giovedì 19 luglio 2012

Slow Reading Manifesto di Tombolini

Rigiro e incollo una segnalazione del Duca riguardante il Manifesto dello Slow Reading di Antonio Tombolini, la pagina originale è raggiungibile da qui.
A seguire, alcune opinioni personali e criticabilissime.
Imito l'impostazione ducale, faccio un copincolla becero che non andrò a ritoccare:

***

INTRODUZIONE
La stesura e diffusione dello Slow Reading Manifesto è una iniziativa personale di Antonio Tombolini.

Lo scopo del Manifesto è di valorizzare una modalità di lettura – che chiameremo per l’appunto Slow Reading – che con l’avvento del digitale (ebook, enhanced books, applicazioni varie, ecc…) rischia l’estinzione.
Così come, insieme allo Slow Reading, rischiano di estinguersi i prodotti e le forme di espressione che lo consentono, ovvero i libri.

CHE COSA È IL LIBRO?
Ai fini dello Slow Reading Manifesto, per libro si intende quanto definito e spiegato da Kevin Kelly:

A book is a self-contained story, argument, or body of knowledge that takes more than an hour to read. A book is complete in the sense that it contains its own beginning, middle, and end. In the past a book was defined as anything printed between two covers. A list of telephone numbers was called a book, even though it had no logical beginning, middle, or end. A pile of blank pages bound with a spine was called a sketchbook. It was unabashedly empty, but it did have two covers, and was thus called a book. Today the paper pages of a book are disappearing. What is left in their place is the conceptual structure of a book — a bunch of text united by a theme into an experience that takes a while to complete. (…)

Might the unit of the universal library be the sentence, or paragraph, or chapter article instead of a book? It might. But there is a power in the long form. A self-contained story, unified narrative and closed argument has a strange attraction for us. There is a natural resonance that draws a network around it. We’ll debundle books into their constituent bits and pieces and knit those into the web, but the higher level organization of the book will be the focus for attention — that remaining scarcity in our economy. A book is an attention unit.

Vale la pena salvare lo Slow Reading dall’estinzione perché, se il Fast Reading nutre il nostro bisogno di informazione, esso da solo non basta per il nostro nutrimento spirituale, per la formazione di ciò che siamo in consapevolezza e libertà.

PERCHÉ ME LA PRENDO TANTO? Ovvero: NOI SIAMO LE NOSTRE (MANCATE) LETTURE
Negli anni della mia giovinezza (avevo 18 anni nel 1978, per capirci) divoravo libri. Leggevo dedicando ai libri un sacco di tempo, e quelli che mi prendevano di più li rileggevo, cercando di cogliere appieno anche quel che alla prima lettura avevo solo vagamente sospettato.
Non c’è dubbio che molto di quello che sono sia dovuto anche – se non soprattutto – ai libri che lessi allora. Potrei anche nominare gli autori che mi affiancarono in gioventù, e ancora oggi accendono i miei entusiasmi: da Twain a Péguy, da Lewis ad Heidegger, da Canetti a Pirsig, da Cioran ad Agata Christie, a Leopardi, Manzoni, Nietzsche, von Grimmelshausen, e tanti altri…

Non c’era una programmazione nelle mie letture, c’era piuttosto il lasciarsi guidare dalla sapiente casualità della vita di ogni giorno. A volte il consiglio di un amico, altre una copertina particolarmente attraente, altre volte ancora il piacere di sfidare qualche stupida e infondata idiosincrasia personale, ecco: erano cose come queste a porre questo o quel libro sotto il mio naso. Questo era per me leggere, e lo è ancora.

Temo che questo modo di leggere, che mi pare appropriato chiamare Slow Reading(con ovvio, ma non meno vitale riferimento alle esperienze che ho fatto con Slow Food), corra oggi un reale pericolo di estinzione.
E a dirla tutta, così come nel 1998 la passione per le cose buone à la Slow Food mi motivò a dar vita ad una delle primissime botteghe alimentari online d’Italia (Esperya.com), così poi, nel 2006, è stata la passione per le buone letture (e per i libri)à la Slow Reading a motivarmi a dar vita a Simplicissimus Book Farm, una delle primissime ebook company, non solo in Italia.

SLOW READING MANIFESTO
Lo Slow Reading rischia l’estinzione a causa dell’avvento del digitale e della rete, chesembrano spingere nell’unica direzione del Fast Reading, della Snack Information, del sempre più rapido, corto, veloce, efficiente anche se insipido.

Non deve però essere necessariamente così, e la possibile salvaguardia del libro e dello Slow Reading non può certo darsi in chiave passatista e nostalgica(1), negando o pensando di poter negare proprio i fenomeni di fondo – il digitale e la rete, per l’appunto – che costituiscono l’essenza della nostra epoca.

Qui ha ragione Hölderlin: “Là dove c’è il pericolo / cresce anche ciò che salva“. È là, nel dominio del digitale e della rete, proprio là dove lo Slow Reading rischia l’estinzione, che va cercata e fatta crescere la sua possibile salvezza: è l’ebook, o meglio, può essere l’ebook il futuro possibile del libro e delle buone letture ai tempi della rete. Non si può non ammirare in questo senso la visione e il coraggio con cui Jeff Bezos motivò agli azionisti di Amazon gli ingenti investimenti richiesti dal lancio di Kindle:

Kindle è progettato proprio per la lettura lunga. Noi speriamo che Kindle, e i suoi successori, possano gradualmente e progressivamente spostarci negli anni in un mondo fatto di spazi di attenzione più lunghi, bilanciando così la recente proliferazione di dispositivi tutti dedicati all’informazione-snack. Mi rendo conto di assumere così un tono da missionario, che vi assicuro è del tutto reale e genuino. E non appartiene soltanto a me, ma è condivisa da tante altre persone qui da noi. Io ne sono felice, perché i missionari danno vita a prodotti migliori. (Jeff Bezos, Lettera agli Azionisti Amazon, Aprile 2008)

A quali condizioni? Si tratta prima di tutto di prendere atto della realtà:

  1. La transizione alla fruizione digitale dei contenuti – libri inclusi – è (piaccia o no, e a me piace un sacco) inevitabile e inarrestabile.
  2. La disponibilità di strumenti multifunzione sempre più portabili, rapidi, potenti ealways on (portatili, tablet e smartphone soprattutto) spinge inevitabilmente nella direzione del Fast Reading, del consumo di pillole di lettura sempre più brevi, rapide, facili, e spesso a rischio di uniformità e superficialità.
  3. La disponibilità di strumenti specializzati nella lettura di testi (ereader con schermi e-paper che emulano la carta stampata) crea, per ora in una nicchia limitata rispetto ai tablet ma comunque già molto significativa, una opportunità di esercizio dello Slow Reading digitale.
  4. Editori ed autori che osteggiano o si adeguano con riluttanza alla diffusione degli ebook recano solo danno alla causa dello Slow Reading e del futuro dei libri. Sempre che sia realmente questo che hanno a cuore, e non innanzitutto ed esclusivamente i loro contingenti profitti.
  5. Editori ed autori che, in nome di una malintesa modernità, spacciano per ebook, e dunque per libri, pezzetti di testo brevi, rapidi, alla ossessiva ricerca di una facilità di lettura, fanno solo danno allo Slow Reading e alla causa del futuro del libro ai tempi del digitale.
  6. Lo Slow Reading, e con esso il libro, avranno un futuro soltanto se sapranno trovare posto nel cuore della modernità, del digitale e della rete.

I tratti essenziali dello Slow Reading sono quindi i seguenti:

  1. Lo Slow Reading, pur non rinnegando il suo passato di carta, che anzi ama ancora, sa che il suo presente e il suo futuro possibile è solo digitale. Così come il libro sa che il suo presente e il suo futuro possibile si chiama ebook.
  2. L’ebook vero, quello dello Slow Reading, non è più breve, più rapido, più facile.
  3. L’ebook vero, quello dello Slow Reading, non è un enhanced book, fatto più di suoni e immagini da ascoltare e guardare, che non di testo da leggere.
  4. L’ebook vero, quello dello Slow Reading, è il buon caro vecchio libro, solo che è digitale: fatto solo (o quasi) di testo, tendenzialmente piuttosto lungo, tale da non consentire in genere la lettura completa in un’unica sessione se non a costo di eroismi da guinness, da leggere per lo più tra sé e sé, temporaneamente isolati dal resto del mondo, e immersi nel mondo che il libro in quel momento crea per chi legge. In un atteggiamento che, per la durata della lettura, sequestra per sé tutte le risorse intellettuali e immaginative disponibili.
  5. L’ebook vero, quello dello Slow Reading, è quello che, mettendo a frutto le potenzialità della rete, recupera anche una sua antica dimensione sociale, comecatalizzatore di conversazioni e di scambi del pensiero, nella direzione del cosiddetto Social Reading.

CHE FARE?
Ecco cosa io farò, invitando però tutti quelli che vorranno aderire allo Slow Reading Manifesto a fare altrettanto, e anche di più:

  1. Non dirò più “Ho comprato un ebook, ho letto un ebook“, se poi quel sedicente ebook si esaurisce in poco più che un raccontino brevissimo, o un estratto di un libro intero, o un articoletto.
  2. Userò prevalentemente l’ereader a inchiostro elettronico per leggere i miei ebook: niente navigazione online, niente colori, niente interruzioni e distrazioni, niente riflessi alla luce del sole.
  3. Userò anche il tablet e il computer e perfino il telefonino ogni volta che non potrò per qualsiasi motivo usare l’ereader, ma disattivando la connessione per tutto il tempo di lettura.
  4. Darò vita a gruppi di lettura (online e no) sui libri che mi piacciono, o cercherò gruppi di lettura esistenti a cui partecipare.
  5. Cercherò di sensibilizzare tutti quelli che posso, a partire da questo sito e da questo manifesto, sulla necessità di salvare lo Slow Reading dall’estinzione.
  6. Cercherò di usare il mio ruolo professionale di imprenditore del settore per orientare innanzitutto le mie imprese, ma anche quelle altrui, operanti nel settore dell’editoria, nella direzione di scelte a favore dello Slow Reading.
  7. Cercherò di entrare in contatto con tutti quelli che condividono questo Manifesto e vogliono fare qualcosa insieme a me per farlo crescere e diffonderlo.


(1) Cosa che purtroppo fa, con operazione deleteria, il professor John Miedema nel suo Slow Reading, in cui assegna al perpetuarsi della forma cartacea contro la digitalizzazione la salvaguardia del libro e della forma di lettura che esso richiede: una buona intenzione perseguita seguendo la via errata.


***

Come ho avuto modo di accennare su Baionette, questo manifesto sostiene il principio che ha spinto chi come me ha voluto comprare un eReader per migliorare l'esperienza di lettura, non per cambiarla in una direzione totalmente diversa.
Si legge su eReader per lo stesso piacere di leggere su carta. Adoro un'affermazione di Stephen King in On Writing, in cui sostiene che racconti e romanzi non sono altro che storie su carta. Che la carta sia stampata o digitale è lo stesso, aggiungerei io.
Questo Manifesto mi fa pensare dunque che esiste chi vede nell'eReader una nuova frontiera della tecnologia fine a se stessa, quindi inutile. Un po' come i fallomarmocchi 11enni (viziati) con l'iPhone per i giochini e per farsi le foto con gli amiketti con Instagram. Indispensabile.
Nel post su Un anno di eReader ho scritto e poi cancellato una piccola riflessione, perché mi sembrava pretenziosa, o comunque estremamente personale. La riporto ora, e non pretendo che si sia d'accordo con me.
Ultimamente i dispositivi elettronici hanno migliaia di funzioni, tant'è che se una volta un telefono serviva a chiamare, un computer a fare calcoli o come "macchina da scrivere", e un walkman ad ascoltare la musica (mitici '90s), ora ognuno ha le stesse funzioni degli altri. Computer, cellulari e lettori mp3, tutti si connettono a internet, ti fanno ascoltare la musica, ti fanno giocare, fanno persino foto e via discorrendo.
Non dico che sia inutile: quasi dieci anni fa ero [un marmocchio imberbe che aveva appena finito le medie] a un concerto dei Sud Sound System e un mio amico poté immortalare l'evento con la fotocamera del suo cellulare (al tempo una novità). Io al mio cellulare non l'avevo, e quell'evento della mia preadolescenza è andato "perso", con mio grande rammarico.
Ma il fatto è: ormai le tecnologie ti danno tutto ciò di cui si può avere bisogno. Non muori mica, se stai sul treno per un viaggio di 5 ore e non puoi twittare che ti stai annoiando. E se sul treno in questione ascolti la musica dal cellulare, non lamentarti se la batteria ti muore nel mezzo della chiamata.
Io sono del parere che l'alta specializzazione sia migliore dell'ecletticità. Preferisco avere un lettore mp3 per la musica, un cellulare per le chiamate, una fotocamera per le foto, e un eReader per poter avere tutti i libri che voglio a portata di mano (e non essere costretto a leggere l'unica cosa che hai anche se ti fa schifo).
Forse sarò all'antica, ma almeno ho una batteria carica per ogni funzione.
In ultimo, riporto parte del commento di Tapiro perché il mio pensiero vi si sovrappone:

Per quanto riguarda il manifesto sullo Slow Reading, penso che il punto centrale sia quello del tempo di qualità. Il problema con lo Slow Reading sta appunto nel fatto che brucia un sacco di tempo.
Man mano che passano gli anni, noto con orrore che il mio tempo libero (e quindi quello che posso dedicare alla lettura) si riduce costantemente. Meno tempo ho, più quello che rimane (appunto perché diventa più raro) diventa prezioso. Sono disposto a spendere del tempo a patto che la qualità di quel tempo sia alta. In parole povere: sono disposto a dedicare tante ore alla lettura a patto di leggere roba buona.
Sono meno conciliante con i libri brutti o mediocri rispetto al passato. E direi che anche Gamberetta, dato che da un paio d’anni l’ha fatta finita con il fantatrash italiano.

Quindi mi sembra che una delle migliori iniziative a favore dello Slow Reading sia quella di consigliare libri buoni alle altre persone. Una sorta di garanzia: fidati, puoi spendere 5-10-20 ore della tua vita su questo libro, ne vale la pena perché è una figata.

mercoledì 18 luglio 2012

Impressioni | Occhio nel cielo, di Philip K. Dick

Eye in the sky occhio nel cielo fantascienza Philip K Dick romanzoTapiro mi ha convinto a leggere Dick, e per anticonformismo ho scelto un libro che lui non ha mai nominato. Credo.
Eye in the sky è un romanzo di fantascienza e psicologico in cui, a dirla tutta, il fattore fantascientifico è debole e costituisce essenzialmente un pretesto per il resto della storia.
Jack Hamilton è un ingegnere che lavora presso un'industria missilistica in collaborazione col governo. Siamo negli anni '50, in piena Guerra Fredda. La paranoia per spie sovietiche spinge il responsabile della sicurezza a insinuare che la moglie di Hamilton, Marsha, sia comunista, quindi insieme a lui un pericolo per lo stato, sicché la carriera di Hamilton è compromessa.
Nello stesso giorno, i due coniugi assistono al funzionamento del Bevatrone insieme ad altri turisti. Ma qualcosa va storto e la pedana su cui si trovano viene distrutta: gli spettatori cadono per terra, colpiti dalle radiazioni del macchinario, e perdono conoscenza. O quasi.
Si risvegliano infatti in quello che scoprono essere non il loro mondo, ma un altro: la psiche di uno di loro.
Il resto del romanzo è un viaggio nell'universo psichico di ogni personaggio.

Non avevo mai letto nulla di Dick.
Eye in the sky da un punto di vista stilistico pone premesse pessime: all'inizio, Dick ci rifila infodump e persino un paio di As you know, Bob. Per il resto del romanzo, gli infodump si riducono al minimo trasformandosi in POV a inquadratura più larga (per esempio, il narratore ci dice cosa sta succedendo in un'area fuori dalla visuale del POV protagonista, inducendo quest'ultimo a fare inferenze a dir poco paranormali).
Aggettivi superflui ma soprattutto avverbi pompati di steroidi come se non ci fosse un domani. Avverbi che non passano inosservati, per quanto sono inusuali - persino per il canovaccio narrativo.

Parliamo della storia.
Non conosco le proprietà degli acceleratori di particelle, quindi non capisco se il malfunzionamento del Bevatrone sia un pretesto per il viaggio psichico perchéssì o se si basa su qualche ragione di Fisica (onestamente, ne dubito). Ad ogni modo, l'idea è bella e ricorda tanto - a noi del futuro - qualcosa come Inception.
Il mondo di ogni personaggio rispecchia le proprie credenze. [Accenni di spoiler]: nel mondo di Arthur, vige il Delirio Mistico, in quello della signora Pritchet la censura (come meccanismo di difesa psicodinamico), nella signorina Reiss il Delirio persecutorio, ecc. [Fine dello spoiler.]
Mi ha perplesso la struttura della realtà psichica di ogni personaggio. Sebbene sia il frutto dell'elaborazione del singolo personaggio, che ha il potere di modificarla, non capisco: la signora Pritchet, nel suo mondo, chiede quale zona sia quella che stanno percorrendo in macchina. Mi chiedo: se non la conosce, non dovrebbe nemmeno esistere. E se fosse un prodotto onirico qualsiasi, non avrebbe dovuto essere riconosciuto dagli altri come effettiva copia della realtà oggettiva. Infine se fosse un prodotto collettivo, cioè delle menti degli altri personaggi, ciò contraddirebbe il "metodo" sfruttato da Dick (secondo il quale la mente di un personaggio crea e pone le regole del mondo, a cui gli altri si devono adeguare, e non permette dunque di essere modificato da costoro).
Insomma, mi è sembrato che ci fossero delle piccole lacune, e che Dick abbia seguito un principio estetico più che uno coerente/funzionale).

Lo spessore psicologico dei personaggi è... sottile? A parte il protagonista e sua moglie, i tratti degli altri personaggi prendono forma solo quando la storia sta già carburando (e si volge alla risoluzione). A mio avviso, uno Stephen King avrebbe potuto ideare una storia simile, ma rendendo più complessi i personaggi, dal primo all'ultimo - a costo di qualche pagina in più, d'accordo. E probabilmente avrebbe reso più terribili quegli aspetti che il narratore di Dick si limita a definire "terribili" senza renderli effettivamente tali (senza mostrarli, in pratica, come la casa vivente).

La verità.
Dopo le prime pagine zeppe di avverbi e tell generici, stavo pensando di abbandonare la lettura.
Poi ho immaginato un Tapiro in lacrime e mi son detto no, devo continuare. A convincermi davvero a non mollare sono state le idee, la piega che prendevano gli eventi e la narrazione che, nonostante le "menomazioni", risultava piuttosto movimentata, e le scene condensate in un numero giusto di pagine, senza sciacqui inutili. Per quanto possa averlo dipinto come un orrore, in realtà (questo) Dick è godibile più di molti altri autori, e non escludo che leggerò qualcos'altro, di suo. Sicuramente però non si pone al di sopra della sufficienza.
Gli darei un 6 e mezzo, voto che immagino condividerebbe il lettore medio-esigente. Non escludo che il lettore occasionale troverebbe invece la storia molto stimolante e darebbe al romanzo un voto più alto.

lunedì 16 luglio 2012

TrekStor Pyrus, un buon eReader economico: impressioni fugaci

Ricordavate il post in cui osannavo il mio Opus e gettavo merda sulla roba "sottomarca"? Per esempio, sugli pseudo eReader che vengono spacciati come tali quando in realtà si tratta di "palmari" LCD a colori che leggono mp3, immagini, txt, pdf e forse epub?
Ebbene, debbo ricredermi.
A quanto pare, uno degli ultimi modelli di eReader particolarmente competitivi in questo periodo - estate 2012 - è il TrekStor Pyrus.
Non sono un appassionato ed esperto di eReader come il Duca, ma dallo scorso autunno sono successe diverse cose. In America, i grossi nomi editoriali si sono ristretti ad Amazon e Barnes&Noble. I secondi, con il loro Nook a 99$, hanno costretto Amazon a rispondere con un analogo abbassamento dei prezzi dei suoi lettori.
Però, in Italia comprare per esempio un Nook a 99$ significa sborsare circa 70€ + delegare un gruppo specifico che si fa recapitare le spedizioni USA per reinviarle nel vecchio continente (e sono altre spese, senza contare poi eventuali difetti di fabbrica e garanzia). A questo punto, converrebbe spendere qualcosina in più e prendere qualcosa di migliore dal centro commerciale più vicino.
Insomma, rispetto a quando ho cominciato l'università, nel 2009, gli eReader si sono fatti spazio e ora cominciano a imporsi, sono nati nuovi modelli e i prezzi hanno cominciato a diventare ragionevoli.
Tra parentesi, oggi al centro commerciale ho trovato "per sbaglio" questo eReader, Biblet, della Tim (lol, wut? Già). Interessante per lo schermo eInk onesto, connessione WiFi e per il prezzo abbordabile (99€). Il design però è discutibile: troppo "affusolato" per essere comodo, poi color cadavere, e con un tastierino che occupa solo spazio.
Questo TrekStor Pyrus è un normalissimo lettore eBook da 6 pollici, di circa 200 grammi, con schermo eInk. Niente WiFi o dizionari. Ha una capacità di 4 GB di memoria interna (non pochi), espandibili grazie allo slot SD (a questo punto direi anche superfluo).
Un modello non tanto diverso dal mio Opus.
Il refresh però è più rapido e il contrasto testo/pagina è leggermente migliore, persino rispetto ad altri modelli (tipo il Kindle), nonostante non sia eInk pearl.
Il costo attualmente ammonta a 89€, ma Mediaworld offre 20€ di buoni benzina Eni sull'acquisto del prodotto (e anche di altri prodotti, di cui però al momento non ci importa), e in più, da quanto ho capito, 20€ per eBook da www.net-ebook.it. Si può dire che il costo effettivo dell'eReader sia di 69€. E, ricordiamolo, ha lo schermo eInk, che in sostanza è l'unica cosa che ci interessa, insieme al prezzo.
La promozione è valida fino al 22 luglio - quindi sbrigatevi se vi interessa. Il prezzo originale dovrebbe essere comunque di 109€, che tanti tanti non sono, però qualche differenza la fanno.
Le dimensioni dell'eReader sono ridotte. Non è come l'Opus, ma neanche tanto più grande: è tascabile alla stessa maniera.
Nella confezione si trovano solo l'eReader, il cavetto USB e la guida multilingua: nessuna custodia, tristemavero.
Ecco per voi, una carrellata di foto esemplificative in 3D ad Altissima Definizione:



Il mosaico per le funzioni principali. La funzione 'Cerca' si avvale di un tastierino digitale (non touch) attivabile mediante l'ultimo tasto della cornice, a partire da sinistra.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa non è la Home.

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Confronto tra Pyrus (a sx) e Opus (a dx). Leggera bombatura dell'Opus a parte - che lo fa fuoriuscire dai bordi equivalenti del Pyrus -, il pollice in più di grandezza di quest'ultimo implica un aumento proporzionale di dimensioni. Ad ogni modo, l'Opus è probabilmente l'eReader più piccolo esistente, quindi il Pyrus risulta ugualmente piccolo e tascabile.

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Lati B: come detto precedentemente, la differenza di dimensioni è minima. Il Logo del Pyrus, a mio avviso, è più dinamico e carino dell'Opus. Peccato che perde mille punti per marchi e avvisi sottostanti (CE, indicazioni per la batteria, logo TrekStor...). Davvero kitsch!
A Enzo Miccio non piace assolutamente quest'elemento. Ma come lo vestite, questo eReader?!


Maggiori informazioni riguardo al Pyrus, al momento, non ne posso dare: bisogna vederlo sul campo, al lungo termine.
Ho approfittato dell'offerta per prenderlo come regalo; fortunatamente il modello non è difettato (come il mio primo Opus, cambiato il giorno dopo con l'unico modello rimanente) e gli ebook che ci ho messo (nota: al momento, Calibre non riconosce dispositivi TrekStor, ma gli ePub si possono creare con Calibre e spostare manualmente nel dispositivo) si leggono a meraviglia.
Se l'anno scorso ci fosse stato il Pyrus, insieme all'Opus, al prezzo attuale (ovvero 69€ effettivi vs 111€), avrei scelto il più economico Pyrus: nonostante il prezzo inferiore del prodotto TrekStor, al momento Opus e Pyrus si equivalgono, e a parità di qualità non c'è che da scegliere il più economico.

P.S. Non ho ricevuto compensi per la pubblicità fatta nel post. Se qualche addetto alle relazioni/servizio consumatori/attività varie che lavora presso una delle suddette aziende leggesse il presente articolo e volesse propormi un posto di lavoro, sono tutt'orecchie. Grazie.

giovedì 12 luglio 2012

Impressioni | L'isola del tesoro, di R. L. Stevenson

l'isola del tesoro treasure island stevenson trama riassunto
Ancora classici.
Questa volta è un romanzo d'avventura piratesca di Stevenson, lo scozzese famoso per Lo strano caso del Dr. Jeckyl e Mr Hyde.
Avevo voglia proprio di questo, classici d'avventura, più avventurosi del Mondo Perduto di Doyle, del mese scorso.
L'isola del tesoro è considerato un romanzo per ragazzi. Ora vedremo se è vero o no.
Il protagonista della vicenda è Jim Hawkins, un ragazzo qualsiasi che trova per caso una mappa del tesoro rovistando il cadavere di Billy Bones, un pirata che alloggiava nella sua taverna prima che schiattasse. Jim la mostra al medico di famiglia, il dott. Livesey, che propone di andare a cercare il tesoro e a bordo della Hispaniola, raccolta una ciurma, intraprendono un viaggio alla ricerca del tesoro del capitano Flint.
Insomma, è una storia di pirati non così "originale" - ovvio, è vecchia di più di cent'anni: non me ne intendo ma credo che sia un romanzo pioniere del genere.
Stevenson se la cava, a narrare.
La storia è scritta sotto forma di resoconto stilato dal protagonista, Hawkins.
Purtroppo però ad un punto Stevenson ci tiene a farci sapere cosa succede in un luogo differente attraverso il POV del medico, per cui rompe la continuità narrativa dedicando qualche pagina isolata alla breve parte che recita di persona il dott. Livesey. Peccato, però: avrebbe potuto benissimo riprendere lo stesso personaggio POV per raccontare una serie di eventi che si svolgono dietro le quinte verso la fine della storia, quando il climax è al massimo. Immagino che l'autore abbia voluto tenerci all'oscuro di quegli episodi per svelare qualche piccolo colpo di scena attraverso un dialogo diretto. Mah.
Ho molto apprezzato i dialoghi della ciurma, tutto sommato credibili e adeguatamente evocativi - per chiarirci: Long John Silver o Black Dog non parlavano in maniera educata e precisa come il dottore o il cavaliere Trelawney: sembrerebbe una cosa banale, ma coi romanzi che circolano, questa non è roba da poco.
La narrazione, comunque, in alcuni tratti risulta raffazzonata, in altri invece i termini marinareschi sono talmente specifici da impedire la comprensione della scena - vada per i comuni "prua", "poppa", "virare", "ammainare", ecc.; poi vengono termini famigliari come "babordo" e "tribordo" che pur riconoscendo che indicano un lato, difficilmente si ricorda quale, o come "aggottare", che risulta famigliare ma semanticamente vuoto per il lettore non erudito in materia. Poi vengono i termini mai sentiti, che a volte combinati con una narrazione poco precisa non aiutano a visualizzare la scena.
Il "genere per ragazzi" che nuoce tanto alla salute è incomprensibile, in questo romanzo, visto che la gente muore, viene uccisa, uccide, tradisce - non prende botte in testa per poi svenire, priva di sensi.
Ma ho capito solo dopo, dove fosse l'inganno.
Jim, il protagonista. È l'Harry Potter della situazione, gli va tutto bene ed è di animo nobile. Si comporta bene anche nei momenti in cui comportarsi rettamente risulta, per così dire, anticonservativo. Lui stesso poi, in certi momenti, informa il lettore che sta facendo una cazzata senza saperne il motivo (impulsività giovanile, direbbe qualcuno - forzatura dell'autore, direbbe un altro), cazzata che però, per puro caso, per divina provvidenza, salva il culo a tutti. Più volte.
Sono poche pagine, 160 circa. In quanto classico, temevo una narrazione pedante, invece l'ho trovata piuttosto movimentata, pochissimi punti morti. Lettura più che gradevole.
Una storia di mare, poi, è sempre benvenuta in questa stagione.

venerdì 6 luglio 2012

I 36 saggi sulla scrittura di Chuck Palahniuk: due parole

chuck palahniuk saggi sulla scritturaOk, mettiamola così: tra il 2005 e il 2008 Palahniuk ha scritto 36 saggi sulla scrittura nel corso di un vero e proprio workshop online, i cui partecipanti eseguivano gli esercizi consigliati e ci si scambiava opinioni su quanto prodotto; questi saggi sono stati pubblicati sul sito di Palahniuk ma in affiliato con litreactor.com, altro sito, così che per poterli leggere era necessario essere iscritti a quest'ultimo con un account premium (sì, bisognava sborsare qualche dindino), e mi sembra di capire che i diritti su questi saggi sono sì di Chuck, ma la "distribuzione" è ristretta al sito Lit Reactor.
Morale della favola: per leggere questi saggi bisogna sottoscrivere un abbonamento di 9$ al mese al sito sopracitato.
Se ve lo state chiedendo: no, non esiste alcuna pubblicazione cartacea. Personalmente sono rimasto interdetto: sono poche pagine, si poteva benissimo pubblicare un piccolo, economico, innocente paperback, come l'On writing di Stephen King.
Perché? Perché con un po' di attenzione i saggi di Palahniuk si trovano facilmente in p2p.
Cercando "On Writing Stephen King pdf" Google ci dà addirittura, come primo risultato, il link di un ottimo file, questo (incredibile, questi russi ci tengono proprio alla preservazione della letteratura occidentale).
Per i saggi di Palahniuk, invece, non esiste cartaceo, quindi i fan - i fan "scrittori" - non potrebbero mettere in libreria il volumetto, ma sarebbero costretti a scaricarlo - o meglio, o fare l'abbonamento a Litreactor, accedere ai contenuti riservati, copincollare ogni singolo saggio in un file di testo, formattarlo e crearsi un ebook, eventualmente da stampare e scarabocchiare. Io il libricino di King, in illo tempore, lo comprai in libreria, lo lessi e lo rilessi e lo imbrattai da cima a fondo di annotazioni.
Insomma, mi dispiace per Chuck. Avrebbe tirato su qualche dollaro in più.

Veniamo ai saggi.
Qui potete trovare l'indice dei saggi con una brevissima sinossi per ciascuno.
In questa sede mi limito a una manciata di riflessioni.
Prima di tutto qualche critica.
Mi sorprende che Palahniuk quasi giustifichi l'infodump. O meglio, si salva in calcio d'angolo dicendo che non deve essere lungo, annoiare il lettore, o rallentare/interrompere il ritmo della narrazione. Si salva di nuovo quando sostiene che l'infodump del personaggio deve essere coerente col suo bagaglio culturale (cioè, deve limitare gli argomenti a una gamma ragionevole, il personaggio non può sapere tutto di tutto senza che il suo background giustifichi la cosa).
Nelle sue opere Palahniuk non cade nell'infodump, perché praticamente sempre il narratore corrisponde al protagonista, quindi con una narrazione in prima persona il rigurgito di informazioni è ok, perché fa parte - secondo una prospettiva prettamente focalizzata sulla verosimiglianza - del flusso di pensieri del personaggio, della sua stessa personalità.
E a proposito di prima persona, Palahniuk sostiene che la sua scelta sia preferibile, per vari motivi - empatia col lettore, minore distanza, credibilità ecc. Ma affronta solo perifericamente la giustificazione dell'uso di quella persona.
Cioè, vada per una narrazione epistolare, o diaristica, o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione - in Survivor la narrazione corrisponde a quanto registrato dal protagonista nella scatola nera dell'aereo che sta dirottando. Ma una prima persona che dal nulla si mette a narrare, avulsa da un contesto comunicativo può benissimo - a mio avviso - essere sostituita da una terza persona. Insomma, la scelta del narratore va fatta in funzione dello scopo che si è scelto per la propria storia, dell'effetto che si vuole dare, ecc.
Altra cosa: Bury a gun. Nei saggi Palahniuk riprende il principio del Fucile di Čechov e vi aggiunge il principio di "seppellirlo". Ovvero: presentare un elemento significativo per le sorti della storia - non necessariamente un'arma, ma qualcosa di importante per lo sviluppo degli eventi -, nasconderlo per il resto di essa, e riesumarlo e usarlo nel momento in cui è necessaria una svolta, per dare gas al climax.
Secondo Palahniuk è una strategia efficace; il lettore presterebbe poca attenzione alla presentazione dell'arma, così quando la si riprende per risolvere il conflitto, verso la fine, ne è sorpreso. Questo, a mio avviso, si scontra contro quanto detto inizialmente da Palahniuk stesso, ovvero che il lettore è più intelligente di quanto immagini. Quante volte, all'inizio di un film, vediamo l'arma che viene presentata e subito nascosta, e diciamo a voce alta: "Ecco, scommetto che alla fine succede questo..."

cereal guy meme
A Cereal Guy piace quest'elemento.

Anni e anni di film saranno serviti a qualcosa, no?
Non dico che Nascondere l'arma non sia un principio valido. Sicuramente lo è, ma se usato in maniera creativa: di film con una'arma nascosta e riesumata ce ne sono a bizzeffe, e nella maggior parte si può intuire subito quale sia l'arma e che ruolo avrà alla fine.

Va bene, basta piccoli rant.
I saggi di Palahniuk sono molto interessanti, anche se a livello "tecnico" si pongono molto più sulla gestione della trama che sull'uso delle parole - semantica, più che sintassi -, cosa che invece troviamo in King (non usare gli avverbi in -mente, non usare i passivi, non usare i "disse" pompati di steroidi, ecc.).
Spezzo una lancia a favore di Palahniuk: nel corso dei saggi sottolinea più di qualche volta che le sue non sono regole, ma suggerimenti che si adattano al suo modo di scrivere, e che vanno presi per buoni nel momento in cui, dopo averli applicati, li si riconosce come buoni personalmente. Per esempio, lui sostiene che le storie più interessanti siano quelle narrate in forma non-lineare, quindi con particolari cornici narrative - secondo la sua denominazione, per esempio, la Big 'O' consiste nel cominciare dal momento della fine della crisi per cadere in un lungo flashback. Ovviamente, questo riguarda il suo metodo di scrittura. Io non riuscii a continuare Cime tempestose proprio a causa del flashback che costituiva la doppia cornice narrativa, e mi annoierei a scrivere una storia allo stesso modo - per cui prendo per buono il concetto che mi trasmette Chuck, ma non lo reputo dogmatico.

Essendo questa una raccolta di saggi, non si può dire che sia un manuale; ad ogni modo ne consiglierei la lettura solo se alle spalle si hanno precedenti letture di altri manuali di scrittura: questi saggi potrebbero costituire più una buona integrazione teorica che un punto di partenza.

martedì 3 luglio 2012

Un anno di ebook reader; bilancio di tempi e prezzi

Un anno fa ero fiero di presentare il mio ultimo acquisto, un Cybook Opus della Booken, 5 pollici di schermo, eInk non pearl, leggero e maneggevole.
Oggi, a distanza di 365 giorni, posso permettermi di esprimere un'opinione completa - anche se, a dirla tutta, l'ideale sarebbe un follow up di almeno tre anni, ma anche un anno può essere indicativo. Ora ci arriviamo.
Facciamo così, se vi interessano le letture di un anno, l'equivalente economico, i bidoni e i tesori in cui sono incappato, allora potete leggervi questa prima parte che segue, "Un anno tra top e flop".
Se vi interessa il discorso "tecnologia" - iPhone, roba touch, tablet, iPad, e altri vassoi portavivande - potete leggervi la seconda parte del post, "Un'allegra giornata alla Mediaworld", in cui deliro un po' sui dispositivi elettronici.

Un anno tra top e flop

Ecco la lista completa delle letture a partire dal 3 luglio 2011. Laddove ho dato un parere personale, segnalo esplicitamente anche il link del post. I titoli delle opere evidenziati come link si riferiscono al sito ufficiale da cui reperire l'ebook.
  1. Assault Fairies, di Chiara "Gamberetta". Il primo vero epub, formattato perfettamente. Magari tutti gli ebook fossero così. Qui le impressioni. Prezzo: gratis.
  2. Address, di Glauco Silvestri. Il secondo ebook autopubblicato che abbia letto. Chiunque voglia altri ebook di Glauco, può navigare il suo sito, ne troverà altri; sinceramente, non c'è un motivo preciso che mi abbia portato a scegliere questo preciso racconto, ho scelto a caso. Qui le impressioni. Prezzo:gratis.
  3. The Dome, di Stephen King. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 23,90 €.
  4. Le torri di cenere, di George R. R. Martin. Il primo racconto mi ha fatto cadere le braccia. Un sci-fi con una narrazione scarsina: forse avevo sopravvalutato Martin. L'ho interrotto, rimandando al futuro la lettura dei racconti scritti meno peggio. Prezzo cartaceo: 18,00 €.
  5. La grande caccia, di Robert Jordan. Dopo 7 anni dalla lettura del primo libro, mi sono detto: "Perché no? Diamo un'occhiata al secondo, magari leggo tutto il ciclo". No, un inizio tremendo, narrazione blanda e noiosissima. Abbandonato. Prezzo cartaceo: 18,50 €.
  6. Addio alle armi, di Ernest Hemingway. Mi era piaciuto Il vecchio e il mare, e poi Hemingway è uno dei migliori scrittori al mondo. Ho deciso di leggere questo classico, ma a una cinquantina di pagine dalla fine ho abbandonato. Narrazione autistica, non era percepibile lo stato emotivo del protagonista - al punto che quando viene colpito alla gamba da una granata non è chiaro se stia soffrendo o cosa, e con le donne non si capisce se prova qualcosa o meno - né un qualsiasi tipo di climax. Non dico che sia brutto, lo stile è ottimo, ma l'ECG della storia è pressoché piatto, qualche ondina di tanto in tanto, poi nulla di che. Mi son ripromesso di leggerlo in futuro, o magari di cambiare opera. Prezzo cartaceo:9,50 €.
  7. Il dillema di Drizzt, di R. A. Salvatore. Iddio ce ne scampi. Ma dovevo fare una prova. A parte la formattazione scarsissima dell'ebook, non si può leggere. Prezzo cartaceo: 13,00 € circa.
  8. L'apprendista assassino, di Robin Hobb. Partiva male, poi però si riprendeva. Poi cadeva di nuovo in basso, poi di nuovo qualcosa me lo faceva rivalutare. Alla fine gli elementi negativi hanno superato i positivi, e ho pensato di avere di meglio da leggere. Prezzo cartaceo: 9,90 €.
  9. I giardini della Luna, di Steven Erikson. L'avevo cominciato anni prima, l'ho terminato sul lettore l'anno scorso. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,00 €.
  10. La dimora fantasma, di Steven Erikson. L'inizio non motiva alla continuazione. Lettura sospesa ed eventualmente rimandata per disponibilità di altre letture (migliori). Prezzo cartaceo: 18,90 .
  11. Ash, una storia segreta, di Mary Gentle. Gamberetta ne parlava bene, lo stile era buono, la struttura narrativa di meno. Il pretesto della verità storica (fake) attraverso il materiale mandato via mail è noioso, dà solo fastidio, interrompe la storia. Inoltre alcune trovate nella trama sono da facepalm. Ho rimandato un'eventuale continuazione al futuro. Prezzo cartaceo: 14,50 € un volume, non so gli altri: ipoteticamente, moltiplicare per 4.
  12. La guerra contro gli Chtorr, di David Gerrold. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,00 € (tomo paperback con i restanti capitoli della saga - credo).
  13. Marstenheim, di Angra. Per il vostro dispiacere, una serie di sfortunati eventi mi ha portato a leggerlo a più riprese, e in pratica alla fine non ho più scritto alcuna impressione. Rimedierò assolutamente, non appena avrò tempo - ma sicuramente una riletta gliela do: dopo un anno si dimenticano tante cose. Inutile dirlo, ottima opera. Come parere mi ritrovo abbastanza nella recensione di Tapiro. Prezzo: gratis.
  14. Zodd - capitoli I e II -, di Zweilawyer. Fantasy classico, come piace a me. Se il maledetto autore si decide a completare l'opera una volta per tutte, magari invece dei primi due capitoli potrò comprarmi l'ebook intero e rompervi le scatole con un mio solito post di opinioni.
  15. Il colore della magia, di Terry Pratchett. Se l'avessi letto all'epoca in cui leggevo Tolkien e Terry Brooks, non l'avrei apprezzato. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 8,60 €.
  16. La luce fantastica, di Terry Pratchett. Prezzo cartaceo: 7,65 .
  17. Pride and prejudice and zombies, di Seth Grahame-Smith. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 15,00.
  18. Abraham Lincoln: vampire hunter, di Seth Grahame-Smith. Qui le [stesse] impressioni. Prezzo cartaceo: 14,60 €.
  19. Leviathan Rising, di Jonathan Green. Prezzo cartaceo: 7,99 $. Prezzo ebook Amazon: 5,44 $.
  20. Satan Burger, di Carlton Mellick III. Fico e tutto il resto, ma a metà mi ha un po' annoiato: punkettoni che stronzeggiano in giro senza alcun motivo. Sospeso e rimandato a un possibile futuro. Prezzo:13,95 $.
  21. Le porte di Anubis, di Tim Powers. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 6,20 €. [Attualmente non si trova da nessuna parte]
  22. Fuoco nella polvere, di Joe. R. Lansdale. Scopro ora di non aver mai scritto alcuna impressione a riguardo. Oibò, devo essermi dimenticato. Gran bel romanzo. Prezzo cartaceo: 9,90 .
  23. Soffocare, di Chuck Palahniuk. Capolavoro. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 10,00 .
  24. La spada del destino, di Andrzej Sapkowski. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 15,30 .
  25. Il re degli alberi, di Greg Keyes. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,50 .
  26. Mistborn, L'ultimo impero, di Brandon Sanderson. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 22,00 .
  27. I guerrieri del ghiaccio, di George R. R. Martin. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 19,00 .
  28. Donne, di Charles Bukowski. L'ebook verso la fine era rovinatissimo, illegibile. Poco male: a metà opera mi sono reso conto che la storia non stava andando da nessuna parte. Ma non fosse stato per l'ebook scarso, avrei finito quelle poche decine di pagine rimanenti. Non vedo l'ora di leggere altra roba del vecchio zozzone. Prezzo cartaceo: 16,00 .
  29. Cavie, di Chuck Palahniuk. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 10,50 .
  30. La morte di Ivan Il'ic, di Lev Tolstoj. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 7,50 .
  31. Norwegian wood, di Haruki Murakami. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 12,00 .
  32. Io sono Helen Discroll, di Richard Matheson. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 9,90 .
  33. Ristorante alla fine dell'universo, di Douglas Adams. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 9,50 .
  34. Le cinque stirpi, di Markus Heitz. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 19,90 .
  35. Il tempo del buio, di Barbara Hambley. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: forse circa 10,00 . Attualmente introvabile.
  36. Il raccoglitore di anime, di Alan Campbell. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 18,60 .
  37. Il mondo perduto, di Arthur Conan Doyle. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: 8,90 .
  38. La nube avvelenata, di Arthur Conan Doyle. Qui le impressioni. Prezzo cartaceo: sconosciuto, forse fuori produzione. Prezzo ebook: da BOL.it 0,49 . , da Amazon 0,63 $.
Questi sono più o meno tutti i romanzi letti o leggiucchiati e abbandonati sul lettore.
Un'altra manciata non è mai stata letta, alcuni perché troppo corrotti nella conversione, altri perché semplicemente non mi piacevano.
La somma di tutti i prezzi (con riferimento al "tariffario" di IBS) dei suddetti romanzi in edizione cartacea ammonta a 454,18 . Piccola nota: ho escluso del materiale didattico dell'università, principalmente slide dei docenti, che ho caricato sul lettore per comodità, al posto di portare delle fotocopie in giro per ogni uscita. Non è molto rilevante perché si parla di materiale da studiare, quindi da sottolineare, farci i disegni accanto, risottolineare, evidenziare, ecc. Devo ammettere però che le slide su un argomento dell'ultimo esame le ho studiate principalmente dal lettore, visto che era poca roba, apprendibile nelle sedute "fisiologiche". If you know what I mean. E fotocopie e libri, a ogni viaggio nello zaino, si rovinano, gli angoli si smussano, gli oggetti all'interno entrano tra le pagine e le sgualciscono, eventuali penne scoppiate macchiano i bordi ecc.
Quindi, 454,18 sacchi, sacco più sacco meno, per una ipotetica caterva di carta che occupa spazio (e che genera vermetti). Alberi abbattuti, lesioni gratuite ai polmoni del mondo.
Circa 17 romanzi non mi sono piaciuti fin dall'inizio: alcuni li ho interrotti già dalle prime 10 pagine, altri li ho letti fino oltre la metà, alcuni fino a 20-30 pagine dalla fine. Facendo un calcolo con un'approssimazione vaga per quel paio dal prezzo in dollari, se avessi comprato i romanzi che non ho finito, che non mi sono piaciuti, che mi hanno stufato ecc., avrei speso 276,2 euro. 454,18 [totale] - 276,2 [romanzi sgraditi] =177,98 euro. Questa sarebbe la spesa corrispondente all'investimento per i libri migliori (anche se bisognerebbe togliere gli autopubblicati, gratuiti). Su 38 romanzi che volevo leggere "solo" 21 mi hanno soddisfatto al punto da portarmi a terminare la lettura.
Ma parliamo di carta, di hardcover e dove possibile pseudo-paperback (pseudo visto i prezzi). Dei libri che ho letto sul lettore, quasi tutti li avevo a disposizione materialmente. Alcuni (per esempio, I giardini della Luna) ce li avevo da anni e non li avevo ancora finiti, altri (Le torri di cenere, Donne, ecc.) li avevano dei miei amici e potevo benissimo chiederli in prestito - alla vecchia maniera. Altri ancora sono dei classici, reperibili gratuitamente ovunque sul web - e non so per quale ragione, alcune case editrici osano vendere a prezzi indecenti.
Pur volendo lasciar perdere il discorso della salvaguardia del pianeta, e tralasciando anche la questione della disponibilità di spazio per poter tenere tutti i libri, quello che penalizza l'attuale mercato librario è il costo sproporzionato del libro. Testi scientifici, che richiedono revisioni e competenze che si pagano a caro prezzo (un correttore di bozze guadagna 50 cent a cartella, nei fatti anche meno; un correttore di bozze per testi scientifici arriva a 5 euro a cartella, pare), arrivano a costare quanto se non meno della più "banale" narrativa, letteratura d'intrattenimento. Per non parlare degli ebook: non si può vendere un file a un prezzo equivalente a quello del libro materiale scontato del 33%-50%: esistono costi di distribuzione, produzione e simili che non coinvolgono gli ebook, e non solo: la maggior parte delle case editrici che trattano cartaceo produce gli stessi ebook illegibili che si trovano in p2p. Praticamente, l'acquirente paga per un lavoro non fatto.

Quindi, ricapitolando, avendo pagato l'ebook reader 111€ e avendo letto l'equivalente cartaceo di 177,98€, riprendendo il discorso di Gamberetta col suo primo eReader: se anche dovesse rompersi in questo esatto momento, l'acquisto sarebbe stato comunque un affare, perché non solo il totale di libri (belli) pareggia l'eventuale spesa cartacea, ma mi avrebbe fatto risparmiare 67,98!

***

Un'allegra giornata alla Mediaworld
Tratto da una storia di vita vera vissuta per finta [cit.]

Due giorni fa sono andato al centro commerciale unicamente per usufruire dell'aria condizionata - gli appartamenti universitari, come si sa, sono sprovvisti di ogni bene voluttuario. Ne ho approfittato per fare un salto alla Mediaworld - non per perdere tempo al reparto retard -, cercando, come al solito, gli ebook reader.
Ebbene, pare che io abbia comprato, l'anno scorso, l'ultimo vero ebook reader. Quelli successivi che volevano spacciare come tali erano dei dispositivi di marche coreane o teutoniche, a LCD a colori, e stuff like that. Delle cagate.
Inutile dire che non esiste un reparto eReader. Ad ogni modo, pur non avendo mai provato altri eReader migliori del mio, ho voluto provare a fare un paragone con quello che c'era.
Ebbene, tra i tablet (sigh) c'era un Asus Eee reader DR-900.

Non ho idea di che ebook sample vi fosse caricato: ad ogni modo, sto facendo spam gratuito - spero di essere ricompensato

Sono ben 9 pollici per quasi mezzo kilo di peso. La cosa "buona" è che è touch (per i feticisti imbrattaschermi), la cosa brutta è che non entra in tasca: è più un dispositivo da zaino. Pur volendo portarlo in giro, il luogo più adatto sarebbe una borsa ampia. Ah, e c'erano solo 3 opzioni di zoom, contro i più di 10 dell'Opus. Ma non l'ho esaminato approfonditamente. Ad ogni modo, difficilmente comprerei un affare cosigrosso.
Nel reparto retard c'era l'iPad (non chiedetemi quale, credo fosse il 2).

Volevo catturare l'animazione della pagina che si piega mentre la volti, ma o per qualche bug grafico o perché non lo so usare io, la pagina non voleva saperne di farsi voltare.

Pregiudizi a parte per i prodotti molto costosi e poco utili, il primo NO più importante per la lettura su iPad è l'illuminazione. La foto non rende, e vi dico perché: l'illuminazione dell'iPad è tale da far settare automaticamente la mia fotocamera a illuminazione a giorno, così da ridurre la luminosità della foto e far sembrare il tutto velato da una luce soffusa. In realtà quell'angolo era pieno di fari e faretti: il bianco dello schermo era accecante.
Ok, si può ridurre la luminosità. Ma il problema è sempre la reotrilluminazione: per quanto minima tu possa tenerla, così come nei monitor dei computer, ti brucia tutto il decorso del nervo ottico fino a incenerire la corteccia striata ed extrastriata. True story.
Illuminazione a parte, quell'affare non riuscivo a tenerlo in mano. Scottava, al pari del mio piccolo netbook che in questo periodo, con 30°C nell'ambiente, ovviamente si surriscalda oltremodo ed è impossibile toccarlo sul lato inferiore.
In pratica, il mio Cybook Opus è comunque migliore (per ragioni pratiche, funzionali ed economiche, e sempre secondo il mio modesto parere) dei tablet, dell'iPad, e può competere con altri eReader. Certo, ce ne sono di migliori (schermi e-ink pearl, dizionari integrati, funzione touch), ma ce ne sono anche di tremendi (l'Asus sopracitato non è cosi tremendo, anzi, a parte le dimensioni e il touch un po' testardo, sembra decente), come quelli TrekStor o surrogati non e-ink.
Per finire, mentre mi avviavo verso l'uscita della Mediaworld, non potevo non dare un'occhiata al reparto libri. Ok, sì, la solita roba in hardcover a prezzi esorbitanti, ma non solo. Se alcuni anni fa potevo trovare i seguenti libri allo stesso prezzo solo ai mercatini dei libri usati, ora non è più così:

Non si tratta di grandi opere della letteratura, ma costano comunque poco.

Edizioni paperback a 2,90 sacchi: a questo prezzo, la scelta dell'eReader sarebbe giustificata solo per la comodità (i.e., portare con sé centinaia di romanzi in una sola volta in 150g di dispositivo, poter mantenere la pagina da leggere senza dover stirare le curve causate dalla rilegatura, impossibilità di rovinare il romanzo - bordi, angoli, pagine - all'interno di zaini e borse). Senza contare che, a 2,90, stai comprando perlomeno un prodotto tangibile: un ebook allo stesso prezzo, secondo me, non ha motivo di esistere, ma è solo un mio parere.
Le case editrici che fanno paperback economici sono poche, come la Piemme e, se non ricordo male, anche la TEA. Onore alle case editrici che tengono i prezzi bassi.
Una domanda legittima che mi si fa è: Ma adesso non comprerai più libri?
La risposta più ovvia è: Se ci sono libri che voglio assolutamente leggere ma che non si possono né scaricare dal web, né comprare come ebook, allora ovviamente vado in libreria. Ci sono diversi libri, soprattutto nel campo della saggistica, che non si trovano nemmeno in libreria, e ordinarli è una sfida.
Ma a parte i libri introvabili, se sono in vacanza e trovo una bancarella di libri usati (ultimamente tali bancarelle rivendono libri nuovi a prezzo pieno, cambia solo la "location"; rimpiango i bei vecchi tempi, in cui trovavo i vecchi fantasy di Weis & Hickman o altra roba pulp a 2-3), può accadere che me ne piaccia qualcuno e, perché no, me lo compro. O può capitare che andando al mare, dia un'occhiata all'edicola più vicina alla spiaggia e vi trovi qualche interessante paperback economico da torturare con le mani umide di acqua marina, tra un bagno e l'altro.

Sono soddisfatto del mio lettore; ha rivoluzionato il mio modo di leggere, mi ha permesso di leggere di più nonostante esami, laboratori, tesi ecc. Una volta mi era impossibile finire più di un paio di libri a stagione, e potevo dare il massimo solo d'estate.
Nonostante il lettore, durante quest'anno mi sono comunque trovato a leggere del cartaceo. Per il compleanno o per altre evenienze, un (buon) libro in regalo è sempre la scelta migliore.
Per concludere: consiglio l'acquisto di un eReader?
Decisamente sì.
E ora vi lascio con una perla, trovata alla Conad del centro commerciale:

La Troisi e Paolini si trovano nel posto che gli spetta. Tra Topolino e Winnie the Pooh. Per una volta, chi ha sistemato i libri per categorie non ha commesso il solito errore. Aumentate lo stipendio del caporeparto! Farà strada!


P.S. Tanti auguri mio piccolo Opossum! ^_^