venerdì 30 settembre 2011

Impressioni | The Shrine, Ironclad, Black Death, Barbarossa

Altre impressioni di altri film visti durante l'estate. Altra occasione, per chi lo desiderasse, di avere un'idea dei seguenti film, e capire se vale o no la pena perdere 90-120 minuti della propria vita, vedendoli in streaming, scaricandoli da qualche parte, affittandoli (LOL!).
Questi primi due film sono stati consigliati da Zweilawyer, per cui inauguro la:

Zwei-Zone.
Film in questione: The Shrine e Ironclad (link diretti alle pagine di Zwei).

The Shrine, film horror 2010The Shrine (2010)
Si tratta di un horror ambientato in Polonia. Mistero, gente scomparsa, giornalisti che vanno a indagare, un villaggio contadino e superstizioso, una setta antica e un idolo terrificante.
C'è anche la nebbia!
A Sam Raimi e La Casa piace quest'elemento.
Sinceramente ho visto (survival) horror migliori, soprattutto per trama. Questo è horror "vecchio stile", c'è un po' di gore, e il classico schema "Ne rimarrà solo uno" intuibile tipo da subito. C'è da chiedersi solo chi. Non c'è autoironia, non ci sono tette, niente assassini nella doccia, niente assassini voyeur che colpiscono sul più bello, non c'è nemmeno il negro che muore per secondo per tokenismo.
Qualche sorpresa verso la fine la dà, ma, ripeto, in giro ci sono horror migliori, anche meno scontati. Può rappresentare un passatempo qualsiasi: i cultori dell'horror, se apprezzano queste premesse, allora apprezzeranno anche il film. Altrimenti, credo che la scarsezza di originalità possa deludere i più
Ma nel dubbio, io opterei per altro.

Ironclad, film storici medievali 2011Ironclad (2011)
La vicenda dell'assedio di Rochester cinematografata.
Leggasi: un altro film medievaleggiante per tutti i fan della storia, delle cotte di maglie, degli spadoni, delle battaglie al macello, degli arti amputati, dei volti macchiati di sangue altrui, e di tante lame arrugginite che si alzano contro esseri umani in un'apoteosi di violenza gratuita.
Insomma, cultori di Fantasy e medioevo.
A parte la vicenda storica, credo che la scelta narrativa, alias far svolgere il film per il 98% nel castello assediato, sia abbastanza originale. Non che non si sia mai fatto, ma per quanto appassionanti le quest con relativi viaggio, incontri, scontri, tradimenti, vittoria, premio sono sempre lo stesso brodo, cambiano i personaggi - e manco tanto - e qualche obiettivo, ma alla fine siamo là.
Tutto sommato, è un bel film.
Chi, come me, ha o ha voluto vedere il più alto numero di film medievali possibili, saprà che una volta tolti i più noti, e anche quelli di seconda scelta, si rimane con un pugno di mosche in mano, e l'uscita di nuovi film è cosa buona e giusta.
Consigliato a tutti, ancor di più per gli amanti del medioevo (quindi del Fantasy), delle spade e del sangue.

E ora, due film che ho visto e che ripropongo io.

Black Death, con Sean Bean, film storii medievali 2011Black Death (2010)
In Italia è uscito quest'anno, direttamente in dvd. Mossa azzardata, visto che con A game of thrones della HBO il nostro buon vecchio Borormir Sean Bean guadagna molti punti e conquista il cuore di svariati fan. Peggio per loro, tanto il film si può sempre scaricare.
Black Death è un film ambientato, come suggerisce il titolo, durante il periodo della peste - quella del 1348, non quella dei Promessi Sposi. Sean Bean è un badass unto del Signore che in Suo nome combatte il Male. Insieme alla sua compagnia di brutti ceffi, recluta un giovane prete per andare a caccia di un necromante da eliminare nel nome di Dio (o qualcosa di simile).
La compagnia si imbatte in uno strano villaggio dove la peste sembra non essere arrivata...
Il film non è male, innanzitutto perché c'è Borom... Eddar... Ulric, alias Sean Bean, che dopo aver fatto la testa di ca*zo nel Signore degli anelli si riscatta, finalmente, diventando l'eroe protagonista amato da tutti.
Non è male anche perché prevede un piccolo viaggetto e una piccola missione. Non è epico.
Il vero protagonista però è il monaco, e la sua fede (e la fede di tutti) che vacilla di fronte alla potenza distruttiva della malattia e della morte.
Non ci sono battaglie e grandi spargimenti di sangue. O almeno, non li ricordo, a parte qualche scontro silvano. Più che altro il film punta sull'atmosfera, un po' sul mistero, e la parte finale è un - come detto prima - presumibile "Ne rimarrà soltanto uno" o giù di lì.
Se ci si aspetta una ricostruzione medievale, spade, sangue ecc. si rimarrà un po' delusi. E' più un mezzo thriller medievale, il pretesto della peste giustifica l'isolamento sociale del villaggio e l'impatto psicologico delle relative superstizioni (cristiane e pagane).
Lo consiglio meno di Ironclad. Però c'è Sean Bean!!!!!!11uno


film storici medievali, Barbarossa, Renzo MartinelliBarbarossa (2009)
Roba nostrana. L'ho scaricato così, me lo son trovato sul web con tanto di link e tutto il resto e ho pensato: Perché no?
Non l'avessi mai fatto. Ci ho messo quasi una settimana per finirlo.
Vi rimando a questa recensione di cineblog, assai esaustiva e sincera - e a tratti divertente.
La condivido in tutto. Questa parte combacia con le mie primissime impressioni:
Attorno a questo desolante quadretto attoriale, Martinelli ci infila una serie di comparse assolutamente imperdibili. Non c’è scena, infatti, in cui i ‘figuranti’ non regalino espressioni da morir dal ridere, facendo precipitare tutto sempre più nel patetico. Patetico come gli “effetti speciali”, sinceramente ridicoli, il miliardo di ralenty, il gratuito e pesantissimo finale pulp, l’onnipresente colonna sonora che strizza più di un occhiolino al Gladiatore, la fotografia alla “Centro Vetrine” o le scene di presunta azione, caotiche, zeppe di primissimi piani, quasi sempre incomprensibili e non aiutate da un montaggio televisivo che finisce per ammazzare definitivamente il tutto.
Perle di lollosità:
Raz Degan, che a forza di bere Jagermeister è riuscito a diventare addirittura il William Wallace della Lega Nord
E in più nel film c'è anche un cameo di Bossi! A voi:

Cameo di Bossi in Barbarossa di Renzo Martinelli

Sembra, a quanto pare, che il film abbia suscitato polemiche per l'intento politico (oltre che per i 30 milioni di euro messi in gran parte dalla Rai, euro tra i quali ci sono anche i soldi di noi contribuenti).
Se vi capita di vederlo, sebbene da un lato potreste apprezzare il doppiaggio - perché, mi pare, nonostante l'ipotetica giraffa, in ogni scena tutti gli attori sono stati doppiati, da loro stessi o da altri, e per fortuna!, visto che a sentire Raz Degan c'è da togliersi la vita -, è ridicolo il perbenismo e il fortissimo sentimento di nazionalismo che pervade il film. Quanto a [in]congruenze storiche, non so, non ci ho badato perché non me ne intendo.
E poi ero troppo impegnato a ridere.

lunedì 26 settembre 2011

Carrellata estiva cinematografica 2011 & nuove rubriche

Ecco a voi una carrellata di film che ho visto tra la fine di luglio e l'inizio di settembre. Nulla di specifico, solo due chiacchiere davanti a un caffè. Può rappresentare un'utile lista da cui biffare ciò che conviene da ciò che non conviene vedere, risparmiare tempo, banda, soldi (per i nostalgici che affittano i film). Non c'è niente di peggio di un film pessimo consigliato dallo stronzo sfortunato di turno che rovina la serata con gli amici per colpa di semplice inconsapevolezza.
L'ordine dei film è assolutamente arbitrario. Cominciamo:

Magnolia (1999). Il miglior film che vedo da tipo cinque anni a questa parte. Vedo che regia, soggetto, sceneggiatura e produzione sono tutti di Paul Thomas Anderson (all'epoca 29enne, addirittura). Questo film è un capolavoro come American Beauty, Eternal sunshine of the spotless mind, Into the wild, Cast Away. Film che vale la pena di vedere o per la sceneggiatura magnifica, o per il magnifico sviluppo dei temi affrontati. Magnolia dura 193 minuti, bello lunghetto, ma vale la pena. Un Tom Cruise che non avevo mai visto - certo, ha sempre la faccia di pietra come molti altri attori di dubbie qualità recitative, che non ti fanno capire se sono tristi o felici, ma ha i suoi momenti di gloria.
Da vedere. Assolutamente.


Toy Boy (2009). Wikipedia lo porta come "commedia, erotico". Io lo definirei: "Filmetto del cazpero". Non ne avete mai sentito parlare? Non stupisce.
Negli Stati Uniti il film è uscito nelle sale cinematografiche il 14 luglio 2009. L'edizione italiana è invece stata distribuita direttamente per il mercato home video con il titolo Toy Boy.
Di che parla? Com'è? Be', avete visto, c'è Ashton Kutcher, che ad alcuni sta un po' sul cazpero. Se costoro vedono Toy Boy, lo odieranno ancora di più. Nel film è un latin lover (colle bretelle pretende di essere sexy? Ma scherziamo?) che campa seducendo ragazze ricche, di cui occupa la casa, si fa mantenere per un certo periodo e poi passa ad un'altra ragazza e così via.
Per usare un termine tecnico, questo film è una [mezza] cagata pazzesca! [d'ora in poi e per sempre: èucapa!!, acronimo largamente utilizzabile come sostantivo o verbo irregolare universale]. Mezza cagata perché ci sono tette. E le tette danno sempre un sacco di punti a qualsiasi cosa. Per amor dell'arte mi trovo "costretto" a inserire almeno un fotogramma (assai soft).



Outlander (2008). Non è un film originale, sai già come va a finire e c'è solo da chiedersi quali personaggi secondari moriranno o resteranno in vita.
Oserei definirlo abbastanza trash, non fosse per la qualità notevole degli effetti speciali.
Parla di un tale che viene dallo spazio e cade colla sua navicella sulla terra, nel 709 d.C., in Norvegia, coi vichinghi, e porta con sé qualcosa di terribile, di tremendo, di ineffabile.
L'outlander dovrà unirsi con i vichinghi per sconfiggere la minaccia aliena.
Il film non brilla per originalità della storia, né per lo sviluppo della trama, né per qualche idea degna di nota. Semplicemente, è l'ennesimo film che ti fa passare quei cento e qualcosa minuti senza annoiarti troppo. Ci si può comunque gustare la fotografia che - quando si parla di produzioni simili è anche scontato dirlo - è notevole.
Non so se è più trash l'idea di alieni tra i vichinghi, il gioco del salto sugli scudi, o della spada fatta con... be', non vi rovino la serata trash che, immagino, starete già programmando. I pop-corn fateli col miele, ché so' la fine del mondo.


Nel paese delle creature selvagge (2009). Altro non è che la versione cinematografica del romanzo di Sendak, molto famoso in America, un po' come Pinocchio per noi.
Un'utopia, mondi alternativi, idee visionarie, fuga dalla realtà, onirismo, ecc. Queste parole fanno promettere bene. E invece no! Non che sia particolarmente brutto, ma è incredibilmente lento e noioso. Magari l'idea di calcare sulla psiche del bambino che fugge dalla realtà può essere indispensabile e tutto il resto, ma you're doing it wrong! Vi dico io dove lo fanno bene. Qualche film più giù. Vedrete. In generale, psiche fanciullesca, incredibile immaturità (un po' mongoloide, invero) dei mostri e altro ancora mi hanno fatto cadere le palle braccia. E il bello è che erano mesi che cercavo di vederlo, mettevo play, 5, 10 minuti e stop, chiudevo e sceglievo altro.
E il bello è che non sono ancora riuscito a finirlo!

L'apprendista stregone (2010). Che dire? E' della Disney, quelli basta che prendono qualcosa, lo riempiono di amore, di moralità, di filonazismo mascherato, un po' di comicità, qualche fantastilione di dollari, un spinta assurda nel marketing, ed ecco il fenomeno cinematografico, che ti piaccia o no. In alcuni casi fa il botto - vedi I pirati dei Caraibi -, in altri casi va "solo" benissimo.
Graficamente, com'è naturale, è la fine del mondo. Nicolas Cage che fa il mago è troppo un figo, peccato che il film sia da decerebrati, scontato e ridicolo. Di solito Jay Baruchel è divertente negli altri film; ridicolo però, qui, quando fa l'onda energetica stile Dragon Ball.
La Bellucci - che ritengo una bellissima donna ora e per sempre - è inutile come in ogni film che fa, tipo I fratelli Grimm o Matrix. Fa scena, è bella, ma... Basta. Tutto qui.
Alcune frasi sono proprio da facepalm (non ricordo bene ma una faceva: "Non ho bisogno della magia, io uso la fisica!!").
Anche per questo film, se uno vuole godersi un po' di effetti speciali e passare una serata spensierata, politically correct, va bene.

Precious (2009). Film drammatico - ma io ci andrei piano con questa definizione, troppo generica e fuorviante. Parla di una ragazza obesa che vive nel Bronx, analfabeta, abusata dal padre, maltrattata dalla madre, con un figlio down a carico e con disagi psichici.
Devo ammettere che il film è bello in quanto non punta ad essere strappalacrime, ma - è il caso di dirlo - show e non tell. Come si può non "mostrare" in un film? Be', chiediamoci semmai: come si rappresenta di solito, in un film, una situazione drammatica? Musica straziante, focalizzazione su scene drammatiche e di ingiustizia - le ingiustizie provocano rabbia, i drammi tristezza per empatia verso i personaggi; risultato finale: coinvolgimento totale con mezzi tutto sommato, se non meschini, quantomeno scontati.
Precious non è un film scontato. Il disagio in cui vive la ragazza viene addirittura sdrammatizzato con scene allegre che riflettono le sue proiezioni, le fantasie di gioia, fama e apprezzamento accompagnate da musiche vivaci.
I film strappalacrime io li rifiuto a priori. Che senso ha vedere un film per provare dolore? Bisogna essere masochisti! Mi era stato detto che era un film triste, ma non è assolutamente vero. Avevo deciso di vederlo per un semplice fatto "professionale" - vedere come venivano affrontati i diversi temi: scarso livello di educazione nell'adolescente, disturbi alimentari, storia d'abuso in minorenni, conseguenze dell'avere un figlio down: il materiale quotidiano del comune psicologo clinico.
E a proposito di psicologo: se non ricordo male la psicologa del film ha dei metodi a dir poco discutibili - leggasi: "da radiazione dall'albo".
Se vi capita, vedetelo. Ne vale la pena.

Sucker Punch (2010). Menzionarlo è anche troppo. èucapa!! Avevo pensato di recensirlo, appena visto, ma poi mi son detto: non lo merita affatto. Questo film non è fanservice, è peggio, supera i livelli di spazzatura fandomiana. Cosa peggiore, nell'accozzaglia di cazzate che presenta, c'è anche un po' di steam/dieselpunk. Lo rovina. Dirigibili da guerra che cadono per qualche colpo di pistola sparato da terra. Mech con miscugli di tecnologia a interfaccia olografica ecc.
E una marea di altre idiozie che non sto nemmeno a nominare - ma lo farò, perché mi prudono le dita: Samurai-Golem che impugnano minigun in un dojo.
Il "bello" è che non è trash: il trash ha una direzione, per quanto si voglia fare qualcosa di trash si segue comunque una linea, uno schema, ecc. Questo film è cacca allo stato puro, è uno spreco di tempo e di denaro. Ci sono delle ragazze bellissime che sembrano scappate dagli Studios di Brazzers e che fanno tutto ciò che tu vorresti, senza alcun senso (kung fu, armi automatiche, katane, volteggi vari...).
Definirei questo film un insulto a tutto ciò a cui si rifà, thriller, horror, arti marziali, sci-fi, fantasy. C'è persino l'orco Lurtz del Signore degli Anelli!
Lurtz indignato dopo aver letto la sceneggiatura di Sucker Punch

Non vedetevelo. Sprecate il vostro tempo e vi indignate oltremodo.

Il labirinto del fauno (2006). Se leggete questo blog e vi piace il fantastico, lo conoscerete sicuramente. Una storia non proprio per bambini, leggermente "forte" per il modo in cui mostra la guerra, a tratti con tinte horror che un bambino non gradirebbe. Young adults? Non lo so, però non è male. La storia è leggermente favolistica - leggermente -, nel senso che la faccenda delle prove da superare e tutto il resto... come dire, è lame! Roba trita e ritrita. L'intreccio non è complicato, ci sono un paio di colpi di scena non male, ma il film si mantiene su quei toni patetici - proprio pathos - che tanto piacciono agli ispanici.
O almeno credo.
Bella grafica, begli effetti.
Può piacere a chi gradisce il fantastico.

Operazione Valchiria (2008) . Ovvero, il film che parla della vera storia dell'attentato a Hitler.
Un Tom Cruise badass che non mi aspettavo.
Mi spiace ma non ho molto da dire, a riguardo. Non mi intendo di tecnologie dell'epoca, né di storia. La trama, be', è una storia vera, chi osa giudicare la storia?
Apprendo da Wikipedia che Tom Cruise non era ben visto, dai tedeschi, a causa della sua fede scientologyista o come diavolo si dice. Un culto pericoloso, dicono. LOL! E il cattolicesimo dove lo mettono? Fa più paura una sonda aliena nel c*lo o le statue che piangono sangue?
Cavolate a parte, è un bel film. Vedetevelo.

Lo stravagante mondo di Greenberg (2010). L'ultimo film con Ben Stiller. Io amo Ben Stiller. Questo giudizio è viziato.
Anche nel peggior film (tipo I Tenenbaum), Ben Stiller è troppo forte.
Wikipedia lo riporta come "drammatico, commedia". Dicevo prima, appunto, che "drammatico" è un termine generico e fuorviante. E insieme a "commedia" è come dire che fuori nevica ma ci sono 35°C.
Fa ridere, è un film posto in una cornice che definiremmo comica, ma non sguaiata né demente. Ci sono particolari importanti, come, appunto, il disagio psichico passato dal protagonista e la personalità un po' fuori dal comune (sociopatica?). Ma il film merita (ovvio, mi piace Ben Stiller), e c'è più di qualche scena davvero divertente - tra cui un insulto che mi ha fatto morire dal ridere, ma non ve lo svelo.

Termina, dunque, qui la carrellata estiva cinematografica del 2011.
Ma anche no! In realtà non è terminata: i film sono troppi e non posso metterli tutti in un unico post, inoltre non tutti quelli che ho visto sono stati pescati a caso. Alcuni film li ho visti per noia, altri perché ce li avevo sull'hd, altri perché affittati da mia sorella, altri sotto consiglio, altri per ispirazione.
I prossimi post cinematografici apriranno nuove sezioni della Taotor-Videoteca (e non solo):

La Zwei-Zone, ovvero i film [ma anche libri, a breve] consigliati da Zweilawyer e visti e commentati da Taotor. O anche, i film visti da Taotor e proposti a Zweilawyer per opinioni storiche e oplologiche. Ci sono un sacco di film ambientati nell'età antica, nel medioevo, ecc., in cui figurano importanti eventi storici e armi bianche, di cui l'avvocato-archeologo-scrittore è esperto. I suoi pareri a riguardo sono utili e divertenti. E soprattutto, è materiale per nuovi post!

Il Duca-Doom, titolo assai potente, degno del Duca. Rubrica dedicata ai film [ma anche libri, e non solo] in cui figurano argomenti di competenza ducale, quali armi da fuoco di ogni tipo, età vittoriana, storia, fisica, fatine, conigli, tecnologia steam, capitalismo, colonialismo, dittatura, erotismo e tanto altro.

Questo per i prossimi due post di ambito cinematografico. In un vicino futuro ci saranno altre rubriche che coinvolgeranno (suona minaccioso) altri blogger.

E per concludere metto un Taotor-Emblema, ché ci sta tanto bene in tutta questa esaltazione di personalità individualistiche!

venerdì 23 settembre 2011

Nasce Taotor Tumblr!


Era da tempo che dovevo farlo, e alla fine l'ho fatto. Mi sono iscritto a Tumblr. Bisogna che il taotorismo si diffonda, bisogna allargarsi, conquistare nuove terre, esplorare la rete, incontrare nuove civiltà.
Non ho ben capito cosa me ne farò, di tumblr, ma... be', ho sprecato un intero pomeriggio a scegliere il tema, modificarlo (mezzora per capire che dovevo usare il fullscreen di Chrome per vedere il tasto, situato in basso, che mi permetteva di modificare l'html), modificare una mia foto in stile antico e scrivere la biografia.
No seriamente, accetto consigli su cosa farmene.

giovedì 22 settembre 2011

Impressioni | Pride and Prejudice and Zombies, e Abraham Lincoln Vampire Hunter, di Seth Grahame Smith

Più che impressioni, dovrei dire "segnalazioni".
Ho visto questo libro a casa di un'amica, in italiano. Ero abbastanza entusiasta all'idea di un classico rifatto in stile horror. Inoltre la copertina è accattivante, lo ammetto.
L'ho scaricato in lingua originale - anche perché in italiano non l'ho trovato.
C'è poco da dire. Se siete amanti della buona scrittura, dello Show, don't tell, dell'abilità narrativa che ti cattura finché non finisci il libro ecc. ecc., allora questa roba non fa per voi.
E neanche per me.
Non ho mai letto Orgoglio e Pregiudizio, o forse l'ho fatto e poi dimenticato. Ho visto il film! Ma ho dimenticato anche quello, mi spiace.
Nel leggere l'inizio del romanzo mi son reso conto di come lo stile fosse davvero simile a quello dei pesantissimi classici dell'Ottocento. Poi mi son detto: "Ehi, aspetta un attimo! Sull'Opus, appena scartato, c'erano una marea di classici e sicuramente ci sarà anche Pride and Prejudice!"
Ho controllato e, sì - avrei fatto prima a leggere le informazioni riguardo al romanzo su Wikipedia -, questo - e zombie è uguale al romanzo originale. L'autore si è limitato a cancellare qualcosa e inserirne un'altra. Su Wikipedia lo chiamano mashup, e pare che questo sia il primo (e il più imitato, siore e siori!) del genere.
Ricapitolando: Pride and Prejudice and Zombies è Pride and Prejudice più qualche modifica.
Le modifiche, da quanto leggo su Wikipedia, sono carine:
Messages between houses are sometimes lost when the couriers are captured and eaten; characters openly discuss and judge the zombie-fighting abilities of others; women weigh the pros and cons of carrying a musket (it provides safety, but is considered "unladylike").
Forse mi perdo tutto ciò, ma lo stile non mi aggrada affatto, e forse, e dico forse, un giorno, se sarò dello spirito adatto, della tolleranza adatta, e non avrò nulla da fare, ebbene forse potrebbe venirmi in testa di leggerlo.
Sicuramente andrò a vedermi la trasposizione cinematografica che sarebbe già dovuta uscire ma che hanno rimandato.
Ah-ah! Bugia! Non andrò a vederla. Probabilmente la vedrò in streaming. Bazinga!


Dello stesso autore c'è questo accattivante Abraham Lincoln, Vampire Hunter, dal gusto trash come il primo, ma tanto trash proprio non è.
L'inizio è in prima persona, in cui il personaggio si spaccia per l'autore, e spiega il motivo per cui ha dovuto scrivere questa "vera" biografia di Lincoln.
Dopo le prime venti pagine o giù di lì comincia la storia del presidente.
Lo stile è biografico, intervallato da brani estrapolati dalle lettere di Lincoln - come a testimoniare ciò che l'autore sta raccontando.
Non è malissimo, ma a me ha fatto comunque schifo. Troppo lento, lo stile biografico giustifica un po' l'assenza di un POV ecc. (mica tanto), ma il fatto che non è una vera biografia è come dire "facciamola apposta a fare un romanzo lento e noioso su un'idea interessante".
Wikipedia lo porta come "comic novel". Di comico non ci ho visto granché - in realtà non ho mai nemmeno sorriso.
Qualcuno potrebbe apprezzare un brutto vecchio romanzo riproposto alla stessa maniera? Qualcuno potrebbe apprezzare la storia di un Lincoln ammazza-vampiri raccontata da un nonno con l'Alzheimer? Certo, qualcuno c'è sempre. Qualcuno ama anche darsi fuoco alle dita dei piedi.
Forse avrei dovuto continuare a leggere entrambi, non so. Grazie all'Opus, ho la possibilità di leggere il meglio in circolazione, non perdere tempo e non annoiarmi mai. Se qualcuno vuole "sacrificarsi" faccia pure, attendo i più svariati pareri.
Vi lascio con un trashissimo book trailer di Abraham Lincoln, the Vampire Slayer Vampire Hunter. Ecco, se invece di un romanzo fosse un film (anche trash), guadagnerebbe un sacco di punti.



martedì 20 settembre 2011

Impressioni | Abney Park, steampunk band

In cerca di ispirazione musicale steam, ho trovato questa (tra le incredibilmente tante) band come una specie di esponente del genere.
In effetti, apprendo dal web che solo dal 2006 la band decide di diventare un gruppo di Airship Pirates, virando quindi nella direzione della musica steampunk.
Ma come diavolo è la musica steampunk? Me lo chiedevo anch'io. La cosa che vi si avvicina di più, pensavo, è semplicemente l'opera o il folk. Gli Abney Park sfruttano tastiere ad archi e distorsione poco invadente - spesso in palm mute -, il vocalist (Capitan Robert Brown) si muove su toni bassi e voce rauca. In effetti, mi rendo conto che ha l'estensione di un'ocarina tascabile peruviana. Ma nell'atmosfera complessiva ci sta bene, soprattutto perché affiancato da un'altra voce femminile (Jody Ellen) di assai migliori abilità canore.
Non può esistere un rock steampunk in quanto tale, perché lo steampunk stesso è un po' un miscuglio di cose. Gli Abney Park sono un po' gothic, ma sfruttano sonorità folk - fisarmonica e chitarra su ritmi accentuati su secondo e quarto tempo, in stile quasi reggae - ed effetti industrial (o, più che industrial, electrorock). Non mancano anche i tempi marziali, che laddove c'è guerra stanno bene ovunque, diciamocelo.
Sonorità a parte, i brani sono tutti più che sufficienti, a mio avviso. Non spiccano per virtuosismi, anzi, non mi pare neanche di aver sentito alcun particolare assolo nei due album che ho ascoltato, Lost Horizons (2008), e The end of days (2010). Ci sono però alcuni pezzi che spiccano.
Ho gradito molto, per esempio, Letter Between a Little Boy & Himself as an Adult, (in The end of days). Quattro semplici accordi, Cm, G#, D#, G#, con relativi abbellimenti, di grande impatto. Certo, è quasi l'equivalente di Fly, di Einaudi, solo mezzo tono più basso, ma il brano è comunque bello.
Brani come Airship Pirates suonano azzeccati - un po' di chitarra distorta, archi fugaci, ritmo deciso, stile piratesco, assolo di violino, liriche adeguate -, e "legittimano" lo stile steampunk. Peccato che brani come questo non ce ne siano molti: una buona parte delle tracce richiama atmosfere etniche, sia per le melodie che per l'uso degli strumenti.
In alcuni brani, invece, come Victorian Vigilante, l'atmosfera è più quella degli anni '30 del '900, e anche in qualche altro brano. Ma, giustamente, si può considerare l'età vittoriana con limiti piuttosto sfumati e ampi, e tutto sommato non si può richiedere un eccessivo rispetto delle sonorità vittoriane e trascurare altre possibilità musicali (compreso Post-Apocalypse Punk, vero e proprio pezzo punk con relativi power chords ecc.).
Se si apprezza lo steampunk, il gotico, le atmosfere post apocalittiche e il rock privo di artifici tecnici, immagino che l'ascolto degli Abney Park potrà dilettare le ladies e i gentlemen.

venerdì 16 settembre 2011

Impressioni | A dramatic turn of events, dei Dream Theater

Come sempre, l'Internet delle meraviglie permette cose un tempo impensabili, come poter ascoltare in anteprima il nuovo album dei Dream Theater, A dramatic turn of events, giorni e giorni prima della sua uscita ufficiale.
Grazie a Internet ho ascoltato e riascoltato centinaia di volte - vabe', un po' meno - l'intero album.
Mi son detto: "Sicuramente gli svariati recensori faranno paragoni con album precedenti e avranno qualcosa da dire sul nuovo batterista."
L'ultima cosa che avrei voluto fare era proprio il paragone con album precedenti. Ma Thiago Campos, in questa nota di Facebook, ha spiegato come, dovendo fare la cover di On the backs of angels, abbia riscontrato similarità con Pull me under, e, in seguito, con l'intero album Images and words.
Ora, il bel giovane sopracitato ha praticamente fatto l'autopsia musicale di due brani dell'album mettendoli a confronto con Images and words. Trae le sue conclusioni [traduzione mia, pardon]:

Non ho idea del perché i DT abbiano fatto una cosa simile. Forse perché [Images and words] era l'album che li ha "formati", in un periodo in cui era un "o la va o la spacca" per la loro carriera, cosicché fosse un modello d'ispirazione. Forse perché esso rappresenta un nuovo inizio per la band con Mike Mangini, così come quando allora James LaBrie entrò nella band... Forse per celebrare i 20 anni dell'album che ha definito il sound dei DT? Forse hanno solo pensato che sarebbe stata una sfida divertente scrivere nuove canzoni su uno schema prestabilito, un po' come alcuni fan hanno fatto (me incluso) quando lanciarono la gara di composizione Stream of Consciousness nel 2002-2003. Comunque sia, li applaudo per aver avuto le palle di farlo e per il risultato complessivo che alla fine hanno ottenuto. So quanto sia difficile scrivere un brano basato del tutto su un arrangiamento prestabilito e farlo suonare conciso, genuino e ispirato. La tendenza generale è quella di avere un incasinato Frankenstein invece di musica (...)

Mi accodo al suo giudizio finale. Chissenefrega se gli schemi di alcuni brani corrispondono a quelli già usati - da loro stessi. Non stiamo parlando di un Ligabue qualsiasi che usa 4, 5 accordi in ordine sparso sullo stesso ritmo, con testi se non uguali nella forma almeno nella sostanza. E non si parla nemmeno di AC/DC che, per quanto pionieri del rock, non eccellono in originalità, coi loro 4/4 della morte e 2 o 4 accordi tra strofa e ritornello.
Oltretutto, gli album dei Dream Theater si richiamano l'un l'altro, e in ognuno si trova un elemento di originalità che li spinge comunque avanti - vedasi l'assurdo doppio pedale death in Nightmare to remember dello scorso album, o i cori in Bridges in the sky in A Dramatic.
Ancora una premessa - [ah, non aveva ancora cominciato? Dannato Taotor!] - : di solito nelle mie impressioni sugli album mi soffermo su ogni frammento del brano. L'ho fatto anche nell'impressione di Black clouds (i mitici fan dei DT sono persone sagaci, con tanta materia grigia: i commenti a quel post sono l'apice della civiltà, e solo un fan dei DT poteva correggere il Sol diesis che mi ero ricavato in Sol diesis minore: grazie di esistere, gente! Date onore al mio blog!).
In questa Impressione non mi soffermerò granché, perché il tal Thiago Campos l'ha già fatto, ed è uno che ne sa, non come me, strimpellatore e scrittoruncolo da strapazzo.

Veniamo a noi!
Non sarò oggettivo, lo dico già da adesso. I brani che preferisco sono:
Bridges in the sky, perché ha carattere, è uno di quei pezzi che, come il tossico gode nel momento precedente all'iniezione della dose, a me dà un brivido di contentezza appena ne leggo il titolo e vi faccio doppioclick. Bizzarro, per i DT, l'inizio col mantra tibetano e i cori - da qualche parte dicono "gregoriani", ma li definirei solo "cori con eco da chiesa" e basta. Certo, l'entrata della batteria e le prime note distorte del riff rimandano pesantemente a Laid to rest dei Lamb of God, ed è leggermente fastidioso, ma solo per chi conosce bene la canzone, immagino, o finché non ci fai l'abitudine. Il ritmo sincrono di grancassa e riff in palm-mute è coinvolgente. La strofa non mi piace granché, ma il ritornello è già meglio. Assai meglio. Ha tonalità che mi ricordano, tutt'al più, l'album Octavarium. Nel passaggio tra ritornello e strofa il doppio pedale mi fa godere, ma vabe', sono un nostalgico del power, che ci posso fare. SUBLIME il penultimo ritornello che precede gli assoli, "And at last the time has come /To unite again as one/To the power of the Earth/I'm calling / Crossing bridges in the sky/On a journey to renew my life" e da qui, il passaggio epico - non ci sono altri termini - che accompagnano l'ultimo verso, "Shaman take my hand". E via con le varie scale etniche e assoli assortiti.
Lost not forgotten ha un inizio di piano che non mi dice granché, fino all'entrata di chitarra e la magnifica pseudo cavalcata che accompagna la melodia (dico pseudo perché sebbene vi assomigli, non mi pare che sia una calvacata). Il ritmo si avvicina quasi a The Dance of eternity, quello della strofa funziona bene - o almeno a me sembra -, ottima la successiva tonalità più alta e il controcanto - che, paradossalmente, a mio avviso dà molto più valore alla criticata voce di LaBrie. Il ritornello è evocativo e rimane in testa, così come il riff senza vocals. Lo "stacco allegro" è una bella boccata d'aria fresca. Grandioso anche il momento pre-assoli - classico ormai di molti brani dei Dream Theater - e la cascata di melodie che segue. All'assolo esclusivo di Petrucci si può miracolosamente sentire un Myung che per tutti i brani non prova granché ad arrancare fuori dalla fossa in cui viene sepolto in quasi tutti i brani della band. Provate a seguire entrambe le mani del bassista nel video di On the backs of angels. Suona praticamente tutta la linea melodica della chitarra, scale assurde incluse, con la differenza che nessuno se ne accorge.
Outcry mi piace principalmente per l'armonia del ritornello, accordi e voce hanno un non so che di molto forte emotivamente. A 2:59 circa si può sentire il fade out e acquietamento generale che ricorda un po' Metropolis I, se uno ci fa caso. La tastiera synth è figa. Le tastiere permeano l'intero album, non solo come riempimento orchestrale generale, ma si ficcano in ogni buco possibile. Lo si poteva intuire già da On the backs of angels. In questo brano si può sentire un po' di più il basso del povero Myung.
Ottima l'ultima strofa, la tonalità medio-bassa di LaBrie - l'unica in cui eccelle -, l'arpeggio del piano e la batteria in un semplice 4/4. Le urla finali ricordano molto Prophets of war.

Subito dopo vengono:
Build me up, break me down. Ha un non so che di pop. Il riff è bello, ci mancherebbe. Ma anche qui apprezzo molto il ritornello, in cui trovo molto azzeccata la tonalità al distico "I crush and burn / I never learn". Molto bello il duetto sincrono di chitarra e tastiera (o chitarra overdubbed? Le tastiere di Rudess sono così simili alla chitarra da renderne ardua la distinzione).
Breaking all illusions non è tra le mie preferite. In realtà, per quanto abbia ottime sonorità, non mi cattura granché, soprattutto per colpa delle strofe. Gradisco moltissimo gli assoli (che qui sono numerosi) e le parti di tastiera, compresi quelli inseriti nello snippet. Ma avrà bisogno di numerosi ascolti, e sono sicuro che alla fine sgomiterà con le altre nella mia classifica. Le parti senza vocals valgono davvero tanto.

Sfuse ci sono:
On the backs of angels, ascoltata troppe volte per poterla trovare ancora interessante. I passaggi epici di Petrucci sono grandiosi, in questo album ha cercato davvero una grande epicità, devo dire. Ad ogni modo, il brano in sé non è migliore di altri dello stesso album, e merita di stare più in basso nella mia classifica personale.

Dubbie ho:
This is the life, che mi sembra un po' troppo ballad, un po' troppo lenta, noiosa. Ma non posso che esaltarmi alla chitarra pulita di Petrucci che segue la prima strofa, la tastiera di Rudess che col suo synth ci sta sempre bene. LaBrie smielato su suoni da su-gli-accendini-e-abbracciamo-la-nostra-ragazza-da-dietro-mentre-dondoliamo-osservando-la-band-suonare-sul-palco non mi va molto giù. Ad ogni modo, del brano apprezzo indicibilmente l'assolo di Petrucci. Il resto... mah.

Mi fa cagare:
Far from heaven. L'inizio ha gli stessi accordi di Domani, degli artisti uniti per l'Abruzzo, C, F6, C, Am. Ma almeno quest'ultima è carina.

Enigmatica:
Beneath the surface. L'arpeggio non è male, ma complessivamente mi ricorda molto quel tipo di smielaggine "sbagliata", come ho sopra descritto. Il LaBrie che canta sommesso va molto bene. Il ritornello guadagna molti punti. Ma nel complesso non è un brano che mi va di ascoltare. Ma è mitico, sublime il cambio di tonalità dopo la seconda strofa: quattro accordi G#, A, E B, suonati da archi, batteria dolce, bellissimo assolo di synth di Rudess, e poi i versi assai pittoreschi: "I would scream just to be heard / as if yelling at the stars / I was bleeding just to feel // You would never say a word / Kept me reaching in the dark / Always something to conceal".
Questo brano mi piace esclusivamente per quest'ultima parte.

Ho letto qualche recensione che addirittura criticava l'operato di Mangini, come qui (Metalitalia):
Il nuovo entrato Mike Mangini dietro le pelli ha tutti gli occhi addosso, ma sembra fare il possibile per nascondersi con un drumming affidabile eppur impersonale
Be', è una cosa stupida. Mangini non ha contribuito alla composizione dell'album. Si potrebbe criticare l'esecuzione nei brani, ma anche questo sarebbe da stupidi. Non è chicchessia, la sua esecuzione non può che essere ottima - io di batteria non me ne intendo, ma, diamine, in studio che ci vuole a provare e riprovare finché non esce bene? - e, oltretutto, cosa può esserci di "personale"? Non ha scritto alcuna parte di alcun brano!
Sempre su Metalitalia ho letto:
"mentre con i lenti “This Is The Life” e “Far From Heaven” i Dream Theater vanno sul sicuro, dimostrando di essere ancora in grado di emozionare con melodie ad effetto ed il cantato leggero di un LaBrie ormai sempre più votato alle tonalità medio-basse"
Vada per This is the life, ma Far from heaven. Mah!
Ho letto qualche altro parere altrove, ma diciamo che alla fine si tratta di gusti, condivisibili o meno. Per questo motivo ho preferito dire la mia, ma in maniera soggettiva, senza alcun pretesto di oggettività. E con un tale ritardo - l'album è sul web da più di dieci giorni, forse due settimane.
Dite la vostra, se vi va!

lunedì 12 settembre 2011

Impressioni | Il colore della magia, di Terry Pratchett

Terry Pratchett rientra ormai da tempo nei must della narrativa fantasy.
Mi son deciso di leggerlo ora dopo tanto tempo perché, per fortuna, i gusti cambiano, si "aggiornano", e Terry Pratchett non mi piaceva, tanti anni fa, perché esageratamente fantasy.
Il colore della magia (The colour of magic) è il primo libro della saga del Mondo Disco (Discworld).¹
I libri di Discworld presentano diverse storie. Sebbene sia una saga di diversi libri, ognuno di questi è ambientato nello stesso mondo, che si evolve col tempo, ma i personaggi possono essere diversi (a seconda del "ciclo", Ciclo di Rincewind, delle Streghe, ecc.) e la lettura è ugualmente godibile - a differenza delle classiche, epiche, infinite saghe fantasy.

Questo romanzo funziona.
Non è perfetto, non si avvicina neanche lontanamente alla perfezione tecnica, c'è molto raccontato e il mostrato non è sempre mostrato benissimo - se non in alcune parti -, gli infodump sono numerosissimi, a partire dalla prima frase del romanzo.
I personaggi non sono credibili, alcuni personaggi poi sono del tutto assurdi e incredibili. Il filo narrativo non è lineare, è interrotto in più parti, e sebbene la cornice narrativa sia chiara all'inizio (in medias res, flashback, ritorno al "presente" e continuazione), poi viene rotta, a un tratto addirittura passano mesi in cui si verificano eventi non narrati ma vagamente raccontati per sbaglio.
I POV sono piuttosto "liberi", dove per liberi intendo ballerini e talvolta dotati di volontà propria. Quello principale appartiene a Rincewind, ma lo sguardo si amplia a volte in maniera vertiginosa includendo l’extraumano come parte integrante della narrazione, (ma non vi sarebbe sottesa alcuna una motivazione etica e politica, presumo).²

Queste sono premesse disastrose, per un qualsiasi romanzo - se poi è fantasy, c'è solo da piangere.

Ma il romanzo funziona, o almeno così ritengo, perché la saga di Discworld è una saga di fantasy comico.
Il romanzo presenta diverse parodie proprie del fantasy classico - e dato che l'opera è datata 1983, mi chiedo come, come abbia fatto Pratchett ad avere già le "palle piene" del genere (a sufficienza per una parodia, intendo), visto che il fantasy più denso e stereotipato è proprio di quel tempo o meglio ancora, del periodo successivo, '80-'90, anni che hanno visto la nascita di D&D (1974 con la fallimentare TSR, 1997 con la Wizards of the coast), che ha fornito il materiale per le opere "ispirate" negli anni successivi, anni in cui è comparso il ciclo di Shannara (1977), di Dragonlance (1984), di Magic: the Gathering (1993), e giochi tamarri derivati, come il mitico HeroQuest.
Le parodie sono diverse, e chi è un veterano o un semplice appassionato del genere non avrà difficoltà a riconoscere le "imitazioni" di Conan il barbaro e Red Sonja, per esempio, o addirittura di Star Trek, o più in generale, degli archetipi del genere.
Ma veniamo allo stile.
Infodump: se non ci fossero, il romanzo non sarebbe godibile. [Urla di spavento dal pubblico inorridito]
Terry Pratchett infatti interrompe spesso la narrazione per dare informazioni riguardanti il mondo, informazioni divertenti, che se mostrate, forse, non avrebbero lo stesso effetto - autore e narratore sono la stessa persona, il narratore in pratica è un personaggio, e le cose che racconta suonano coerenti con il resto del romanzo.
Ecco un esempio, un brano che io ho trovato molto divertente [i fan odiano la pessima traduzione italiana dell'opera, ma per questo brano andrà bene]:
Dopo la prima Età della Magia, nel mondo-disco l'eliminazione degli zi­baldoni divenne un serio problema. Un incantesimo è un incantesimo an­che se imprigionato temporaneamente in pergamena e inchiostro. Esso ha efficacia. Ciò non rappresenta un problema finché il proprietario del libro resta in vita, ma alla sua morte esso diventa una fonte di potere incontrolla­to non facile da disinnescare. In breve, i libri d'incantesimi lasciano uscire la magia. Si sono tentate varie soluzioni. I paesi vicini all'Orlo hanno semplicemente zavorrato i li­bri dei maghi morti con pentalfa di piombo e lihanno scaraventati giù dal Bordo. Vicino al Centro, le alternative possibili erano meno soddisfacenti. Una era quella d'infilare i libri in recipienti di ottirono sottoposto a polariz­zazione negativa e affondarli nelle profondità incommensurabili del mare (la loro sepoltura nelle caverne terrestri era stata proibita dopo che alcune province si erano lamentate di alberi che camminavano e di gatti a cinque teste), ma non molto tempo dopo la magia ne trasudava e alla fine i pesca­tori si lamentavano di banchi di pesci invisibili o di molluschi immateriali.Una soluzione temporanea fu la costruzione, in vari centri di tradizione magica, di grandi ambienti fatti di ottirone denaturato,inaccessibile alla maggior parte delle forme di magia. Lì era possibile immagazzinare i volumoni più critici finché la loro potenza si fosse attenuata.
Il riferimento alle scorie radioattive è evidente (Pratchett lavorava presso l'ufficio stampa per la Central Electricity Generating Board, quindi doveva avere un bel po' di esperienza sull'argomento.) Inoltre è divertente l'elemento fantastico (i libri d'incantesimi) calato a pennello dal punto di vista funzionale nell'ambientazione, a sua volta fantastica - il Mondo Disco, il riferimento all'Orlo e alla possibilità di potersi sbarazzare di una cosa semplicemente gettandovela oltre; e sebbene oltre l'Orlo c'è solo lo spazio, non sarebbe neanche giusto pensare che i libri più che cadere giù con un peso appresso dovrebbero fluttuare, perché anche la fisica è fantastica, e il narratore stesso si prende gioco della cosa:
Il mondo del disco offre visioni molto più impressionanti di quelle esi­stenti negli universi costruiti da Creatori dotati di minore immaginazione ma di maggiori attitudini meccaniche.
I personaggi sono buffi e assurdi, assurdi come la Morte e buffi come Hrun il barbaro - e lo humor british dell'autore fa molto.
Esempio:
Nelle terre del Mare Circolare Hrun era uno degli eroi durati più a lungo: un combattente di dragoni, uno spogliatore di templi, una spada mercena­ria, il centro di ogni rissa da strada. Poteva perfino, al contrario di molti eroi conosciuti da Scuotivento, pronunciare parole di più di due sillabe, se uno gliene dava il tempo e un suggerimento o due.
In pratica, è tutto (o quasi) giustificato per il fine della comicità.
Paradossalmente, è più credibile qualcosa che non vuol essere serio o veramente credibile. In qualche punto il romanzo rallenta, e c'è poco di divertente e poco di interessante (il punto forte di Discworld sono proprio le idee originali), ma è cosa da niente. Considerando che leggo principalmente nei ritagli di tempo (sul water, nei viaggi e viaggetti, nelle mezzore appositamente ritagliate, nelle attese varie), è facile per me ritenere noiosa una lettura, perché perdo il filo dell'emozione, per così dire, creata nelle pagine precedenti, e questo è stato rarissimo con Discworld, il che rende Pratchett un ottimo intrattenitore.
La storia in sé è relativa. La forza del romanzo sta nelle idee, a mio avviso.

Terry Pratchett è un buon esempio del fatto che l'uso dello Show, don't tell non è un dogma assoluto da seguire ciecamente, ma semplice buonsenso. Pratchett non mostra tutto il tempo, anzi, il suo forte sta proprio nel raccontare, nella personalità del narratore. In realtà mostra laddove è giusto che si mostri, e per il resto racconta perché la storia lo richiede.
Non si può far altro che raccontare, in scene come questa:
Guardò l'ometto.
— Voi... — cominciò e si sforzò di ricordarsi il peg­giore impropero in lingua trob; ma il piccolo popolo felice dei Trob non sapeva imprecare a dovere.
— Voi — ripeté.
Un'altra figura frettolosa lo urtò, mancandolo di un pe­lo con la lama che portava in spalla. Scuotivento si lasciò andare a uno scoppio di collera.
— Voi piccolo (uno che, con un anello di rame al naso, si bagna i piedi in cinta al monte Raruaruaha durante un violento temporale e grida che la Dea dei Lampi, Alohura, ha i lineamenti di una radice guasta di uloruaha).
Vale la pena leggere Terry Pratchett.
A quanto pare è affetto da una rara forma di Alzheimer precoce e, stando a quanto dice Wikipedia, "Pratchett stated that he wishes to commit 'assisted suicide' (although he dislikes that term) before his disease progresses to a critical point."

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Note:
¹ Sarebbe stato più saggio da parte mia, per completezza, fornire le impressioni anche di The light fantastic, il secondo libro, che è il diretto proseguimento del primo, se non fosse che ogni libro può essere letto singolarmente (tranne il secondo). Ma per me non ha senso dividere un libro in due se il secondo è la diretta continuazione del primo, e dato che un tal dei tali potrebbe trovare questo libro da qualche parte - per esempio, a una bancarella di libri usati - e leggerselo, che senso ha troncare il finale, senza una mezza autoconclusione, né un cliffhanger che lascia e non lascia spazio alla continuazione.
² Non è chiaro quali fossero le intenzioni di Pratchett; pare che attualmente siano in corso studi accademici oltreoceano per poter chiarire la cosa.

venerdì 9 settembre 2011

Favola NIE - Sergente Baffino e la frittura gnomica


L'han letto: altri forti alla ducale chiamata / rispondean da fraterne contrade /affilando nell'ombra le penne / che or levate scintillano al sol.

Ecco la storia si spera all'altezza del New Italian Epic (Fail).

Sergente Baffino e la frittura gnomica


Era novembre, e i conigli di Colle Granturco avevano riposto le armi giacché gli gnomi della valle, dopo la sconfitta nel Bosco di Centopigne, erano stati costretti a gettare lo scudo, recando seco il Comandante Grunko il Gigante.
Si festeggiava, a Colle Granturco, con lattuga fresca, erbetta, sedano e carotine da rosicchiare.
Con le terre prive della gnomica minaccia, Baffino e i suoi amici decisero di lasciare i festeggiamenti per inoltrarsi nella boscaglia e tirare alle fatine con le rivoltelle in dotazione. Così acchiapparono un po' di fuochi fatui dal cimitero fuori città, li infilarono nelle lanterne e vagarono per il bosco.
«Facciamo a chi prende più fatine alla fine dell'alba!» propose Baffino.
«Sì sergente!» risposero in coro gli altri.
Saltellarono ognuno in una direzione diversa, come piccole lucciole nell'oscurità.
Sulle loro teste, un allocco - con la pancia piena e spaventato dalle rivoltelle - disse: «Attenti! Ci sono dei briganti gnomici nei dintorni!»
Ma alle orecchie dei coniglietti giunse solo un richiamo vago, perché non parlavano l'allocchese.

Pazienza” pensò l'allocco, mentre girava la testa in tutte le direzioni per seguire con lo sguardo i leporidi.

La serata non si stava rivelando delle migliori. Al calar del sole, mentre sorvolava la valle degli gnomi in cerca di topi temerari, una gazza era comparsa dietro di lui, gli occhi malvagi scintillanti, e l'aveva costretto a scendere in una picchiata estrema.
Si era rifugiato nell'insenatura del fusto di un grosso tiglio secco. La gazza v'infilava il becco ma lui era fuori portata. Se l'era fatta sotto. Fortuna che nell'albero c'era qualche ragnetto da sgranocchiare, finché la gazza non se ne fu andata.
Baffino mirò e sparò. Sentì un tonfo sommesso. Andò a raccogliere la fatina priva di testa che spruzzava sangue dal collo. Aprì il sacco di tela e la buttò insieme alle altre dieci. Fece tremolare il musetto all'odore di fragola, muschio e cannella che veniva dall'interno del sacco.
«Undici!» gridò. Ma guardandosi in giro vide che solo tre lanterne dondolavano nell'oscurità. Poi due. Poi una.
Infine rimase da solo.
Sei gnomi comparvero alla luce della sua lanterna, circondandolo.

Sono fritto!” pensò Baffino con un fremito.

Calarono su di lui.

Da dilettante WuMing spaccaculi, alfiere dell'innovazione, messaggero della rivoluzione prosastica, arsore di regole, ho cercato di seguire il memorandum, o anche no, a partire dall'assolutamente inviolabile condicio sine qua non il romoanzo NIE non potrebbe (o potrebbe?) esistere, ergo del rifiuto del tono distaccato e "gelidamente ironico" predominante nel romanzo postmoderno, e lupus in fabula, il connubio dell'ironia e del dramma corale si proietta su una dimensione zoologica attraverso lo sguardo obliquo dell'allocco, effige, simbolo, emblema, araldo dell'ineluttabilità umana distorta dal fato meschino che, ceteris paribus, dirama la complessità narrativa unita a un'attitudine “pop” che spesso porta al successo di pubblico, o anche no, ma forse sì; indi, onde restringere la potenzialità degli eventi, il racconto svolge la narrazione di storie alternative e probabili ipotetiche “ucronie potenziali” poiché, etiam capillus unus habet umbram suam, è la possibilità dell'allocco di essere cacciato dalla gazza a scatenare la possibilità del ritorno di quest'ultima al nido, o di non tornare affatto, e via dicendo, ἀπ' αἰῶνος.

WuMing ispiratori: