore senza sganciare una lira - cosa assai rara, visto che la maggior parte delle pubblicazioni sono col contributo dell'autore, come fanno a Il Filo e migliaia di altri -, il libro potrebbe venir messo sul mercato al prezzo scandaloso di 20€, anzi no, facciamo al meno scandaloso ma comunque inaccettabile prezzo di 16€.
Io scrittore prendo l'8% sul prezzo di copertina, quindi, facendo un calcolo:
(16€*8%)/100=1.28€ netti
Considerando che l'8%, per quanto ne so, è approssimativa come percentuale, perché si può prendere di meno, e considerando anche che si potrebbe arrivare a vendere meno di 300 copie, e l'editore potrebbe gambizzarti se non ti compri le stampe invendute, direi che l'ebook è preferibile.
0,99€ indicativi per un ebook non sarebbero troppi. Il prezzo non va inteso come "sterile" spesa di denaro, ma come investimento. Pago per dilettarmi e soddisfare la mia voglia di narrativa. Se vado sul sito di Vattelapesca e mi compro il suo ebook a 99 cent, lo leggo e mi accorgo che è una cagata pazzesca, innanzitutto potrò farglielo sapere sul suo sito, poi potrò lamentarmi di aver buttato 1€, il prezzo di un biglietto dell'autobus. Certo, aggiungendo 69 cent posso comprare un pacco di 9 croissant all'Eurospin. Ma è 1€, per la miseria, ci chiudi un occhio e a parte l'indignazione, amici come prima.
Attualmente, invece, ci troviamo a spendere 16€ (anche più), a volte a libro incellophanato preventivamente, per poi renderci conto di aver gettato i soldi al vento e piangere lacrime amare.
Quei soldi si potevano dare in beneficenza, tanto per dirne una. Oppure, a proposito di beneficenza, se l'obiettivo dello scrittore è farsi leggere, e non guadagnare, si può fare come il nostro avvocato Zweilawyer, che metterà a disposizione il suo romanzo, a novembre, a 99cent o giù di lì. E il ricavato andrà alla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica.
Allora? Meglio gli ebook o la mafia cartacea?
_______
Link utili:
- Scena di Zoolander. Bel film. [scaricatelo o vedetelo in streaming NAU - Il frat pack spacka i culi]
- Sondaggio sugli ebook secondo il sole 24 ore. [la cosa puzza, e non sono io]
- Articolo sulla Rowling e Pottermore.com del Sole. [La Rowling owna Amazon e i MacUsers]
- Zodd 11-11-11, di Zweilawyer. [Stay tuned e andatelo a comprare, maledetti!]

lunedì 11 luglio 2011

Nuovo template, conversioni ePub, due chiacchiere sullo steam

Qualche novità.
Dopo aver acquistato finalmente un lettore eBook, egocentricamente credo che tutti dovrebbero averne uno, sicché ho cominciato ad adoperarmi per convertire i miei racconti nel formato adatto, l'ePub. Se avete un Kindle, fatti vostri (scherzo, sto smanettando con Calibre per creare formati adatti a tutti, mi toglie via un po' di tempo e io ho poca pazienza, quindi ce ne vuole perché impari bene).

Il primo racconto convertitosi alla fede degli eBook reader è In alto, nella pioggia. In occasione della divina conversione l'ho rivisto, ricorretto, aggiustato alla bell'e meglio. Si può raggiungere da qui, e dai link utili alla fine del post. Non è uscito perfetto come volevo: se sapete come migliorare la formattazione, dite pure.
Il racconto risale al 2009, scritto a maggio. Sono passati 2 anni, ma sono cambiate molte cose. Al momento sto lavorando su un romanzo - che, appena possibile, rilascerò come eBook scaricabile in mille formati - che lo segue sulla scia steam, ma molto più sul fantasy, con scommesse clandestine su marionette animate magicamente, stregoni drogati esclusi dall'ordine e ricercati dal governo, ingegneri della magia, navi volanti corazzate, e tante altre cose belle.
Ad ogni modo, ritengo questo racconto - veloce, simpatico, accessibile - come una primordiale scintilla per ciò che ho scritto in seguito.

A tal proposito volevo segnalare il nuovo template. Sì, è difficile non notarlo. Mi è stato detto che sembra marinaresco. Il mio intento era quello di combinare navigazione e steampunk, visto che ho in cantiere un progetto, una storia senza narrazione diretta, ma per resoconti diaristici, documenti, rapporti ecc., sulla spedizione di una nave volante. Qualcosa a metà tra Jasper Morello, I viaggi della Jerle Shannara di Brooks, Tifone di Conrad, Ventimila leghe sotto i mari di Verne, The rime of the ancient mariner di Coleridge. Con la differenza che: Morello ha una bella ambientazione per una storia che non ne ha bisogno. Il secondo, Jerle Shannara, per fortuna non l'ho letto e non credo che lo farò, ma è fentesi e ce lo metto perchessì. Il terzo, Tifone, è uno splendido racconto di mare che lessi a 15 anni e mi piacque di brutto. 20 mila leghe è alla stregua dello steampunk, c'è una tecnologia retrofuturistica, il Nautilus, e ci sta un punk, fucking capitan Nemo - lui è un anarchist, lui è un antichrist, anarchy in the UK! Coleridge invece è l'unico che abbia mai colto la vera essenza del fantasy, ovvero del cuore nonché la parte migliore del romanticismo, e spacca i culi a tutti a prescindere.
E in più si faceva.

Torniamo a noi.

Breve triste storia della mia triste infanzia.

Se non lo si fosse capito, come tanti sono un estimatore del fantasy. Quello medievale, quello di spade e magia, di misteri, di boschi oscuri e creature orribili affrontate da temerari eroi che portano lo scalpo del loro nemico nella Meadhall e bevono, bevono! (For the king, for the land, for the mountains! For the green valleys where dragons fly, for the glory, the power to win the black lord, I will search for the Emerald Sword!).
Quando ero piccino picciò tutta questa roba mi piaceva un frego e, da buon pre-adolescente nerd (dagli 11 ai 14 anni), ho divorato spazzatura fantasy, mi son munito di guide di D&D, ho giocato a miniature fantasy (Mage Knight), non ho cominciato con le carte di Magic perché coi numeri e le strategie sono negato, ci ho dato dentro di gdr e mmorpg. Insomma, come tanti altri ho alimentato la mia voglia di fantasy - non discernevo ancora il bello dal brutto, mi calavo di tutto -, finché non ho incontrato il romanticismo. Verso i 14-15 anni ho cominciato a leggere roba dell'800, Brontë, Stevenson, Poe (ok, non è dell'800 ma i racconti son quelli, è il romantico/gotico). E mi piaceva.
A 14 anni si è stupidi, e io ero anche stronzo.
Mi misi a scrivere una roba su un fantomatico Cacciatore di Creature mandato dal governo che raggiungeva, in treno, un villaggio in cui scorrazzavano mostri, la cui esistenza doveva rimanere segreta ai cittadini, per paura che la magia riprendesse piede nella popolazione. Eccetera eccetera.
"Evviva!" mi dissi, nello scantinato buio, con la luce del monitor in faccia, chino sulla tastiera di quel rottame che chiamavo computer. "Sono l'inventore del fantasy ottocentesco!"
Povero scemo. Poco dopo mi diedi una regolata e sgonfiai il mio ego. Conobbi lo Steampunk, accantonai l'idea, accantonai anche un po' di monnezza, cominciai a leggere Martin, King, ecc.

Ora, se si parla di steampunk si parla del Duca. E se ci si vuol schiarire le idee sul genere, ecco un post utile e chiarissimo - diffidate dai falsi, scegliete solo Baionette Librarie™!
Se avete letto qualcosa di steam o simili, vi renderete conto che lo steam - oltre ad essere il più delle volte poco punk - è sommariamente un ramo del sci-fi. O una simpatica, alternativa riedizione di racconti, romanzi, o veri e propri accadimenti storici.
E che di steamfantasy non esista praticamente nulla.
Da lettore non specifico quale sono, sebbene polarizzato verso il fantasy, ammetto di non aver trovato mai un vero e proprio mondo fantasy, utopico, di ambientazione ottocentesca. Non dico che non esista - anzi, reclamo al Duca il post promesso, sull'argomento.
Se vi dico fantasy a cosa pensate? A castelli e draghi, non a ingranaggi e pistole.
Persino Gamberetta, con Assault Fairies, pur mettendoci le fatine, ha creato un Military Aetheric Fairypunk, qualcosa di simile (alla lontanissima) a Stardust di Gaiman, dopo tutto, cioè che continua a rimanere agganciato alla nostra realtà, nonostante gli elementi fantastici.
Insomma, io voglio vedere dei cazzo di nani sparare a dei goblin mentre un cazzo di mago gentiluomo fa esplodere la testa di un cazzo di troll con una magia, alle porte di una città affumicata dallo smog delle industrie, mentre una cazzo di nave volante magica solca il cielo.

Senza volerlo, nella bozza di ambientazione che creai in fanciullezza - ambientazione sviluppata, arricchita e migliorata con gli anni, ma pur fondata sui pochi pilastri originari - rispettai grosso modo i canoni dello steampunk. Quasi.
Creai un continente dominato da un governo oppressivo, volto a eliminare la magia, finanche dalle credenze dei cittadini, in un mondo ottocentesco che sfruttava tecnologie sufficienti a sorvolare i cieli e a mantenere il controllo sulla popolazione.

Il racconto (ri)pubblicato è una scheggia di ciò che mi piacerebbe leggere.
In questi ultimi tempi mi sto adoperando a sviluppare al meglio storie cucite su questa idea (ripeto, In alto è solo la punta dell'iceberg, sono passati 2 anni, ho maturato molte, ottime idee, e mi sto divertendo a svilupparle, il problema è che vorrei scrivere 300 cartelle al giorno ma, anche se gli esami sono finiti, è leggermente difficile).

Se non lo si fosse capito, questo era un post di mezzo cazzeggio, riflessioni sparse, autopropaganda, masturbazione artistica, elogio di autori, cazzi e mazzi.
Dite la vostra, se vi va. L'argomento è vario, sicché qualsiasi cosa va bene.
Anche parlare di ortofrutticola.

P.S. Ho avuto problemi nel collegamento ftp col server. Non so perché. Core ftp di solito non mi delude. Ad ogni modo, il pdf mi dava problemi ma ho risolto. L'ePub non so se funge o no. Non mi va di controllare. Le segnalazioni sono più che gradite!
________
Link utili (da oggi con messaggi subliminali)

- In alto, nella pioggia, in formato ePub. [boicottiamo le case editrici succhiasoldi e abbracciamo gli alberi così salvati]
- Breve introduzione allo steampunk, del Duca Carraronan. [Inchinatevi dinanzi al Duca, stronzi!]

venerdì 8 luglio 2011

Impressioni fulminanti | Address, di Glauco Silvestri

Racconto breve di Glauco Silvestri. Qui (e a piè di post) la pagina dove reperire il racconto.

Mi è piaciuto lo stile dialogico anti-narrativo. È divertente da scrivere – ho avuto modo di provarlo – e incalzante da leggere.

Ho apprezzato anche la metafora animistica in un contesto cibernetico.

La trappola dello stile impiegato, però, è che si punta tutto sui dialoghi, e se i dialoghi non sono all'altezza, crolla tutto. Prima di tutto, in diverse battute interrogative manca, appunto, il punto interrogativo.

Esempio:


«Sul messaggio era descritto tutto quanto».
«Chi è stato incaricato di cancellare il database di Lydia».
«Abbiamo mandato Magellano».

O ancora:

«Lo era».
«Allora perché ti ha condotto a morte certa».
«C’era bisogno di me, quaggiù».

In altre parti, invece, anche se a parlare è la stessa persona, si chiude il discorso e le parole del capoverso nuovo appartengono ancora (intuitivamente) al personaggio precedente. In pratica:

«Cosa dobbiamo fare, Yahweh?».
«Dobbiamo separarci. Dobbiamo fare in modo che si perdano le nostre tracce. Tu non devi sapere dove sono io e viceversa».
«Dobbiamo tentare di divulgare ciò che sappiamo, ma dobbiamo farlo in sordina».
«Cosa consigli, dunque?».
«Non presentarti al lavoro. Fuggi. Segui le grandi vie di collegamento. Allontanati dai Controllori del Centro Elaborazione Dati e vedrai che i controlli saranno più blandi».

Sottigliezze: un (a mio parere) bizzarro uso della virgola che ho interpretato come “pausa minore dei puntini di sospensione ma maggiore dell'assenza totale di segni d'interpunzione”:

«Hai già tutto ciò che ti serve».
«Ma, non ho nulla».

E ancora:

«Io non sono amico di nessuno, specie dei religiosi. Io sono uno Spider».
«Ma, non facciamo nulla di male».

Ultima nota, ci sono alcune parti, dei dialoghi, che mi suonano un po' troppo piene di pathos.

Esempio, il monologo paterno:

«Ho saputo che ti trovi nei guai. Ti avevo detto di non impelagarti con quei tuoi amici. Cosa deve fare un padre per farsi ascoltare dai propri figli? Guarda tua sorella. Lei si è fatta una famiglia, ha dei figli, un buon marito e un buon impiego. Lei mi ha sempre dato ascolto. Lei non mi ha mai fatto soffrire come fai tu. Lei non mi ha mai fatto vergognare come stai facendo tu. Tutti hanno visto la tua faccia nel notiziario principale. Tutti hanno ascoltato gli appelli del Centro Elaborazione Dati e tutti, adesso, mi guardano con sospetto».

Tenendo conto che il racconto è basato sui dialoghi, una sola falla in questi rende instabile l'intero racconto.

Tirando le somme.
Un racconto abbastanza breve da farsi leggere senza rubare troppo tempo, scambio di battute (in realtà non proprio velocissime) utile a non far calare l'attenzione.
Punti deboli: confusione diffusa riguardo all'ambientazione – difficile da abbozzare, quando il motore del racconto sono i dialoghi finalizzati al significato religioso, la Rivelazione, dal punto di vista delle macchine –, diffusa “cecità” causata dal limite stilistico: chi è chi, dov'è, perché, ecc., e infine dialoghi a tratti troppo (letteralmente) patetici.

Non sono un fanatico di sci-fi, anzi, non me ne intendo proprio, né di ingegneria informatica. Non escludo che i diretti interessati al genere e alla scienza sopra citati possano apprezzare molto più di quanto abbia fatto io.

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Link utili:
- Sito di Glauco, pagina per il download del racconto in Pdf, ePub e Mobipocket.
- Blog di Glauco, per chi non lo conoscesse ancora.

mercoledì 6 luglio 2011

Impressioni | Assault Fairies, di Chiara Gamberetta


Assault Fairies è il romanzo con cui Gamberetta inaugura il nuovo genere (da lei inventato - ma io ci vedo la pesante influenza dell'esimio Duca!) del Military Aetheric Fairypunk.
Rimando al post specifico della crostacea per precisazioni e commenti alla diretta interessata.
Ammetto che all'annuncio dell'uscita di Assault Fairies ero tutto trepidante e l'ho scaricato in tutti i formati possibili (letto in ePub sul mio "nuovo" Cybook Opus: una goduria, e ora mi sembra assurdo che pochissimi possiedano un marchingegno simile).
Non so se il giudizio maturato sia dovuto a una possibile Anticipatory Attitude Change¹ o a un sincero parere personale scevro di pregiudizi (positivi o negativi).
Fatto sta che non mi sono trovato davanti a ciò che mi aspettavo.

Meglio ordinare tutto in una lista dei pro e contro in simultanea.


- Tecnica
[Pro.]
Molto show e niente tell. Termini adatti allo scopo prefisso, ritmo incalzante.
[Contro]
Troppo show, anche quando non serve. Ci sono scene "meccaniche" in cui si mostrano tante di quelle cose che il lettore è costretto o a conoscere nei dettagli il funzionamento del macchinario (e quindi può leggere in fretta senza intoppi, figurandosi tutto in testa), oppure deve fermarsi e riflettere su ogni parola - ma anche così la scena è probabile che rimanga oscura.
[Pro.]
Uso della prima persona e uso del presente. Chiunque abbia letto un manuale di scrittura saprà che la prima persona dà credibilità alla storia, favoriesce l'immedesimazione nel personaggio, e nel complesso insieme all'uso del presente la lettura viene facilitata.
[Contro.]
L'uso di una prima persona al di fuori di uno stile biografico/diaristico è rischioso: limita i pov a quello del protagonista, quindi restringe la visuale degli eventi e delle informazioni al lettore, nonché lo spettro della storia - soprattutto quando è così ricca di elementi -, e a mio avviso, in questo caso, riduce la potenza del racconto.
Oserei aggiungere che la prima persona non giustifica gli infodump; i pensieri infodumposi della protagonista non sono credibilissimi, ma si possono accettare senza problemi. Tuttavia l'infodump non compare proprio quando dovrebbe (per esempio, per spiegare svariati meccanismi troppo mostrati, o per definire le svariate strutture dimensionali, ecc.)

- Background
[Pro.]
L'ambientazione "storica" non si sente granché, nel senso che l'elemento fantastico prevale su tutto - basti pensare che il mondo è filtrato dal pov della fata. Ma è preferibile così, dato che le fatine sono più importanti dello squallido mondo degli umani.
L'ambientazione è ricchissima di spunti interessanti, sia dal punto di vista tecnologico che da quello fantastico.
[Contro.]
Non mi è stata molto chiara la natura della magia delle fatine. Cambia la realtà o è pura illusione? Ovviamente non è pura illusione, visto i modi in cui viene usata, ma allora mi chiedo perché in certe occasioni non è stata sfruttata? Esempio random con SPOILER: quando le fatine usano la posta pneumatica per essere trasportate (idea mitica), non dovrebbero avere nulla da temere per la loro incolumità: la magia potrebbe risolvere tutto, dalla mancanza di aria agli spigoli appuntiti. Forse l'esempio non è dei migliori, ma a mio avviso tante situazioni potevano verificarsi diversamente, con un uso intelligente della magia. /SPOILER
Altro contro, la ricchezza di elementi retrofuturistici è un'arma a doppio taglio. Nel modo in cui vengono presentati mi sono sembrati un'accozzaglia enorme di cose, e questo mi ha portato ad apprezzare molto alcuni elementi e a storcere il naso ad altri (e.g., l' "Inception" fatato).

- Personaggi
[Contro.]
Lo ammetto, le fatine non le ho distinte l'una dall'altra. Volendo, non potrei neanche votare la mia fatina preferita, perché l'unica davvero caratterizzata è la dinamitarda - ha il suo perché, alias l'esacerbazione dei tratti comici, una sorta di caricatura che non risulta affatto poco credibile perché, diamine, è una fatina!
Le altre fatine non le ricordo affatto. Ricordo che le loro magie avevano odori diversi, forse anche i capelli erano diversi, ma il problema è che non sono state propriamente caratterizzate.
Come ben sappiamo, quando i personaggi sono diversi è bene ricordare al lettore le loro caratteristiche. Per quanto possa risultare noioso all'autore, sarebbe troppo semplice fare un ritratto veloce nella presentazione del personaggio e lavarsene le mani per le pagine restanti.
La caratterizzazione risulta tanto più efficace quanto più rimane costante nelle pagine. Basta poco, per esempio ribadire che Fatina X ha i capelli verdi e lunghi (o corti), a pagina 10 si può dire che il vento glieli sbatte contro il viso, a pagina 15 si può dire che la fatina se li liscia nervosa, a pagina 17 che se li scosta dalla fronte ecc.
Non è difficile, ma ci vuole pazienza e capire che l'attenzione del lettore è fluttuante.
[Pro.]
I conigli fumatori sono i personaggi meglio caratterizzati. Dico sul serio: sembrano vivi, hanno una loro personalità, si comportano in maniera "naturale" nella storia. Sono il capolavoro del romanzo. Gli altri personaggi risultano piuttosto vuoti, privi di sentimenti veri e propri.

- Flashback / Cambi di scena
[Pro.]
La presenza di diverse dimensioni è figa. Soprattutto la flessibilità con cui una fatina può passare dall'una all'altra. Apre una marea di possibili sviluppi ( [contro.] sviluppi che nel romanzo sono stati affrontati in maniera concentrata, un po' come un caffè ristretto in una tazzina all'italiana, contro la possibilità di un bel cappuccino in bicchiere di carta da 250ml con schiumetta, panna, cacao e cioccolato liquido alla Starbucks, un insieme di sapori da gustare a lungo).
[contro.]
Per la prima parte del romanzo non capivo se la protagonista fosse sempre Astride (nome che ho memorizzato a metà opera) o se ci fosse un cambio di pov. Dopo che ho capito, ho cominciato a confondermi con le diverse dimensioni, ho realizzato che la fatina può andare nell'Aldilà, poi nelle menti altrui, poi in una dimensione diametralmente opposta a quella umana ma altrettanto indipendente, il Reame fatato. Però ormai era troppo tardi: se l'avessi capito subito avrei gustato meglio tutto il resto.

Conclusioni
Tirando le somme, Assault Fairies è un romanzo scritto bene e con ottime idee. La pecca, a mio avviso, sta nell' "approccio" con cui è stato sviluppato. Sembra che il riflettore sia puntato più sulle idee che sulla storia, e più sulla tecnica che sull'ispirazione. Credo che se si fosse prestata maggiore attenzione alla storia in sé, al suo sviluppo, e se si fossero usati gli altri elementi come strutture gregarie, piuttosto che come motore principale, il risultato finale sarebbe stato di gran lunga migliore.
Inutile dire che raccomanderei ugualmente di leggerlo, a chiunque; la qualità di uno scritto in prosa si può vedere dalla prima pagina (oserei dire dalle prime righe, ma non voglio sbilanciarmi). La qualità di Assault Fairies si vede dalle prime righe, e questo basta a preferirlo al 90% dei libri che si trovano in libreria.
Con la differenza che questo è gratis.


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¹ - In Psicologia Sociale, è un fenomeno che si può verificare in risposta a un messaggio persuasivo o a un compito relativo a un giudizio (persino un parere), per il quale le persone (i soggetti) tendono a cambiare preventivamente il loro atteggiamento riguardo a qualcosa - anche contrariamente alle loro credenze precedenti - in risposta a uno stimolo esterno, sostanzialmente per non fare la figura degli allocchi, per puro "anticonformismo" nei propri riguardi, ecc.
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Link utili
[in realtà solo uno]

domenica 3 luglio 2011

L'eBook reader di Taotor

Infine l'ho comprato.
Dopo essermi informato anni fa, e informato ancora, decisi di affrontare l'acquisto, ma di aspettare un calo del prezzo.
L'anno scorso avevo intenzione di comprarne uno. Il Cybook Opus, che nel luglio 2010 costava 149€ al Mediaworld di Chieti, è stato mio ieri - o meglio, oggi - al prezzo di 111€.
Il primo modello, il grigio, comprato ieri, si è scoperto difettato. Dopo la carica non si è acceso, in nessun modo. Quindi l'ho sostituito col secondo - nonché ultimo disponibile - modello, arancio. Questo funziona alla grande.
Una foto del neonato (si fa per dire, visto che è un modello vecchio):
Le caratteristiche:
Schermo: 5 pollici eInk electronic paper display, risoluzione 600 x 800 pixel a 200 ppi, 4 livelli di grigio, orientamento automatico
Dimensioni: 151 mm (altezza) x 108 mm (larghezza) x 10 mm (spessore).
Peso: 150 gr.
Memoria: 1 GB. Espandibile tramite schede microSD.
Autonomia: 8’000 cambi pagina circa (2 settimane).
Connettività: USB.
Formati eBook supportati: HTML, TXT, PDF, EPUB
Dimensioni testo: 12 diverse grandezze di testo.
Accessori inclusi: cavo USB per connessione e ricarica da PC, custodia protettiva in pelle sintetica nera

Il modello sarà anche vecchio, ma con un confronto fatto con altri lettori esposti, sono arrivato a queste conclusioni.

1. La maggiore comodità dell'eBook rispetto ai libri trascende i modelli dei dispositivi stessi, siano essi giurassici o fantascientifici. Questo significa che il discorso "questo modello è migliore dell'altro" può valere limitatamente all'interesse per la tecnologia in questione, ma da un punto di vista oggettivo, qualsiasi eBook reader è migliore di un supporto cartaceo (i motivi, nel dettaglio, a seguire).
2. Il motivo principale per cui una persona decide di comprare un eBook è per risparmiare. Nessuna persona sana di mente decide di comprare qualcosa che può avere gratis, si parli di musica, film o libri. Le band si supportano con le vendite on line (come fecero i Radiohead), o coi concerti, non con gli album. I film ricevono sovvenzionamenti da banche e da Dio solo sa quali altre società, le serie tv fanno milioni anche se il mondo le guarda in streaming, e i libri costano un botto per colpa della produzione cartacea, il trasporto, le tasse e i triccheballacche vari.
Se un libro costasse 1€, nessuno penserebbe alla deforestazione, a incentivare direttamente gli autori, al peso del libro, alla comodità del trasporto e cazzate varie da hipster. Lo comprerebbe e basta, perché se è bello o brutto, è costato quanto un biglietto del pullman, un po' di più di un pacchetto di gomme.

Torniamo a noi.
A me interessa leggere un mucchio di libri, tutti quelli che voglio, a costo infimo o pari a zero, e poterli portare tutti al cesso, a lezione, in bus, in treno, per strada, per sfruttare le dannate attese della vita.
Grazie all'Opus posso leggere gli ebook degli amici o libri che in libreria dovrei ordinare e attendere per 10 giorni o più. Oggi finisco Assault fairies, scaricato gratuitamente, domani forse mi leggerò (finalmente) Le porte di Anubis o chissà! Questo è il bello.
L'anno scorso comprai, con un'offerta 3x2, tre classici Oscar Mondadori, e due libri di Martin dalla Mondadori di Piazza Duomo, in occasione del concerto dei Muse. Spesa totale: qualcosa come una 40ina di euro (e in più Lord Mondador mi ha rubato l'anima all'interno del suo palazzo oscuro, brrr)
All'interno dell'Opus ho trovato già 150 libri, perlopiù classici, e tra questi c'erano gli stessi che avevo comprato l'anno scorso. Che culo!

L'Opus è tascabile grosso modo come una Moleskine:
considerando che la Moleskine è un taccuino infimo, ci si rende conto che il lettore ha un ingombro paragonabile a un iPhone. Ingombro plausibile per un lettore eBook, assurdo per uno stupido cellulare (da centinaia di euro, che ops, ti cade, si fracassa, so' pianti amari).
La leggibilità è naturalmente ottima. Certo però, questo modello, un po' arretrato, ha uno schermo un po' opaco che ti fa venir voglia di alzare l'illuminazione (che non c'è, com'è normale che sia). Difatti i modelli più recenti hanno uno schermo più brillante, con un contrasto più elevato (meno nebbioso), tale tecnologia e-Ink pearl.
La differenza tra eBook e carta si fa però più significativa a favore di quest'ultimo, qualora si riducano le dimensioni del testo dell'eBook. Esempio:

Bisogna precisare, però, che in questo caso io ho voluto diminuire le dimensioni del testo. Con un libro, però, il testo non lo si può né ingrandire né diminuire.
C'è da precisare che diminuendo le dimensioni del testo ho la possibilità di pigiare meno volte il tasto per voltare la pagina. Il refresh non è la cosa più bella del mondo da vedere, soprattutto col suo secondo e mezzo di intervallo, per cui preferisco rimpicciolire le lettere ma leggere per più tempo, invece di stare a pigiare come per giocare a un videogame.
Altro elemento a favore, sono le dimensioni "assolute", peso e ingombro generale. Ho sovrapposto l'Opus a Notre-Dame de Paris di Hugo (il libro gratuito che usciva dal 3x2 degli Oscar: dopo una ventina di pagine ho capito di aver sprecato la scelta di un libro omaggio, ma ha fatto il suo ruolo per questo articolo, lol). Ecco le silhouette:

Vista superiore (copertina)

Vista laterale (dorso)

Più tascabile di un tascabile, sottilissimo e molto più leggero di un cellulare.

Veniamo ai contro.
La velocità del sistema operativo. Non è lento da far impazzire, né da dare troppo fastidio. Ma siamo abituati alle cose veloci, e attendere la selezione di un'opzione fa girare un po' le balle. Ma è questione di abitudine. In fondo, di solito si legge un solo libro alla volta, quindi basta premere On per accenderlo e l'Ok per l'ultimo libro selezionato. Non vanno via più di venti secondi, forse. Che non è poco, ma ricordiamoci che stiamo risparmiando fior di quattrini in libri, quindi dobbiamo accontentarci (e di sicuro ora faranno modelli più veloci).

Il menù. Per trovare i libri che avevo inserito ci ho messo un po', perché per qualche motivo anche scegliendo l'ordine di catalogazione, non mi sembrava rispettasse né il criterio alfabetico né quello delle dimensioni del file o della data. Se si aggiunge la lentezza dell'OS nelle operazioni, cercare un libro tra tanti dà un po' sui nervi.

Il design. In realtà ha una forma molto bella, né troppo tecno-tamarra, né troppo pseudo-professionale. Il mio problema è come diamine afferrarlo. Proprio oggi ho provato a leggere per strada, tornando a casa. Ok, ora che l'ho scritto mi rendo conto di quanto bisogna essere nerd/rincretiniti per pensare a leggere mentre si cammina. Ma mi son reso conto all'istante che la cosa funzionava: camminavo e leggevo senza troppi disagi, e se provate a guardare le persone per strada vi accorgete che fanno la stessa cosa... coi cellulari. Il che è anche peggio - puoi textare a casa, per strada puoi chiamare comodamente. Ma a parte questo punto a favore, durante il cammino avevo la paura folle che il lettore mi sfuggisse di mano e si fracassasse per terra. Questo perché lo schermo occupa tutto lo spazio, e l'unico bordo più grosso è quello inferiore, dedicato ai tasti di navigazione, da dove però si mantiene tra pollice e indice e medio. Così il peso rischia di sbilanciarsi da un momento all'altro, e i contorni bombati non presentano adattamenti ergonomici.
L'unica alternativa è tenerlo nel palmo, tra il pollice e le altre dita, e aiutarsi con l'altra mano quando si cambia pagina (cambiando la presa per premere il pulsante per la pagina successiva può benissimo sfuggirti di mano).

Tutto sommato, mi rendo conto di aver fatto una cavolata: avrei potuto benissimo comprarlo prima. Con un resoconto retrospettivo, durante l'anno accademico non ho letto praticamente nulla, quindi no, comprarlo a 150€ in teoria non mi sarebbe convenuto, economicamente.
Ma la cosa magica dell'eBook è che permette di farti leggere nelle occasioni più impensabili, e incrementa le stesse voglia e possibilità di leggere. Quindi, tornando indietro nel tempo, se avessi cambiato gli eventi, forse a quest'ora avrei già letto più titoli di quanto posso immaginare.
Mi chiedevo se l'aggeggio convenisse al lettore casuale. Se per casuale intendiamo un libro all'anno, forse converrebbe poco. Ma se qualcuno legge anche pochissimo, di sicuro legge più di un libro all'anno. Mettiamo anche due. A questo punto è un po' come pensare se comprare o no una casa in cui si deve stare in affitto per il resto della propria vita o quasi.
Tanto vale investire il denaro per comprarla.
Idem per gli eBook. Se due libri all'anno fanno 20€, in 5 anni il lettore casuale tornerebbe comunque nella spesa. Ma facciamo una stima realistica. D'estate si legge più di qualsiasi altro periodo. Ponendo almeno due o tre libri solo durante l'estate, uno durante le feste natalizie e un altro in un periodo random (ferie?), l'acquisto vale i soldi spesi in un solo anno.
Sì, consiglio vivamente a chiunque legga più di un libro all'anno di regalarsi questo affare; costa meno di un cellulare, fa risparmiare un sacco di soldi, e senza dubbio dà un maggiore, autentico valore alla lettura.

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Link utili
[Nota: Gli unici link utili sono i due citati all'inizio:]
[Tutto il resto è ridondante.]