venerdì 21 dicembre 2012

Impressioni fulminanti | Lo hobbit, Un viaggio inaspettato (2012)

Lo hobbit un viaggio inaspettato dicembre 2012 recensione opinioni
La domanda non è "Lo vedo o non lo vedo?", ma: "Lo vedo al cinema o aspetto il DVDrip?"
Mi aspetto che i lettori di questo blog siano (vecchi) lettori fantasy che abbiano letto Lo Hobbit in gioventù (io lo lessi a 11 anni, ovvero proprio 11 anni fa), sicché avranno un'idea di quello che intenderò.
Ultima premessa: non ho letto con attenzione altre recensioni - per paura di venirne influenzato -, e non ho riletto il romanzo né il fumetto, prima di vedere il film, né dopo. Questo perché volevo fruire del film senza dover lamentarmi delle differenze col romanzo, cioè per non fare il nerd/fanatico/hipster.
Bene. Allora, bello, brutto?
Non è brutto.
Ed effettivamente è bello.
Ma - ignorando i detrattori estremi, i cui pareri sono per lo più campati in aria, e generalmente provengono da chi non ha letto il libro - io mi aspettavo di meglio. Ho letto impressioni talmente entusiaste, che per ogni minuto di film mi dicevo: "Ora arriva una parte awesome, ora arriva, ora arriva." Ma non arrivava. Andiamo per gradi.
Era necessaria una trilogia di film per un singolo romanzo?
Una trilogia mi sembra eccessiva. Un paio di film, come se non sbaglio era stato programmato all'inizio, sarebbe stato ok, a mio avviso, per sviluppare la trama originale & aggiungere qualcosa ex novo.
Le differenze con il libro sono esasperanti?
Fermo restando che, come ho già detto, presumo che a leggere siano vecchi fan di Tolkien, direi che le differenze non sono esasperanti, anzi. Le distorsioni sono esasperanti, a mio avviso. L'aggiunta di Radagast (personaggio che se non sbaglio è solo nominato e mai visto in qualsiasi opera sulla TdM) è interessante: hanno reso questo Istaro più simile a un druido (sigh), che a un'entità semi-angelica, ma non fa niente. Voglio dire, va bene così, si incastra senza problemi.
Il film non è troppo epico rispetto al romanzo?
Decisamente sì. Se fossi andato a prendere un caffè con Peter Jackson e questi mi avesse chiesto come sviluppare la versione cinematografica di Lo Hobbit (sono cose che possono capitare), gli avrei detto: "Senti, Pie', secondo me se si rispecchia il tono originario dell'opera, cioè della favoletta frivola, e si sporca un po' l'umorismo british con del sano e moderno trash, tipo carote nel sedere, du' rutti e du' scuregge, riusciremmo da un lato a restare fedeli all'opera originale, dall'altro a rendere il film più leggero e gradevole, anche per chi non se ne frega niente del fantasy e del SDA, così i profani evitano di dire che è una cagata solo perché non avevano idea di che tipo di film si trattasse - tipo che se non ti piacciono i film horror, non è che vai a vedertene uno e poi dici che fa cagare solo perché a te non piace il genere. Insomma, io la penso così. Magari rifatti a Lo Hobbit a fumetti, così è più facile stendere la sceneggiatura e tutto il resto, e mezzo lavoro è fatto."
Di conseguenza, non ho molto gradito cose come il peso dato al conflitto tra Thorin e Azog, che per obblighi cinematografici (cioè la presenza di un antagonista Evil Lord) capisco siano necessarie.
Per quanto riguarda la  coerenza romanzo-film, io personalmente sono convinto che le due cose siano sempre separate, e vadano considerate come due opere distinte. Nel momento in cui riescono a coincidere, bene, tanto di guadagnato. Nel momento in cui divergono ok, si è tentata una "rilettura in chiave x". Quando le due cose si mischiano in maniera non ben riconoscibile, come nello Hobbit, allora - a mio avviso - si sta tentando di tenere due pieni in una scarpa.
Ripeto, quello che "non ci voleva", nello Hobbit, è l'epicità.
Ad ogni modo, è un bel film.
Quindi: cinema o DVDrip?
50 e 50. Direi che sia meglio DVDrip (possibilmente ad altissima definizione), ma per un fan di LOTR è comprensibile voler giudicare da sé e andare al cinema.

domenica 9 dicembre 2012

Impressioni fulminee | Cronache del dopobomba, di Philip K. Dick

philip k dick cronache dopobomba dr bloodmoneySi tratta di un romanzo, come si intuisce, sci-fi post-apocaliptico. In realtà il disordine del dopo-bomba è piuttosto strutturato, non come spesso ce lo immaginiamo noi, il mondo allo sbaraglio più completo.
Articolato in diversi POV, il romanzo ha quello stile dickiano (o così mi pare, visto che non ho letto molto di Dick) che un po' mostra e un po' racconta e inferisce. Nel complesso però la narrazione è gradevole, si avverte bene l'importanza data allo sviluppo della storia piuttosto che ad allungamenti di brodo. Riesco a immaginare Dick che scrive come un forsennato, nello stato maniacale di una probabile psicosi maniaco-depressiva indotta dalle droghe, e ci tiene a non perdersi in chiacchiere.
La storia non l'ho trovata particolarmente avvincente. Mi sono piaciute molto le idee, come Dangerfield nel satellite e gli animali mutanti dall'intelligenza superiore. Ma, a mio avviso, il punto forte del romanzo sono proprio le idee. Difatti il finale è più che altro un termine forzato alla storia, non una vera e propria risoluzione dei conflitti.
Sono morto dentro sia per i riferimenti alla psicoanalisi, sia - soprattutto - nella scena (all'inizio del romanzo) in cui Bluthgeld va dallo psichiatra che è anche psicoanalista, e non appena inizia a parlare un po' di sé, ecco che lo psichiatra fa subito congetture diagnostiche. Questo è un po' il luogo comune del popolino, che crede che gli psicologi/psichiatri giudichino la gente non appena apre bocca, quando in realtà un colloquio di 45 minuti non basta nemmeno a conoscere la persona. Figuriamoci a fare diagnosi! E per giunta di schizofrenia!
Ma capisco anche che la pubblicazione del romanzo risale 1965, mancavano 3 anni per la pubblicazione addirittura del DSM-II, e i primi DSM erano i più farlocchi, con malattie inventate e mazzette tra psichiatri e industrie del farmaco, per non parlare dell'abissale carenza clinica che sarebbe stata ovviata solo nel DSM-IV, se non addirittura nel DSM-IV-TR. Ad ogni modo, questo non giustifica l'inesattezza del metodo. Dick, potevi informarti meglio, mannaggia a te.
Tralasciando le questioni cliniche, è una bella visione post-apocaliptica: non molto estesa, è vero, non molto approfondita, ok, ma ci sono idee accattivanti e idee bizzarre, e l'intreccio non manca.
Ma come ho già detto, a mio avviso il punto forte del romanzo risiede più nelle idee che nella storia stessa.

mercoledì 28 novembre 2012

10 cose che odio del Fantasy

L'ordine non è proprio gerarchico, più che altro perché non mi va di sbattermi a sistemare ogni punto dopo averli scritti tutti. Diciamo che ognuno ha lo stesso vergognoso valore degli altri.
Inutile dire che si tratta solo di pareri personali, chi non è d'accordo puòannasseneaffanc può esprimere i suoi pareri nei commenti.

TOP TEN!

#10 - Le copertine
Le copertine dei romanzi fantasy o fanno pena, o sono fighissime... per un 13enne.
Diciamo che se dovessi portarti in giro il libro fantasy che stai leggendo, proveresti un po' di vergogna a lasciarlo a portata d'occhio. Soprattutto se sei grandicello.
Questo perché il più delle volte - almeno in Italia - il fantasy viene trattato come roba per bambini (e oserei dire che ci sarà pure un motivo, vedasi punto #03). E non fa bene alla socializzazione. (#05)
Morale della favola: molte copertine sono imbarazzanti, anche quando la qualità del libro è superiore a quella ipotizzata. Soluzione: meglio leggere su eBook Reader. Molto più di classe, e non si rischiano brutte figure.

#09 - Le trilogie/saghe
In Italia ti pagano come vogliono loro, solitamente ti danno il 10% sul prezzo di copertina, ma deve andarti molto bene. Altrove, in America per esempio, ti pagano a cartella. Questo significa che più scrivi, più guadagni.
La trilogia diventa quindi un must. O meglio, il minimo. Da lì si finisce a saghe come La ruota del tempo di Jordan (questa le batte tutte, perché sono millemila libri da millemila pagine), La spada della verità di Goodkind, e via discorrendo. Perché no, pure Le cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin e La Torre Nera di King.
Non c'è nulla di male nelle saghe. Non è vero che fanno diventare ciechi. Ma devono essere all'altezza: se comincio a leggere il primo libro di una saga, già penso che sto prendendo un impegno, nel momento in cui dovesse piacermi. Ma allo stesso tempo penso: "Μέγα βιβλίον, μέγα κακόν", ovvero "Se ci hanno fatto una saga, deve essere sicuramente una merda". Non c'è niente di più bello ed elegante degli stand alone. Meglio ancora se si tratta di opere da 50mila parole o giù di lì. Brevi, minimal, soddisfacenti. Come la sigaretta di Wilde.

#08 - I cliché
Questi sono deprecabili in assoluto.
Devo averlo già detto altrove. Gli stereotipi non sono un problema, per me, e vanno bene pure i cliché: ma sfruttare idee simili e basta non fa accumulare "punti" (per me). Nel senso: se un romanzo (fantasy) ha un'idea originale, guadagna punti. Se prende roba vecchia ma la sviluppa in maniera interessante, guadagna punti. Se prende idee già usate e le sviluppa in maniera già nota, non guadagna punti: probabilmente ne perderà, ma se parte da 0, andrà sottozero (per me).
Il giovane orfano di turno che scopre di essere il prescelto, a mio avviso, è già un'inversione di marcia. Se in venti pagine leggo una roba simile, non aspetto di vedere come evolverà il romanzo. Perché se ha accumulato già, per dire, -10 ipotetici punti, avrà bisogno di altrettanti punti solo per essermi indifferente.

#07 - La guerra
Immaginiamo un popolo.
Diamogli una lingua, una cultura e tutto il resto. Diamogli una tecnologia medievale.
Bene, in un fantasy sarà sicuramente guerra senza quartiere. O per meglio dire, LA GUERRA PIU' TOTAAALEEEH! Non importano i motivi: deve esserci guerra!! Perché? Perché sì, diamine!
Bene, va benissimo, gli uomini si fanno guerra dall'alba dei tempi. Tutto normale. Ma che ne sa l'uomo moderno della guerra? A parte quello che si vede in tv o su internet, cosa ne sa? Puoi chiedere a un iracheno, magari, ma l'autore fantasy 20-30enne europeo, seduto in poltrona, con la tazza di caffè e il laptop e tutto il resto, che cavolo ne sa di guerra?
La risposta è: niente.
Quindi la verosimiglianza degli argomenti bellici che leggiamo è compromessa: se l'autore è stato in guerra, potremmo avere una sua visione personale della cosa; se l'autore si è informato bene sull'argomento, potremo avere una visione teorica vicina alla realtà. Ma solo il primo potrà darci la realtà narrativa che contraddistingue la letteratura. Vale a dire, la realtà oggettiva filtrata dal vissuto di una persona e restituita in una forma "arricchita".
Ad ogni modo, si può soprassedere su tutto ciò. Insomma, è solo un parere personale (come gli altri, d'altronde).
In alcuni romanzi però gli autori, consci della cosa (perché non venite a dirmi che mentre scrivete scene di guerra non provate a immedesimarvi e a scontrarvi contro la dura verità, ovvero che tutto ciò che immaginate non l'avete mai provato sulla vostra pelle), calcano la mano e ci danno dentro con le riflessioni su quanto la guerra sia terribile (scontato) o, la cosa che odio più di tutte, fanno gli uomini/le donne di mondo snocciolando fatterelli sulla guerra appresi su History Channel che, quando non sono scontati, sono proprio discutibili.
Ecco perché ammiro i romanzi fantasy che non trattano (direttamente) la guerra.

#06 - La serietà
Per suscitare un'emozione bisogna essere bravi.
Molti romanzi fantasy si distinguono per scatenare l'effetto opposto a quello voluto. Scene, dialoghi che vogliono essere seri, sul significato della vita, sulla natura dell'essere umano, spesso e volentieri fanno ridere. In senso cattivo. Cioè nel senso che traspare il tentativo, fallimentare, di voler dare spessore a storia/personaggi/scene, tentativo che scatena pietà e disprezzo.
Almeno in me.
Non tanto perché la storia in sé è fantasy, credo sia solo una correlazione (fantasy & tecnica scarsa). Ed è proprio per questo motivo che quando leggo preferisco la comicità al pathos esistenzialistico. Che riesco a trovare in altri autori (non fantasy).

#05 - La componente anti-sociale
Lo so che mi avete capito.
Sei a una festa. Sei un ragazzo single etero e stai parlando con una ragazza, oppure sei una ragazza single etero che sta parlando con un ragazzo. Poniamo che la conversazione si sposti sulla letteratura.
Poniamo anche che uno dei due non è un nerd, giocatore di D&D, amante delle ricostruzioni storiche, ecc.
Sei il ragazzo, e fai: "Sto leggendo - non so se la conosci - una saga di Weis e Hickman. Si chiama Le cronache di Dragonlance. E gli autori l'hanno scritta giocando a D&D! Be' sì, insomma, è figo, c'è questo mago, Raistlin..." Molto probabilmente la ragazza ti ascolterà annuendo, e poi troverà una scusa per andarsene.
Sei la ragazza, e fai: "Guarda, io sto leggendo 50 sfumature di staminch*a, in cui c'è 'sto tipo che cè è troppo un figo, è un inspiegabile miliardario che lavora nell'ambito della cura dell'ambiente, che poi incontra questa ragazza, e bla bla..." Perché sì, 50 sfumature è uno dei fantasy più beceri, come si capisce dalla sinossi. Il ragazzo probabilmente fingerà di ascoltare pensando: "Ci sta o non ci sta? 50 sfumature non è quel romanzo dove si schiaccia? Quindi forse mi sta mandando dei messaggi... Ma sì, ci sta, ci sta."
Nota: ultimamente, con la versione televisiva delle Cronache di Martin, anche le donne seguono GoT (attenzione, la serie tv, non i libri!), e ovviamente il loro personaggio preferito è Daenerys, quindi consiglio ai single rampanti ai cocktail party di snocciolare ammirazione per l'eroina suddetta, per entrare eventualmente nelle grazie delle donzelle.
In ogni caso, non importa quanti fantasy (anche buoni) tu abbia letto: la società ti apprezzerà come intellettual-chic solo se affermerai di leggere vecchiume socialmente considerato onorevole, non so, Joyce, Goethe, Hugo, Hemingway - o se volete incutere timore, andate sulla letteratura russa (non è necessario aver letto veramente questa roba), ma badate, è rischioso: potreste sembrare inquietanti.

#04 - Quattro
Quattro.

#03 - Lo stigma "letteratura da bambini"
Già accennato in qualche punto precedente: il fantasy è per i bambini. Secondo il senso comune.
In alcune librerie i romanzi fantasy li mettono lì, non insieme alla fantascienza, ma insieme a Geronimo Stilton e le Winx.
Ora, dico io, capisco che le copertine, e ok, anche i contenuti, possano trarre in inganno, ma perdio, librai italiani, leggetevi qualche fantasy che non sia Eragon, e rendetevi conto che in mano a un ragazzino di 9 anni potrebbe capitare un libro con un nano (affetto da nanismo acondroplasico) che si chiava una prostituta. [Parlo di Tyrion].
O peggio ancora: potrebbe capitargli un libro di Licia Troisi.
Rendiamoci conto.
Ma il mio biasimo va agli scrittori: mannaggia, impegnatevi a non scrivere delle merdate, che poi mi costringete a sentirmi un cretino, quando vado in libreria per fare l'intellettuale e finisco a spulciare il reparto bambini per vedere le novità fantasy.
E già una volta alcuni anni fa il libraio, mio amico, mi ha detto: "Che ne diresti di leggere qualcos'altro, eh? Basta avere la testa tra le nuvole, questa roba fantasy... eh?"

#02 - Gli autori di fantasy
Il fantasy è la prima dannata esperienza di scrittura che fa la gente.
Purtroppo capita che il risultato di questa prima volta finisca pubblicato.
Autori di fantasy di tutto il mondo riunitevi, così basterà una sola bomba: non è una legge che tutto ciò che si scrive vada proposto alle case editrici. Perché non provate a scrivere riguardo a qualcosa che conoscete bene? Chennesò, il vostro alter ego, con la moglie che gli fa le corna e lui lo scopre e diventa un serial killer. Tanto per dirne una. Storie di vita vera. Prima un po' di allenamento così, e poi vi date al fantasy.
Ma soprattutto, sappiate che pubblicare un libro (pagandosi la propria pubblicazione, per giunta) non fa di voi degli autori di bestseller, quindi sgonfiatevi un po' e se vi piace davvero la scrittura, dateci dentro e mettete da parte il fantasy, che c'è già tanta robaccia in giro.

#01 - I lettori di fantasy
Sono il primo ad ammetterlo.
Il fantasy non ha grande dignità. Potrebbe averne, possiamo citare diversi casi emblematici di come il fantasy sia un genere letterario dignitoso come altri. Ma insomma, non è come la fantascienza: diversi romanzi sci-fi impostati col what if - praticamente tutti - hanno dato all'umanità, oltre alla storia di per sé, vere e proprie profezie, spunti di riflessione, e quant'altro.
E il fantasy? Diciamocelo, poco.
Ciò nonostante, noi, imperterriti, continuiamo a leggerlo. A criticarlo, magari, a lamentarci, ma comunque lo leggiamo.
Poi però incontri lettori di fantasy, pre-adolescenti, adolescenti, magari pure qualche adulto, che dai gusti che esprimono (in fatto di romanzi) capisci subito che non capiscono un cavolo cercano solo dei "surrogati" dei videogiochi. Qualcosa da fare tra una partita a WoW e una ad Assassin's Creed. E poi te lo confermano.
Allora ti viene da pensare: "Perché diamine leggo fantasy? Forse dovrei smettere."

venerdì 16 novembre 2012

Impressioni | Capitano Alatriste, di Arturo Pérez-Reverte

Era una lettura che avevo lasciato in sospeso da tanto tempo, al punto da dimenticarmene.
Alla fine ho preso e ho letto il primo libro della saga dall'avvincente titolo: "Le avventure del capitano Alatriste". Si tratta di una serie di romanzi di azione/avventura ambientati nella Spagna del '600.
Sarò breve.
Come ho già accennato, ho letto solo il primo romanzo e, sebbene adesso stia leggendo altro, sono sicuro che tornerò sulla saga.
Ci sono due tipi di romanzi belli: quelli con una bella trama (e relativo sviluppo) e quelli con un bello stile. Quando becchi entrambe le cose sei a cavallo.
Capitano Alatriste è del secondo tipo. Quello dello stile, intendo.
Non che la trama sia scarsa; si tratta di una novella, la trama è semplice (Alatriste e Malatesta vengono ingaggiati per uccidere due forestieri in arrivo in città), ma è lo stile a farla da padrone. Il narratore è Iñigo, il ragazzo "adottato" da Alatriste, figlio di un defunto compagni d'armi, che quindi racconta in prima persona gli eventi.
In realtà narra di Alatriste in terza, com'è ovvio, e questo se da un lato è ottimo per la caratterizzazione del personaggio di Alatriste (Iñigo lo mitizza, sia perché in effetti è un mito, sia perché lui all'epoca dei fatti è solo un ragazzino), dall'altro incorre in particolari "nodi" narrativi, del tipo che Iñigo racconta ciò che succede fuori dalla sua vista (e udito), con ricchezza di sentimenti e percezioni di Alatriste stesso, quasi sostituendosi con un narratore onnisciente. Ok, il Capitano gli avrà raccontato tutto in un secondo momento, o qualcosa di simile, o magari è Iñigo che sta inventando: a noi non sempre è dato saperlo. Non è una cosa che compromette seriamente la lettura, però boh, io ci ho fatto caso.
Altra piccola pecca stilistica: le digressioni storiche. Per carità, di solito si tratta di "conferme" all'ambientazione, riferimenti a opere che testimoniano i luoghi o personaggi che compaiono nella storia, ma spesso diventano pesanti ed è lo stesso narratore a dire che se il lettore è interessato può approfondire altrove. Niente di troppo grave, comunque.
Lo stile però è accattivante. L'unico motivo per cui ho dato 4 stelle su Anobii è a causa appunto delle digressioni (sono troppo frequenti, per i miei gusti), se si potesse gli darei 4 e mezzo su cinque. Il bello della narrazione in prima persona è che puoi colorarla con un tono preciso, in questo caso il blues dei "poveri diavoli" che campano a tirare alla buona a Madrid, tra una bevuta e un duello (o una coltellata).
Questo primo romanzo è corto - una novella, insomma, non ho idea degli altri. Vale la pena dargli una chance, soprattutto se si apprezzano i romanzi storici, d'azione, cappa e spada, e chi più ne ha più ne metta.

giovedì 8 novembre 2012

Il mio Kindle

Ho ricevuto in regalo un Kindle (il Kindle semplice, non so se per distinguerlo dagli altri ci sia qualche altro nome, seguendo il Duca possiamo chiamarlo Kindle 4).
Proprio io, scettico nei confronti di Amazon, della sua brama di danaro, nel suo controllo sui dispositivi, sul formato proprietario degli ebook che ci leggi sopra, Amazon che ti mette il Wi-Fi nell'eReader per controllarti in stile occhio di Sauron ("Io ti veeeedo! [...piratare i libri, dannato proletario squattrinato!]").
Ce l'ho, ti pare che non lo uso?
Ecco i pareri sulle caratteristiche, confrontate per una questione di ragionamento empirico col mio eReader precedente, il pucciosissimo Opus. Questa è la pagina del prodotto su Amazon. Ma tanto che ve ne fate, quando avete questa recensione accurata et onesta come questa?
E ora via con la carrellata di dagherrotipi commentati!

Opus (a sinistra) e Kindle, o Kindle 4 (a destra), su un campo di tappezzeria geometrica a rombi verde scuro molto elegante.

Rispetto al mio precedente attrezzino (parlo del lettore, ovviamente), il Kindle (4) ha un pollice in più.  Arrivando così a 6 pollici. Che non sono tanti, se chi legge è un utente casuale arrivato qui con Google in cerca di nuovi quanto inutili aggeggi elettronici touch/wifi/3G/videogame/sottobicchieri/macchine-del-caffè che hanno uno schermo dai 7'' in su. Considerando che 5 pollici sono sufficienti, per leggere, 6 pollici sono un ulteriore guadagno in comodità (e io mi ci fermerei anche, tutto sommato, visto che se aumenti lo schermo aumenta anche il bordo della cornice, e di conseguenza le dimensioni dell'intero arnese; a meno che non riesci ad aumentare le dimensioni dello schermo "mangiando" la cornice, e rimanendo così nella tascabilità, come quelle TV piatte che hanno solo schermo e niente bordo, ma solitamente per simili cose è richiesta una tecnologia più costosa, anche se i nuovi schermi eInk flessibili forse lasciano intravedere un ulteriore passo in avanti, ma io sono 'gnurante e lascio morire qui la questione).
Qualche lettore affezionato si ricorderà delle impressioni che scrissi sul Trekstor Pyrus. Di conseguenza, noterà come il Kindle 4 e il Trekstor Pyrus siano non dico uguali ma molto simili. Ovviamente è il secondo che è simile al primo.

Dagherrotipo tratto da questo articolo. Pyrus (a sinistra) e Opus (a destra), sullo sfondo effettivamente indecente di un lenzuolo colorato di cotone.

A parte il design approssimativamente uguale del Pyrus, dalla foto non si può notare il materiale, credo comune plastica quella del Pyrus, mentre la "carrozzeria" del Kindle 4 al tocco è fredda e sottile ma solida e leggera. Non vorrei dire una cavolata, non me ne intendo di materiali, però si nota che quello del Kindle è migliore. Anche se, sinceramente, non ci tengo a constatarlo, tipo con un lancio a terra ben assestato.
Inutile dirlo, il Kindle ha un contrasto migliore rispetto all'Opus, grazie all'eInk Pearl, e un refresh rapidissimo, il più rapido che abbia mai visto sui dispositivi che ho provato (Bookeen, Trekstor, Asus, Audiola, questa risma, insomma). Si trasformano solo le righe del testo, senza flash dell'intera pagina (ma il tipo di refresh si può settare).
Una utilissima manna dal cielo, di cui lamentavo la mancanza sull'Opus: i dizionari integrati. La navigazione all'interno del testo col cursore è velocissima, e basta posizionarlo all'inizio della parola per generare, a piè di pagina (o viceversa, all'intestazione, nella direzione opposta alla posizione del cursore, per poter facilitare la lettura del testo, naturalmente), un box con la definizione del termine desiderato (monolingua, sia Italiano che Inglese; il dizionario Inglese-Italiano va scaricato a parte, almeno per il mio Kindle - e si paga; però ne ho trovato uno gratis sul web: è furto? Amazon mi manderà i suoi agenti speciali a casa? Forse il Kindle è una passaporta o un teletrasportatore per questi ultimi?)

Visuale dei tasti sul bordo. Leggasi oltre per scoprire cosa vi si cela dietro. E non si tratta della tappezzeria del divano.

I tasti per sfogliare le pagine si trovano sul bordo e sinceramente non capisco perché sono posizionati così, cioè per metà sulla parte anteriore e per metà sul lato. Quando li premi, si spostano un po' dentro ma anche un po' in fuori, all'esterno, al punto che ho paura di staccarli. Sono gli unici tasti che ti consentono di voltare pagina, mentre il piccolo pad circolare di navigazione ha altre funzioni, la parte delle frecce usate in maniera isolata nel testo serve al salto al capitolo successivo. Quindi, per girare pagina poi usare queste due coppie (a destra e sinistra) di tasti: la scomodità si nota quando ti trovi a leggere con il lettore afferrato da dietro, cioè col pollice su un bordo e le altre dita su quello opposto. Nel momento in cui devi cambiare pagina, sei costretto a cambiare impugnatura - stare attento a non farlo cadere - e pigiare il bottone. Idem se lo afferri da sotto: il pollice vicino al pad rotondo non serve a voltare pagina, visto che il tasto adatto è sul bordo.
Invece, nell'Opus, se afferri l'aggeggio da sotto, senza perdere la presa puoi pigiare sulla freccina destra del pad rotonda con il pollice e voltare pagina. Oppure, se lo afferri mantenendo il pollice sul bordo lungo, anche lì ci sono pulsanti per il cambio di pagina.
Uno può dire: Chissenefrega, afferralo nel modo migliore per cambiare pagina e basta. E invece no. Visto che la maggior parte delle persone legge a letto (oltre che al bagno), e visto che gli eReader ti permettono acrobazie di comodità che un libro normale non ti permette (a causa del mattone di pagine, della rilegatura che si stacca se lo maltratti ecc.), un buon connubio presa+cambio pagina è il top.
Mi chiedo perché Amazon abbia limitato le funzioni dei tasti centrali. Mah.
Veniamo al Wi-Fi.
Il Browser del Kindle. La foto l'ho scattata qualche settimana fa. Com'è evidente, il Rifugio ha il suo fascino anche in bianco e nero.

Lo ammetto, il Wi-Fi non l'ho voluto accendere per i primi giorni. Per paura del controllo etereo di Amazon. O controllo telepatico a distanza, stile MK-Ultra, sennò scoprivano che sono uno di quelli che usa il p2p. Poi mi son detto sticazzi, male che vada ho sempre l'Opus, che non mi tradisce e non giudica le mie attitudini corsare. <3 p="p">Ho un'idea vaga di come funzioni l'acquisto di ebook in rete direttamente dal lettore. Il motivo va cercato nel mio delirio di persecuzione che dovrebbe trasparire in maniera evidente da questo post.
Torniamo al Wi-Fi. Il browser è un software "sperimentale", per il lettore (ovvio, ai tempi lo era, i Kindle recenti fanno questo e altro). Ma si comporta bene. Ovviamente si possono visualizzare solo contenuti statici. Il problema è, logicamente, nell'immissione di input testuali. I pulsanti fisici a disposizione sono quelli che si possono vedere sul dispositivo, funzionalità touch non ne ha, quindi il tastierino è virtuale, si genera con l'apposito pulsante fisico, ma per immettere le lettere bisogna navigare sul tastierino stesso, spostandoti di lettera in lettera, per esempio, dalla "w" di "www" al "." e così via. Insomma, un casino.
Diciamo che il browser - o meglio, la connessione, secondo il mio umile e probabilmente inutile parere - è solo un di più. Mettendo da parte la politica amazoniana e tutto il resto, secondo me, potevano risparmiarsene l'implementazione, ottimizzare magari la libreria - che, da quanto ho visto, ha solo un tipo di presentazione dei file, cioè attraverso il titolo, mentre nell'Opus puoi visualizzarli con l'anteprima della copertina. Nel Pyrus invece hai entrambi contemporaneamente.
Io il Wi-Fi lo lascio spento, visto che non lo uso e preferisco avere la batteria sempre fresca. Per questo lascio costantemente attiva la modalità Aeroplano.
E ora la Questione, la più importante: la roba Amazon non legge gli ePub!
Proprio così, mannaggia a loro.
La cosa è davvero stupida, ma non stiamo qui a discuterne. Tanto abbiamo Calibre. E ne abbiamo già parlato altrove (chi è nuovo può andare ai tag, cliccare su "ebook" e spulciarsi gli articoli relativi). Questa era una novità che ignoravo (perché in effetti non mi sono mai curato di informarmi): anche se i Kindle non leggono gli ePub, Calibre ti permette di convertire tutto il mondo nel formato adatto al tuo lettore (tra cui anche .azw e .mobi). E la cosa fantastica è che se non hai idea di quale formato sia adatto al tuo lettore, per esempio il Kindle, basta settare dall'inizio Calibre (o anche dopo, se si vuole) selezionando l'eReader in tuo possesso, e poi se si scarica per esempio il romanzo fantasy dell'amico blogger in formato ePub, lo si mette nella libreria di Calibre e in maniera molto naive lo inviamo direttamente al lettore. Calibre ci dirà che sarà necessario convertirlo, confermiamo e lui fa tutto.
Fantastico.

Conclusioni? Conclusioni.
So che quando ti regalano qualcosa è maleducazione sapere quanto costa (perdonatemi, è per il bene della comunità). Ad ogni modo, questo Kindle è un ottimo lettore a prezzo ridotto (al momento 79€, che non è pochissimo, ma neanche esagerato o fuori portata, e si piazza benissimo come "regalo importante"), tutto ciò che segue un lettore simile (funzionalità touch, non touch, funzionalità come tostapane o saldatrice) è qualcosa che se c'è è ok, se non c'è sticazzi (il buon linguaggio scorre potente in questo post).
Non è un lettore "base", a mio avviso, nel senso che avendo fatto esperienza con altri lettori altrettanto "basilari", mi rendo conto che i 6 pollici, i dizionari integrati, il refresh rapido e il buon contrasto rendono il Kindle (4) un ottimo lettore, superiore alla media.
Per capirci, non è uno di quegli aggeggi buoni "per cominciare". Si tratta di un dispositivo buono e basta, per sempre (non posso ancora, naturalmente, giudicare le prestazioni della batteria sul lungo periodo, ma in più di due settimane non ho mai dovuto caricarlo, l'ho collegato al PC qualche minuto solo per trasferirci dei file).

Una mia amica mi aveva chiesto un parere sugli ebook reader (ti rendi conto dell'impatto che stanno avendo sulla nostra società - dopo anni che sono in circolazione - quando vedi che in TV passano la pubblicità dell'Amazon). Ebbene, se si vuole investire 80€ per un eReader, si ha un computer, una connessione, e le capacità cognitive basilari che dovrebbero avere gli individui della mia generazione per poter usare un software semplicissimo come Calibre, allora sì, l'acquisto del Kindle 4, o insomma, il Kindle base in vendita su Amazon, sarà un ottimo acquisto.

martedì 30 ottobre 2012

Impressioni | Anno Dracula, di Kim Newman

Anno dracula kim newman fantasy horror steampunkAnno Dracula è un romanzo di Kim Newman del 1992. Ed è anche una serie - l'immancabile trilogia.
Si tratta di un horror/storia alternativa/thriller, in cui Dracula ha ucciso Van Helsing, ha sposato la regina Vittoria e agisce da despota, instaurando una specie di governo del terrore a partire da Londra, con un'ovvia predilezione verso i non-morti rispetto ai caldi.
Nel romanzo compaiono diversi personaggi di finzione e non solo, come Jack lo Squartatore, il Dr. Jekyll, Oscar Wilde, e così via.
Cosa mi è piaciuto e cosa non mi è piaciuto.

Mi è piaciuta l'ambientazione. Le esecuzioni (talvolta sommarie) per impalamento in piazza rendono bene la situazione, ovvero il contrasto tra una cultura (quella vittoriana, raffinata) e l'altra (quella dell'Europa orientale, col sapore medievale del secolare Vlad Tepes).
Ancora, il vampirismo come trend, che da un lato porta evidenti vantaggi sociali e politici per gli aristocratici e i borghesi, dall'altro invece come pericoloso tentativo di rivincita per la classe disagiata.
Il campo di concentramento di Devil's Dyke è un'altra idea brillante.
Mi è piaciuta anche la gestione della discendenza vampirica, le differenze tra la progenie malata di Vlad Tepes e quella pura di Chandagnac, e la trasmissione dei ricordi e della personalità del padre-di-tenebra (ottima traduzione, questa, a mio avviso).

Non mi è piaciuta principalmente una cosa.
Lo stile. A tratti riesce a emulare la narrazione vittoriana, a tratti la scimmiotta; nel complesso fa cadere le braccia. Avevo cominciato a leggere Anno Dracula in inglese, poi ho trovato la versione italiana e ho ricominciato con questa. Nella versione inglese avevo smesso di leggere nella scena in cui Penny e Beauregard annunciano il loro fidanzamento (notare che Kim Newman per me era una donna, non avevo nemmeno notato il Mr. nella copertina riportata sopra, e nella scena che ho appena citato ho avuto la conforma della genderizzazione della scrittura... che si è poi trasformata in un fail.). L'inizio era promettente, nella prima persona del Dr. Seward, piuttosto dinamico. Poi arriva la terza persona POV e piovono infodump. Non si tratta di informazioni impossibili da comunicare altrimenti. Talvolta invece troviamo l'accoppiata infodump+conferma della nozione appena comunicata attraverso dialoghi e azioni dei personaggi.
In certi punti, poi, nonostante la netta distinzione di POV, indicata con la riga vuota e un nuovo paragrafo, il narratore comunica pensieri e/o intenzioni dei personaggi esterni al POV, così, come nulla fosse.
Le brutture stilistiche si riferiscono inoltre a una vasta gamma di frasi.
Per esempio, le non-azioni, che non hanno motivo di esistere. Talvolta scrivere ciò che non accade, nella narrazione, può essere indispensabile o comunque difficile da modificare in forma affermativa. Altre volte, invece, non ha alcun senso scrivere ciò che non succede, come che "le scale coperte dal tappeto non scricchiolarono." Sticazzi?
Poi ci sono le descrizioni vaghe. Come "Qualcosa si avvicinava, emergendo dall'oscurità", e continuando così a narrare aria fritta, che nel cervello non si traduce in alcuna immagine, visto che ciò che si stava avvicinando non era, appunto, una cosa facilmente immaginabile. E vi do un indizio: non è una carrozza, o un uomo, o un canguro. Quindi magari quel "qualcosa" non ci sta bene, no? Magari sarebbe stato meglio - per esempio - delineare la forma di quel qualcosa, la sagoma dell'ombra o chessoìo.
Altra (esemplificativa) vaghezza da nobel: "John, ancora interdetto, stava armeggiando con un arnese da medico". Un arnese da medico.
Questo mi ricorda Parola di Giobbe, un libro di Giobbe Covatta, in cui c'è la seguente vignetta (e il senso è lo stesso per il fantomatico "arnese da medico" di Newman):
Gli infodump sono proprio nudi e crudi, volgari, irritanti nella loro banalità. In una scena, Geneviève (se non ricordo male era lei, mi sono segnato solo alcune frasi ma non il resto) sta affrontando una creatura cinese molto vecchia, e le parla in mandarino. Quella risponde telepaticamente, e il narratore prontamente ci informa: "Gli antichi non avevano la necessità di parlare."


In conclusione, per gli amanti sbavanti dei vampiri questo romanzo può andare più che bene. Di fatto, però, è scritto male. Ma proprio male. Le idee sono belle, forse le reputo tali perché non sono un fan sfegatato di vampirismo, licantropia e surrogati, ma le ho trovate avvincenti e interessanti.
Purtroppo però le idee finiscono a metà romanzo. Quindi non c'è alcun motivo per continuare a leggere oltre quel punto, e se l'ho fatto è stato solo perché non mi va di scrivere post su romanzi letti a metà o peggio ancora, meno della metà. Poi i miei lettori cosa devono pensare? Che sono pigro? (sì)
Se lo stile fosse stato un tantino migliore, lo avrei letto con maggiore voracità e probabilmente avrei scelto di continuare la serie.
Ma mi fermo con questo e sto bene così.

mercoledì 24 ottobre 2012

Impressioni fugaci | The Ghost Writer

ghost writer l'uomo nell'ombra film polanski noir thrillerA proposito di scrittura, fama e prodotti di mercato editoriali.
Ho visto questo film di Polanski, grande regista/sceneggiatore (quello che non può tornare negli USA perché ha un mandato di cattura per un'accusa di stupro dal' '78.)
Si tratta di un thriller "classico", ambientato principalmente su un'isola al largo di Cape Cod tormentata da pioggia e vento.
Al protagonista (Ewan McGregor, conosciuto anche come mento-a-culo) viene incaricato di scrivere la biografia dell'ex Primo Ministro inglese - perché si sa che certe personalità, come i politici, le star o il papa, non si sporcano mica le mani per pigiare sui tasti e farsi propaganda. Di qui seguono gli intrighi in cui è coinvolto, a partire dalla morte misteriosa del ghost writer che si trova a sostituire.
C'è ben poco da dire. Non conosco bene Polanski, di suo credo di aver visto solo La nona porta - quel film fighissimo con Johnny Depp che fa il collezionista di libri antichi, coinvolto in affari paranormali -, ma da quanto leggo sembra che non sia una mia impressione ma un dato di fatto: Polanski è in grado di creare una bellissima atmosfera di mistero. Non del tipo dei film horror con lo spaventone improvviso, né del tipo angoscioso di certi splatter. Direi che è ben costruita, "elegante", vuoi per la scelta delle location, vuoi per le musiche, vuoi per le inquadrature.
A questo proposito, personalmente ho molto apprezzato alcune scelte, credo di ordine tecnico - ma non ci metto la mano sul fuoco perché non me ne intendo -, come la ripresa continua dall'interno dell'abitacolo della macchina durante l'"escursione" del protagonista (in prima persona, per così dire), o la bellissima scena finale del passaggio del biglietto.
Un bellissimo film, uno di quelli da vedere al buio mentre fuori piove.

giovedì 18 ottobre 2012

Segnalazioni | The Humble eBook Bundle

humble ebook dumble

Un mio amico mi ha girato quest'iniziativa e io la diffondo di conseguenza.
Questo è il sito.
Per un periodo di tempo limitato (e con questo mi sento molto Mastrota con le pentole Mondial Casa o i materassi Eminflex), potete scaricare da Humble Bundle degli ebook pagandoli quanto volete voi e scegliendo come distribuire l'importo immesso, tra autore/beneficenza. Riporto di seguito una breve presentazione direttamente dal blog:
Here’s a brief primer on this sensational deal: for two weeks, you can pay whatever you want to get these six digital, DRM-free books: Pirate Cinema, Pump Six and Other Stories, Zoo City, Invasion: The Secret World Chronicle, Stranger Things Happen, and Magic for Beginners. If you choose to pay more than the average, you will also receive Old Man’s War and graphic novel Signal to Noise! This fantastic collection of amazing stories has a little something for everyone and comes from an amazing assembly of award-winning authors. Take a look!
Non so voi, ma Pirate Cinema di Doctorow mi fa l'occhiolino dallo scaffale digitale.
Iniziativa eccellente. Peccato che per il panorama letterario digitale italiota (combo di tre aggettivi) odierno (tanto per arrivare a Quattro e ottenere il bonus), una simile idea sarebbe impensabile.

lunedì 15 ottobre 2012

TXTR Beagle, eReader a 10€ (con sorpresa?)

Nel post sull'eReader Trekstor Pyrus sostenevo che lo stesso fosse probabilmente tra i più economici eReader con schermo a inchiostro elettronico. La questione va aggiornata.
A quanto pare, alla Fiera del Libro di Francoforte è stato presentato questo nuovo eReader (eInk, 5 pollici, 8 livelli di grigio) che sul mercato europeo verrebbe a costare solo 10€. Ulteriori dettagli potete trovarli per esempio qui o cercando da voi su Google.
Riassumendo, si tratta di un normalissimo lettore non tanto diverso dal mio adorato Opus (a parte che questo Beagle va a batterie a stilo), ovvero un cosino di 5'' che si limita a leggere i libri senza connettersi in alcun modo ad alcun aggeggio.
Dov'è la fregatura? Come può costare solo 10 sacchi?
Sembrerebbe che quest'affare verrà "annesso" agli smartphone, così ho letto in giro, e nonostante i 4GB di memoria interna, si potranno trasferire solo fino a 5 libri alla volta esclusivamente via bluetooth con un'applicazione dello smartphone.
Quindi: compri uno smartphone, incluso a questo ti danno il Beagle e con un'app trasporti i libri dal cellulare al lettore.
Le informazioni su internet sono contrastanti, a cominciare dalle pile (secondo il link precedente sono 2, secondo altri, come questo, 3), per finire con l'OS compatibile col lettore (secondo il primo link l'app sarebbe un'esclusiva Android, altri post riferiscono che in futuro sarà possibile anche per iOS, cosa a mio avviso improbabile, visto che la Mela di solito fornisce tutto lei, software e dispositivi).
Secondo questo post:
una periferica mono-funzione come sembra essere l'e-reader di casa Txtr potrebbe faticare a imporsi sul mercato. Per questo motivo l'azienda berlinese ha avuto l'idea geniale di commercializzarlo come un accessorio di telefonia mobile, stringendo accordi con i principali operatori che, attraverso la pratica del subsidizing, si dovrebbero far carico di parte del costo del dispositivo.
Spero che quel "geniale" sia ironico.
Non c'è granché di geniale (anche se, vedendo le orde di fessi disposti a scialacquare gli stipendi per roba Apple identica alla roba di un anno prima, direi che alcune manovre di mercato non siano poi tanto stupide, ma gli stupidi sarebbero gli acquirenti).
In pratica la tattica è simile a quella di Amazon. Noi ti diamo il dispositivo a poco prezzo, voi però dovete comprarvi i libri dal nostro store, altrimenti il vostro dispositivo sarà inutile.
In pratica, la fregatura.
Questo sarebbe anche giusto e grosso modo conveniente... in un mondo privo di eReader "liberi" e magari con eBook al costo massimo di 1 euro (pur leggendo due romanzi al mese, 24 euro di spesa per file di testo sono sopportabili).
Dato però che esistono eReader liberi di leggere ciò che il loro proprietario decide di caricarci, se davvero questo TXTR Beagle non fosse altro che un ennesimo tentativo di incatenare la cultura, allora il progetto ha tutto il mio disprezzo.
Per il bene dell'umanità, voglio ricordare che è preferibile (a mio avviso) acquistare eReader privi di formato proprietario (quindi escludendo roba Amazon, a meno che non abbiate esperienza con la conversione dei formati, in tal caso allora ok). Con un eReader che legge ePub e qualsiasi formato tu voglia metterci dentro, sei libero di fare quello che vuoi. E ancora, oltre all'uso di Calibre, ricordo questo post di Tapiro, che permette praticamente di avere la propria "fucina" editrice e trasformare i file di romanzi in un formato ePub uguale e migliore di quello venduto dalle stesse case editrici.
Per concludere, fermo restando che le informazioni sono ancora scarse a riguardo, spero vivamente che questo TXTR Beagle a 10 euro vada in porto senza restrizioni dovute all'acquisto di smartphone/formati proprietari.
Vedremo come andrà.

sabato 13 ottobre 2012

Impressioni | Gang bang, di Chuck Palahniuk

Gang bang snuff chuck palahniukIo con Palahniuk sono come Tapiro con Dick. Quindi abbiate pazienza.
Gang bang è il titolo italiano di Snuff. Sinceramente: ottima scelta. I titoli sono una brutta bestia: Gang bang ricorda il porno, è un titolo "coraggioso" (modalità aggettivi random per recensioni lettterarie: ON), nel senso che colpisce l'attenzione in maniera più adeguata rispetto a Snuff.
Uno snuff movie è un filmato, di solito amatoriale, in cui viene ripresa la morte di una persona.
Gang bang tratta di un film che sta girando Cassie Wright, regina del porno, che vede appunto le prestazioni di 600 uomini con una sola donna, al fine di stabilire un record storico. Vista l'entità dell'impresa, si teme che Cassie possa morire durante le riprese, e ciò nonostante tutti gli attori entrerebbero nella storia, il figlio segreto dell'attrice erediterebbe una fortuna e la stessa Cassie avrebbe la redenzione per il tipo di vita che ha avuto. La storia è situata in una salone d'attesa in cui si trovano i 600 uomini, ed è narrata nella solita prima persona, con quattro POV: il n° 600, il 72, il 137 e Sheila, la coordinatrice.
Dei romanzi di Palahniuk che ho letto finora, mi sembra quello con più colpi di scena.
Su Anobii l'ho votato 5 stelle, ma a metà romanzo lo stavo valutando 4 (è approssimativo dare un voto a un romanzo, ma se proprio si deve, preferirei farlo in decimi).
Quello che "non mi piace" di Snuff è che lo stile di Palahniuk per questo romanzo è lo stesso degli altri. Mi spiego: i personaggi sono quattro, ma la differenza tra uno e l'altro è minima nello stile. Da un lato questo è giustificabile con l'Io sommerso di Palahniuk, che senza usare verbi di senso ficca dritto dritto nel cervello del lettore le immagini e le sensazioni del personaggio (lo stile quindi come mero veicolo del significato, e non come elemento formale a sé). Ad ogni modo, nella lettura riuscivo a identificare tutte le indicazioni che Chuck dà nei suoi saggi (come lo scandire il tempo con unità originali, per esempio il numero di film passati sugli schermi nello stanzone d'attesa o i fiocchetti di forfora caduti dalla testa di Sheila). Il che va bene, secondo me, quando il narratore non coincide col personaggio.
Altra cosa che mi è piaciuta poco: le svariate informazioni. Anche questo fa parte del "vademecum" palahniukiano, e lo capisco. Si vede che Chuck si è informato non poco riguardo a tutto il mondo dell'industria pornografica. Ma, a mio avviso, per quanto ben presentate, certe informazioni costituiscono comunque un leggero infodump, e il romanzo sarebbe stato bello anche senza di esse, o almeno, in misura minore.
Non fraintendetemi, Palahniuk non fa infodump gratuito. Qui intendo suggerire ipotetici "miglioramenti" a una narrazione di per sé perfetta. Cadiamo insomma nel gusto personale, in pratica (figuriamoci se vado a dire a Palahniuk come scrivere).
Ad ogni modo: il ritmo è ottimo e il romanzo non si sbrodola. Sono 208 pagine (mi pare 150-180 secondo il mio lettore, mistero) che si leggono con grande interesse e senza annoiare.
La "satira" c'è sempre, in Palahniuk, e come ho avuto modo di dire altrove - credo per Survivor -, il secondo fine "sociale" è una conseguenza, del romanzo, non il nucleo centrale, che rimane sempre e comunque la storia.
Un romanzo deciso, una narrazione con carattere, un autore cazzuto. Palahniuk è sempre una garanzia.
Dato che la copertina originale è un piccolo capolavoro, mi sembra giusto condividerla:

mercoledì 10 ottobre 2012

Impressioni fugaci | The casual vacancy, di J. K. Rowling

Ho saputo in ritardo della pubblicazione, ma ho cercato di rimediare in fretta.
Parlo ovviamente dell'ultima opera della Rowling che non c'entra niente con Harry Potter. Un romanzo "per adulti" (e qui tutti hanno pensato: "Eh eh, che sporcacciona!"). I media o il marketing, poi, hanno spinto al massimo l'aspetto "scandaloso" per far parlare.
Io capisco benissimo: la J. K. si sarà anche divertita a scrivere i libri di HP - non so fino a quale libro -, ma a un certo punto uno vuole pure staccare, e non deve essere stata una passeggiata dover scrivere per forza qualcosa che probabilmente sotto sotto ti ha rotto (indi, ghost writer?).
Insomma: "Guardatemi, non sono solo una fortunata che scrive due stronzate per bambini e si fa i miliardi, ma ho un talento e so scrivere anche cose da grandi".
A questo punto sforna The casual vacancy, che vuol essere un romanzo trasgressivo, macabro, sconcio, raccapricciante ("Il primo libro dell'autrice che tratta di sesso, droga e rock 'n' roll e bestemmie.").
Ora, un po' per tutti trasgressione e Inghilterra sono un ossimoro.
Ciò che mi sono ritrovato davanti, però, è stata una cosa diversa da quello che mi aspettavo. Cioè, bestemmie e sconcezze varie non c'entrano. Questa roba è simile a Desperate Housewives.
Ogni capitolo ha un POV, ogni POV riguarda una famiglia coinvolta con la vita politica dell'ambientazione, ovvero Pagford, una tranquilla cittadina immersa nelle colline.
Per me è tutto così lovely, ma... C'è un "ma".
Lo stile. Gli Harry Potter, forse qualcuno non lo ricorda ma io sì, avevano uno stile che dal primo libro fino all'ultimo è mutato, si è fatto certamente più "serio", ma all'inizio la narrazione tendeva verso il favolistico e soprattutto verso l'umorismo. Le stramberie magiche dovevano far sorridere se non ridere.
Se invece The casual vacancy deve far rabbrividire o qualcosa di simile, allora fallisce - secondo me -per colpa dello stile.
Prendo alcune frasi della review del Guardian:
The new book contains regular outbursts of four-letter words, along with the memorable phrase "that miraculously unguarded vagina"
E ancora:
No one, I suspect, reads Rowling for the beauty of her sentences but there is often a sense here that the language is not quite doing what she wants it to do. One character, we are told, "hated sudden death". Who doesn't? The metaphors regularly run away with her. One character's sexual performance was "as predictable as a Masonic handshake". What's predictable about that?
Mi "stupisce" (e neanche tanto, in realtà) che tal Theo Tait del Guardian non abbia notato la cosa più evidente.
Incollo un breve brano (Part I, Monday, VIII):

The Old Vicarage was the last and grandest of the Victorian houses in Church Row. It stood at the very bottom, in a big corner garden, facing St Michael and All Saints across the road.
Parminder, who had run the last few yards down the street, fumbled with the stiff lock on the front door and let herself inside. She would not believe it until she heard it from somebody else, anybody else; but the telephone was already ringing ominously in the kitchen.
‘Yes?’
‘It’s Vikram.’
Parminder’s husband was a cardiac surgeon. He worked at the South West General Hospital in Yarvil and he never usually called from work. Parminder gripped the receiver so tightly that her fingers hurt.
Praticamente ti sbatte in faccia le informazioni di cui hai bisogno al momento, e non solo quelle essenziali, ma anche quelle minori. Posso tollerare la prima informazione "topografica", ma sapere che il marito di Parminder è un cardiochirurgo in un momento concitato non è la migliore delle scelte.
E poi gli avverbi, tanti, inutili. In questa parte non ce ne sono troppi, a parte l'orrendo "ominously", che è a dir poco inadeguato, attenua di una tacca il senso di tensione che il resto di narrazione sta creando.
La Rowling ha proprio bisogno di vomitare informazioni sul lettore, a costo di sottrarre ritmo narrativo alla storia e occuparlo da wall of text come questo (come prima, ma capitolo III):

  She had hated Barry Fairbrother. Shirley and her husband, usually as one in all their friendships and enmities, had been a little out of step in this. Howard had sometimes confessed himself entertained by the bearded little man who opposed him so relentlessly across the long scratched tables in Pagford Church Hall; but Shirley made no distinction between the political and the personal. Barry had opposed Howard in the central quest of his life, and this made Barry Fairbrother her bitter enemy.
  Loyalty to her husband was the main, but not the only, reason for Shirley’s passionate dislike. Her instincts about people were finely honed in one direction only, like a dog that has been trained to sniff out narcotics. She was perennially aquiver to detect condescension, and had long detected its reek in the attitudes of Barry Fairbrother and his cronies on the Parish Council. The Fairbrothers of the world assumed that their university education made them better than people like her and Howard, that their views counted for more. Well, their arrogance had received a nasty blow today. Fairbrother’s sudden death bolstered Shirley in the long-held belief that, whatever he and his followers might have thought, he had been of a lower and weaker order than her husband, who, in addition to all his other virtues, had managed to survive a heart attack seven years previously.
La cosa che frega la Rowling è che non presenta i pensieri dei personaggi così come sono nella loro testa: lei li tira fuori e li impasta in maniera tale da risultare per metà proprietà dei personaggi e per metà roba sua. Il risultato è una vera e propria "Pausa" al flusso narrativo, un voce fuori campo che ti dice ciò che devi sapere, una voce che però non è quella del personaggio, anche se a tratti le assomigli, poi è come se si premesse "Play" per poi essere costretti a mettere di nuovo in Pausa poco più avanti.

Il Guardian conclude:
The Casual Vacancy is no masterpiece, but it's not bad at all: intelligent, workmanlike, and often funny. I could imagine it doing well without any association to the Rowling brand, perhaps creeping into the Richard and Judy Book Club, or being made into a three-part TV serial. The fanbase may find it a bit sour, as it lacks the Harry Potter books' warmth and charm; all the characters are fairly horrible or suicidally miserable or dead. But the worst you could say about it, really, is that it doesn't deserve the media frenzy surrounding it. And who nowadays thinks that merit and publicity have anything do with each other?
Io non posso tirare le somme: in inglese l'opera mi appare molto lenta e poco appassionante, e oltretutto le scelte stilistiche inappropriate mi saltano all'occhio più che in italiano - a causa dell'automaticità della lingua madre, l'occhio può non accorgersi di "brutture" perché non ci si sofferma senza sforzo, mentre in inglese la concentrazione è naturalmente maggiore, e così anche la "criticità".
Mi piace l'atmosfera mondana creata dalla Rowling, così come l'ambientazione. I personaggi vanno bene, ma il peso principale è lo stile. Il narratore si sofferma su come si sentono certi personaggi, con ricchezza di termini ma penuria di immagini/significato; le informazioni ci vengono buttate addosso, ci travolgono e non lasciano sufficiente spazio agli eventi.
Personalmente, sebbene con qualche dubbio, rimando la lettura e il giudizio definitivo alla versione italiana.

lunedì 8 ottobre 2012

Segnalazioni | A gentlemen's duel

Intervallo "leggero" tra un'impressione e un'altra. Suggerisco questo video trovato non so come sul web. Immagino che anche voi come me ora andrete a vedere tutti i cortometraggi della stessa casa di produzione o in generale gli altri video correlati (per esempio, è bellissimo The Saga of Biorn).
Anche se è in inglese, oltre a qualche (divertentissima) battuta iniziale, si può apprezzarlo pur non capendo un accidenti.

[Edit del 9/10/12: Tapiro mi segnala che lo stesso video lo ha consigliato il Duca in questo post del 2009. Chiedo venia, non avevo mai visto il post. Ma vabe', consideriamolo un reblog.]

martedì 2 ottobre 2012

Impressioni | La caduta dei giganti, di Ken Follett

Sono insofferente ai mattoni.
Mi attirano di più, sono quelli che guardo con più interesse in libreria, ma allo stesso tempo esigo molto e se c'è qualcosa che non mi convince, rinuncio ad andare a fondo.
Il caro buon Daniele voleva un mio parere su Ken Follett e il Century Cicle. Dato che avevo letto solo I Pilastri della terra e Mondo senza fine, ho voluto provare La caduta dei giganti. La recensione appena linkata risale a giugno 2008, non avevo nemmeno 17 anni, quindi non assicuro una grande maturità critica - non che possa assicurarla neanche ora -, ma grosso modo non credo di aver individuato cose tanto assurde.
La caduta dei giganti è uscito un paio d'anni fa, se non sbaglio. Costa 25 euro, sul sito della Feltrinelli 21 e, udite udite, in formato ePub con Adobe DRM è vostro a "soli" 9,99 euro. Venghino signori... not.
La quarta di copertina della Caduta è eloquente. Ci sono diversi personaggi, ricchi e poveri, di diversi paesi, le cui storie si intrecciano sullo sfondo della WWI, in sostanza.
E ora vi rivelo una cosa: non l'ho finito.
Le opinioni sullo stesso sito della Feltrinelli riportano - come al solito - posizioni contrastanti sull'opera. Ma nonostante il contrasto, i pareri negativi comprendono una tesi comune.
Scritto da salvo52 il 10 gennaio 2011
Sono certo: questo libro non lo ha scritto Ken Follett
Diversi utenti lo sostengono. Non essendo io un appassionato di Follett, non sono in grado di dirlo. La prima impressione che ho avuto è stata: sembra un romanzo scritto da un autore alle prime armi e ripulito alla meglio per renderlo decente.
In sostanza, l'autore pensa di parlare o con un bambino o con un cretino o con entrambi. O meglio, con un bambino cretino.
Infodump qua e là e salti di POV inopportuni, con digressioni storiche in eccesso e dialoghi approssimativi. Non c'è pathos. In una scena, per esempio, un personaggio [non faccio spoiler] arriva a casa con un grosso problema da rivelare. Ma ecco che la narrazione necessaria alla costruzione dell'atmosfera (e.g., movimenti dei personaggi, linguaggio corporeo, ritmo delle battute, scelta dei termini) manca. Abbiamo il personaggio che entra in casa, c'è uno scambio veloce di battute con frasi stereotipate, una spolverata di emozioni spiattellate grossolanamente per dovere (raccontate e non mostrate, con conseguente vuoto emotivo nel lettore) e la scena si risolve nella maniera più indolore possibile.
I personaggi della Caduta mancano di emozioni vere e proprie. Follett ti dice: "Tizio è arrabbiato e confuso", o "Caia è divorata da una passione travolgente", e spera di cavarsela con due frasi fatte. Nella mia mente questi personaggi sono manichini.
Ci sono frasi da racconto rosa di serie B. Come:
L'amore per Walter aveva risvegliato in Maud il leone sopito del desiderio fisico, un desiderio stimolato e tormentato da baci rubati e amoreggiamenti furtivi.
Se volessi un romanzo di frasi fatte non andrei certo a spendere 25 euro. Me lo scriverei da me.
Tutto sommato la lettura non è pessima. Il problema è che anche lo sviluppo è lentino. Non noioso come altri romanzi che ho avuto il dispiacere di leggere, ma comunque non così esaltante.
Lo spazio dato agli avvenimenti storici è eccessivo. Oltretutto, quando si parla della situazione politica, il linguaggio muta e assume uno stile manualistico-stereotipato, con tanto di metafore e termini che dubito uscissero di bocca persino a Churchill mentre prendeva il tè con altri politici.
Nel complesso darei la sufficienza. Un 6/10, nel senso che sebbene lo stile faccia cadere le braccia in diversi momenti, i dialoghi e i personaggi non abbiano alcuna coloritura emotiva, diverse digressioni storiche siano inappropriate, e via discorrendo, nonostante tutto ciò, la gestione degli eventi non è tremenda, le "armi seppellite" ci sono e se si ha abbastanza pazienza, le si vedrà "sparare". (Credo. Di solito Follett fa così.)
Io ho abbandonato la lettura perché mi stavo abituando alla bruttezza. E perché sono curioso di leggere altri libri - l'ultimo della Rowling, Casual Vacancy: voglio proprio vedere di che si tratta.
Quindi, se non avete altro da leggere, non avete grandi esigenze stilistiche, e vi piace la Prima Guerra Mondiale, forse La caduta dei giganti potrà piacervi.

giovedì 20 settembre 2012

Impressioni | Flaming London, di Joe R. Lansdale

Joe R Lansdale Flaming London Londra tra le fiamme steampunkIl seguito di Zeppelin Wests, ma non necessariamente collegato, si può leggere anche a sé.
Per qualche strana ragione, non ho scritto nulla sull'episodio precedente. Devo essermi dimenticato.
Flaming London non l'ho trovato da nessuna parte, né in libreria né su Internet. Però esiste, in italiano, l'ho scoperto da poco, col titolo Londra tra le fiamme. Io l'avrei tradotto Londra in fiamme, visto che il titolo originale è abbastanza immediato e "tra le fiamme" a mio avviso ne smorza l'effetto, anche se per una sola sillaba.
Comunque.
La linea narrativa procede con due POV: il diario di Ned, una foca con un cervello umano e un cappello meccanico, e un generico POV di Mark Twain. Altri personaggi sono Jules Verne e compare anche H. G. Wells.
In effetti, Flaming London è una specie di Guerra dei Mondi.

Ho apprezzato lo stile: dato che la storia tende principalmente all'umorismo, ogni scelta stilistica va considerata secondo quest'ottica. In alcuni punti la narrazione è eccentrica (per esempio, una scena di "corsa", suddivisa in quattro o cinque paragrafi titolati e con uno stile da cronista sportivo - ma non voglio spoilerare). Divertentissime le parti di narrazione del Diario di Ned che, in quanto foca, ci tiene a far sapere le sue opinioni da foca nelle diverse situazioni (per esempio, che gli piace molto il pesce, soprattutto nelle situazioni meno opportune), e la caratterizzazione sommaria degli alieni.
Altro punto a favore di Flaming London è l'uso dei vocaboli. Fa uso di una ristretta gamma di termini (sono soprattutto i verbi, che si ripetono), e questo è difficile da notare nella propria lingua madre, ma risulta lampante in un'altra lingua. Si tratta di una cosa buona: un vocabolario ristretto implica semplicità che implica immediatezza che implica abilità nel comunicare.
A sfavore dell'opera sono invece alcuni aspetti della storia stessa. L'idea, seppur non originale, è accattivante - i marziani che invadono la terra, ma parliamo comunque di un Lansdale che prende storie ottocentesche e le rielabora con del bizzarro o meglio ancora con del nonsense -, ma la vera Londra in fiamme si vede solo verso le ultimissime pagine. Il resto è un po' di cammino senza che succeda granché, qualche sprazzo di avventura qua e là.
Inoltre la storia non ha alcuno snodo particolarmente interessante. Pare che Lansdale si sia solo divertito a mischiare varie storie e personaggi - da qualche parte ho letto che il primo libro, quindi immagino tutto il ciclo, possa essere pensato come un divertissement dell'autore.
Una novella semplice e leggera, insomma, che può interessare soprattutto gli appassionati di letteratura ottocentesca e della pura comicità.
Nonostante l'ambientazione storica e il "pretesto" sci-fi, gli elementi precipui della storia sono l'avventura, la comicità e il miscuglio di personaggi, un po' provenienti da diverse opere e un po' realmente esistiti.
Rispetto alla novella precedente, è un gradino più in basso, ma chi ha apprezzato la prima, non rimarrà deluso da questa seconda parte.

domenica 16 settembre 2012

eReader e eBook come rappresentazioni sociali

serge moscovici psicologia sociale rappresentazioniLungi da me l'intenzione di scrivere un trattato: da poco prima che acquistassi un eReader fino a questo momento, ho letto, ascoltato e discusso riguardo alla questione del Profumo della carta.
Mettendo da parte la mia opinione, vorrei proporre la mia ipotesi del fenomeno secondo la teoria delle Rappresentazioni Sociali di Serge Moscovici (il tipo nella foto).

Cosa sono le rappresentazioni sociali in sintesi.
In sintesi, Moscovici si rifà alle rappresentazioni collettive di Durkheim e gli si contrappone postulando l'esistenza delle cosiddette rappresentazioni sociali, ovvero - in termini spiccioli - postula l' "esistenza" di una sorta di immaginario collettivo. Le persone che costituiscono la società generano delle rappresentazioni sociali. Per ogni aspetto della società esiste un'immagine condivisa dai suoi membri.
Per esempio, l'uomo, non riuscendo a "contenere" e a elaborare l'idea di Dio, che fa? Gli affibbia degli attributi più semplici, più familiari: Dio = padre. E così la cosa ha più senso ed è meno minacciosa.
Secondo Moscovici, quando in una società spunta fuori un nuovo oggetto sociale (una professione, una tecnologia, una tendenza, quello che volete), ecco che la società gli attribuisce dei significati già conosciuti, fa un'analogia tra il nuovo oggetto e uno/più attributi familiari, e il nuovo oggetto entra a far parte del senso comune.
Altro esempio: all'inizio, la Psicoanalisi - che è nata non molto tempo fa, parliamo di un secolino - non aveva il significato che ha oggi. Il dott. Moscovici ha allora effettuato una grossa ricerca e ha rilevato come la Psicoanalisi veniva paragonata alla confessione (oggetto familiare e già "sistemato" da tempo immemore nella cultura del popolo). Tuttavia, diversi sottogruppi avevano un rappresentazione leggermente diversa (per esempio, i cattolici avevano un giudizio negativo a causa del ruolo della sessualità nella teoria psicoanalitica, il Partito Comunista invece vedeva nell'avanzata della Psicoanalisi l'avanzata della borghesia statunitense, ecc.)

Avete intuito dove voglio andare a parare?
La società usa il cartaceo (sia esso per narrativa, manualistica, saggistica, periodici, o anche solo documenti, burocrazia ecc.) da tempo immemore. Fermo restando che il linguaggio è una componente importantissima che contraddistingue la nostra specie (ergo: è difficile pensare che la narrativa venga soppiantata da altri mezzi, come film o videogiochi), usiamo la carta da secoli.
Abbiamo, insomma, maturato una rappresentazione sociale specifica.
Ci sono metodi statistici per rilevare le componenti semantiche di una rappresentazione sociale - e questo non è un trattato, non ho fatto alcuna ricerca in merito, sia ben chiaro -, ma a occhio e croce il libro cartaceo, nel senso comune, è:
  • Fonte di cultura
  • Manifestazione di uno status
  • Elemento socialmente accettabile
e via discorrendo.
Non sorprende che i supporti elettronici abbiano caratteristiche in (apparente) contrapposizione. La TV ci rincoglionisce, Internet is for porn, Facebook serve a cuccare, i videogiochi bruciano i neuroni ai ragazzi, ecc.
Tutti miti che col tempo si stanno sfatando. Ricordate cosa si diceva dei cellulari nel 2000? "Fanno venire il tumore al cervello" e simili¹. Be', ora nonostante netbook, smartphone e surrogati nessuno si cura più delle radiazioni sul proprio cervello (o dei propri genitali).
Di conseguenza, eReader e eBook costituiscono una rappresentazione sociale che, a prescindere dall'utilità effettiva, sta sgomitando nell'insieme delle rappresentazioni sociale del popolino. Da una parte c'è chi la accoglie a braccia aperte, sostenendone gli aspetti positivi, dall'altra c'è chi, attaccato alla vecchia rappresentazione sociale del cartaceo e dell'elettronico, la respinge, evidenziandone i lati negativi ma, soprattutto, sostenendo la vecchia rappresentazione sociale del cartaceo e sottolineandone i vecchi attributi socialmente accettati (il profumo della carta, la familiare sensazione di fisicità, e tutti gli elementi di status connessi al "Libro").

Ok, questa non è una posizione. Oltretutto, ho già espresso la mia posizione (a favore della completa diffusione della cultura, quindi a favore del digitale - e ora flame tra 3, 2, 1...).
Ad ogni modo, che vogliate o no, il digitale si è già inserito tra le nostre rappresentazioni ed è solo questione di tempo perché si stabilizzi comodamente come parte integrante della società. Questo - lo stabilirsi della rappresentazione insieme alle altre, modificandole ma non necessariamente eliminandole - è lo stesso motivo per cui dubito che il digitale rimpiazzi il cartaceo. Gli LP sono ancora in commercio, e diversi collezionisti li preferiscono. I CD esistono ancora e sono diffusissimi. Gli mp3 non hanno distrutto il mercato della musica, anzi, e così via.
In pratica, stiamo parlando del progresso che - fortunatamente - non si può fermare.

_____
Note:
¹ In Love and other drugs, ambientato in quegli anni, hanno fatto emergere questo aspetto in un dialogo, come riflesso della società del tempo, ancora priva di tutti gli strumenti di cui disponiamo ora.

venerdì 14 settembre 2012

Impressioni stroncanti | 22/11/63, di Stephen King

stephen king 11 22 63Questa non è una recensione.
Se volete un parere sul romanzo, possibilmente positivo, potete leggervi questa recensione di Ewan, che mi sembra concisa, entusiasta e appropriata.
La premessa è doverosa perché, sebbene sia un sostenitore di King, non ce l'ho fatta. Ho letto credo 200-300 pagine su 767 (260 circa se non sbaglio).
Non voglio mettere in risalto gli aspetti positivi e quelli negativi dell'opera, come di solito cerco di fare per cercare di raggiungere qualcosa di simile all'oggettività.
Questa è un'apologia, ecco.
I motivi che mi hanno spinto a interrompere la lettura sono i seguenti:
1) Un King dallo stile esacerbato.
2) Una trama povera.
3) Ritmo esasperante.
4) Quattro.
5) Rievocazione di Derry e surrogati.
6) Conseguente sbrodolamento derivato dai punti precedenti. Soprattutto dal 4) Quarto.

Ora mi spiego, non pretendo di essere appoggiato, semmai capito, ma ad ogni modo io interpreto questo mio rifiuto come un fisiologico cambiamento di gusto.
Il King dallo stile esacerbato: ok, magari così non ha senso, ma se avete letto King sapete come scrive. Ora, io ho un limite di sopportazione, e con 11 ecc. l'ho superato. King sbrodola dettagli sulla cultura statunitense che, lo so, costruiscono l'atmosfera, arricchiscono l'ambientazione, ma per la miseria, che palle! Chi se ne frega! Ci sono dettagli storico-mondani che occupano dello spazio molto importante, nella pagina. Spazio che dovrebbe essere occupato da eventi che contano e particolari necessari, o comunque non dieci volte superiori a quanto possano essere utili.
La trama povera. Immaginavo un incredibile lavoro di documentazione e un'impensabile gestione della trama e dei personaggi, visto il tema del romanzo. E invece no. Il personaggio è uno (difficile non annoiare quando in una storia si ha un solo POV, fidatevi, bisogna avere talento per accattivare), e ha giusto uno o due obiettivi. In attesa di raggiungerli, perde tempo. Attenzione, piccolo spoiler (se tale si può definire, visto che, in proporzione al numero di pagine, si trova praticamente all'inizio).
Il protagonista non deve solo salvare JFK. Prima di tutto, King ci infila una piccola sottotrama: salvare una famiglia dalla mattanza di un folle (di Derry, ma poi ne parliamo). Per questa sottotrama impiega una notevole quantità di tempo narrativo. Accorciabile di tipo una cinquantina di pagine, forse anche qualcosa in più. Poi qualche altra piccolissima sottotrama, ma il tempo impiegato è poca cosa. Intanto però siamo lontani mille miglia dal nucleo della storia. Da qui...
Il ritmo esasperante. Questo è una combinazione del primo punto col bisogno di denaro di King. Pare che all'estero più pagine produci e più ti pagano. Questo non è salutare. King si sofferma a dire cosa mangia il protagonista, dove scorrazza, cosa beve, cosa compra, quanto paga, ecc. Una noia incredibile. Zac, si poteva tagliare benissimo. Le scene interessanti sono intervallate da ampi buchi in cui cadono interesse e attenzione.
4) Quattro.
Derry. Magari molti avranno apprezzato i riferimenti a IT, ma a me hanno dato non poco fastidio. Derry è disturbata, il male, qualcosa che non va, malvagia, violenta, tanti aggettivi di orrore che ricordano un po' G.L. Questo non è show, dire che qualcosa è spaventoso non me lo farà automaticamente percepire come tale - senza un grosso sforzo da parte mia, almeno.
Oh.
Inoltre, per il protagonista i ragazzini di IT sono a posto: perché? Perché sì. Semplicemente gli piacciono, lo dice lui stesso. E non solo. Il protagonista ogni tanto incontra delle persone che semplicemente gli piacciono - e stranamente, King rende più netta la polarizzazione di certi personaggi, incredibilmente buoni, senza grigi, i ragazzini virtuosi, la famigliola umilmente perfetta, ecc. Direte voi: uno può amare o odiare a pelle qualcuno. Certo. Ma King forza tali sentimenti in maniera a dir poco spregevole su personaggi mirati. Sai che figo se Jake Epping sparasse ai due marmocchi perché semplicemente non gli piacevano?
Conseguente sbrodolamento. King è uno degli autori che ammiro di più. Quando scrivo, seguo - tra le tante indicazioni dei diversi autori - anche i suoi dettami. Eliminare gli avverbi in -mente, usare la forma attiva, ecc. Ma quando la storia non mi sta trasmettendo niente io mi faccio delle domande. Vale la pena continuare la lettura? Se l'iniziale "Massì, dai" si trasforma in "Facciamo uno sforzo" per finire in "Se non lo finisco non posso manco scriverci un post e sarà tempo ulteriormente perso", allora sì, meglio lasciar perdere la lettura.
Ci sono un sacco di storie da leggere: se una storia non ci piace, nessuno ci costringe a farci del male.

Questo è quanto.
Ripeto, King mi piace, in adolescenza l'ho idolatrato, ho provato a scrivere come lui, ho imparato a memoria On Writing, ho cercato di apprendere il più possibile dai suoi racconti brevi, ho divorato La Torre Nera, e via discorrendo. Temo che le ragioni sopraesposte siano da ritenersi come derivanti da un mero cambio di atteggiamento. Le persone crescono, cambiano, e così anche i loro gusti. Forse, rileggendo ciò che in gioventù ho apprezzato, maturerei un parere diverso.
Non lo so.
Per questo motivo non mi sento di dissuadere dal leggere 11 ecc., né di incoraggiare. King non ha bisogno di presentazioni, ognuno sa a cosa va incontro leggendo più o meno qualsiasi cosa di suo. Invito chiunque abbia avuto dubbi simili ai miei di farmeli sapere.
Può sempre essere che io stia delirando e che 11 ecc. sia un capolavoro.

domenica 9 settembre 2012

Carrellata estiva cinematografica 2012 - Parte II

Continua la carrellata estiva di film cominciata qui.


sergio leone pugno dollari trilogia clint eastwood ennio morriconeLa trilogia del dollaro (1964-1966)
Ero troppo piccolo per poter ricordare, così ho scelto di rivedere la trilogia del dollaro.
Sicuramente è invecchiato bene. Non posso dire che fosse cinema d'avanguardia, perché non me ne intendo. Non so nemmeno se è roba trash. In un'intervista, Clint Eastwood aveva dichiarato:
"The actor also played a large part in creating the character's distinctive visual style. He purchased the black Levi's from a Hollywood Boulevard sport shop, the hat from a Santa Monica wardrobe firm, and the trademark black cigars from a store in Beverly Hills."
E ancora, credo nella stessa intervista, sosteneva di aver detto a Sergio Leone che avrebbe girato pochissime scene col sigaro in bocca, perché quell'affare lo disgustava (Perché, ti ricorda il comunismo? Tsé, repubblicano di un Eastwood!). Ma a ben vedere, nei tre film ha sempre quella specie di toscanello in bocca. Mah.
Ad ogni modo, ho gradito moltissimo la trilogia. Davvero badass certe battute dal sapore davvero retro (come:
Quei due piuttosto che averli alle spalle è meglio averli di fronte, in posizione orizzontale, possibilmente freddi.
Non si fanno più dialoghi così scontati - si fa di peggio, poi li chiamano aforismi e girano su Facebook sotto improbabili foto).
Nota importante: penso alla Torre Nera e mi perplime come Sergio Leone possa aver ispirato King. Se però si considera come l'ambientazione del Dollaro sia in effetti fuori dal tempo e dal mondo (gli accenni temporali/geografici sono infimi o del tutto assenti), la cosa ha senso.

charles dickens mystery of edwin drood bbcThe mystery of Edwin Drood (2012)
Trattasi dell'ultimo romanzo di Dickens, lasciato incompiuto per cause di forza maggiore (i.e., morte), risultato: non si saprà mai chi è l'assassino. La BBC ha trasposto il romanzo in una versione televisiva divisa in due parti. Con una googlata accurata, potrete trovare il torrent e anche i sub ita.
Non ho letto il romanzo, ad ogni modo la storia è godibile.
I feticisti dello steam (e quindi dell'era vittoriana, delle rappresentazioni in costume, delle rappresentazioni storiche ecc.) gradiranno la fotografia, i costumi, le location. Gli amanti del thriller potranno godersi il mistero (ma va'?) e i diversi colpi di scena fino alla risoluzione finale.





sherlock holmes 2 gioco di ombre ita 2011Sherlock Holmes: gioco di ombre (2011)
Come credo di aver detto nel post dell'anno scorso, ci sono film la cui produzione costa così tanto da assicurarti che, per quanto possa far schifo il film in sé, ci sarà pur sempre qualcosa che ripaghi almeno in parte il tempo perso. Chessò, gli effetti speciali. O attrici gnocche.
Non è il caso di Gioco di ombre - nel senso che non fa schifo. Innanzitutto perché Robert Downey Jr. è un mito. In secondo luogo perché c'è pure Jude Law, che comunque fa la sua parte (da belloccio, null'altro, ma meglio di niente è).
So che può sembrare stupido, ma ci tengo a fare questo esempio. Su Youtube ci sono brani di Jimi Hendrix (o di altri classical rocker dalla mentalità aperta e volti alla sperimentazione, al futuro) modificati in stile dubstep. Alcuni utenti commentano aspramente la cosa come una corruzione dello musica di Hendrix, che lui si rivolterebbe nella tomba, ecc. Altri invece sostengono che lo stesso, per il suo spirito artistico, accoglierebbe di buon grado la cosa in quanto ricerca di suoni nuovi, sperimentazione.
Io sono del parere che, per quanto "commerciale" o lontana dall'originale possa essere la versione cinematografica delle storie di Sherlock Holmes, Sir Arthur Conan Doyle apprezzerebbe. Il suo stile letterario tende soprattutto all'azione e all'umorismo, e i film rispecchiano (e amplificano) certe caratteristiche. C'è del tamarro, è vero, ma parliamo comunque di un prodotto della Warner Bros. Se non accontentano lo spettatore medio, non lo producono nemmeno, il film.
Piccola nota puntigliosa: sicuramente il film sarà stato pieno di sviste anacronistiche di cui non ho competenza, e a parte il dubbio sulla machine gun distruttiva di una scena del film, forse giustificata dalla coloritura steampunk del film - non mi intendo di oplologia, e sicuramente le armi automatiche non sono state inventate ieri, ma una roba simile nel 1891 mi fa sorgere qualche dubbio -, a un certo punto Holmes parla di rimozione. Mi risulta che Freud non avesse ancora pubblicato nulla riguardo a tale meccanismo, che avrebbe visto la luce nel nuovo secolo.

District 9 sci fiDistrict 9 (2009)
Non lo conoscevo affatto se non di nome.
Quindi mi ha sorpreso lo stile di documentario fittizio. Certo, poco dopo cambia repentinamente seguendo POV vari, ma l'inizio l'ho assai gradito. Graficamente è notevole, e lo sviluppo della storia cerca di essere quanto mai verosimile. Alcune idee non vengono approfondite - ed è un peccato -, mentre altre vengono ignorate a favore della linea di "narrazione" (se così si può dire) pricipale.
In un certo senso, il film si può considerare come un sci-fi BDO, in cui però il mistero del BDO non viene svelato, ma viene completamente messo da parte e si seguono le vicende sfortunate del protagonista (umano).
Ho molto apprezzato il finale pittoresco.


Questa dovrebbe essere l'ultima parte della carrellata cinematografica estiva 2012. All'ultimo momento ho preferito escludere diversi film perché parlarne o non parlarne non faceva alcuna differenza (avrei da dire solo "Bello", "Brutto", "Hmm", e insomma, non ci svilupperei un gran monologo, perché alla fine un post è questo - soprattutto senza commenti). Se mi gira, può darsi che vi ammorbi con un altro post simile.
Se vi va, esprimete pure un parere sui film. Saturiamo ulteriormente il web.

venerdì 7 settembre 2012

Carrellata estiva cinematografica 2012 - Parte I

Come i miei affezionati lettori ricorderanno, l'anno scorso spesi un post per elencare i film che avevo visto durante l'estate. Un post riempitivo? Assenza di ispirazione? Mancanza di argomenti? Forse.
Ma come avevo scritto, l'unico obiettivo era comunicare i miei pareri non-specialistici e affollare di opinioni il web già saturo.
Come l'anno scorso, l'ordine di presentazione è totalmente random.


 50 50 2011 ita film seth rogen commedia drammatico50 50 (2011)
Due amici, uno dei due scopre di avere il cancro, l'altro è Seth Rogen. Dovrebbe bastare.
Mi ha subito interessato il tema forte del film, ed ero curioso di vedere come veniva sviluppato. Mi aspettavo una commedia nera, o qualcosa di tragicomico.
Ai fan di Seth Rogen, frat pack e film idioti (in senso buono), posso dire una cosa: non è comico, è principalmente drammatico. Seth Rogen smorza di poco l'atmosfera con le sue battute, ma la storia si muove principalmente sul dramma, non strappalacrime, ma neanche sulla risata sguaiata.
Ad ogni modo, consiglio vivamente di vederlo. La critica lo ha accolto positivamente, stando a Rotten Tomatoes, ma sicuramente il pubblico potrebbe non pensarla alla stessa maniera.
Ripeto, è un film da vedere.

in the name of the king jason statham dungeon siegeIn the name of the king (2006)
Il titolo completo è In the name of the king: a Dungeon Siege tale.
Quando ho deciso di vederlo mi sono detto: Lo so, è una tamarrata assurda e sarà sicuramente pessimo, ma c'è Jason Fucking Statham. Lo Statham di Crank e Crank 2, lo Statham di The Transporter. Un fantasy con Statham non può che essere il top del fantatrash. Lui prende i film e da scarsi li fa diventare magnifitrash.
Invece mi sbagliavo. Il film non solo è brutto, ma è anche squallido. A Statham hanno dato la parte dell'uomo perfetto tutto virtù col pizzico di ribellione anti-despotica, che disprezza il regno ma è disposto a morire per il suo villaggio e per vendicare i cari caduti sotto l'Evil Lord (che con tutti i posti va a saccheggiare un inutile villaggio di bifolchi - tutti parenti - disarmati). Sigh.
Non si può vedere uno Statham sottomesso, e dato che ogni cosa, nel film, è pessima, lui era l'unico asso nella manica.
Una carta che non è stata giocata.
Critiche negative come se piovesse, e dato che la mamma degli idioti è sempre incinta, ho appena letto che hanno girato anche il seguito.
Ri-sigh.

indiana jones predatori arca perdutaIndiana Jones e i predatori dell'arca perduta (1981)
Indiana jones e il tempio maledetto (1984)
Mi mancano i restanti, li vedrò a breve.
Dato che non avevo mai visto nessun Indiana Jones, mi sembrava giusto farlo prima che fosse troppo tardi, e segnarlo sulla lista delle cose da fare prima di morire.
Impressione rapida: sopravvalutato. Certo, è un film divertente, magari innovativo per l'epoca, ma non mi spiego l'enorme successo.
Piccola nota: non so se è una questione dibattuta o no. Qualcuno mi ha detto che gli aspetti trash sono stati voluti. Boh. Spero sia così, perché io posso giustificare la cosa solo in questo modo. "È per far ridere".
Ad ogni modo, si tratta comunque una buona visione. Non è tempo sprecato.
Per me è .



non è un paese per vecchi fratelli coenNon è un paese per vecchi (2007)
Bello è bello.
Migliore di tanti altri film. Da notare come il film sia abbastanza povero di sottofondo musicale, e come le scene siano scandite azione dopo azioni nei dettagli - al punto che vederlo due volte annoierebbe alquanto, penso.
Critica positiva, oscar e menate varie. Ho fatto un giro sul web, pare che in effetti il pubblico non sia tanto d'accordo. Molti non hanno gradito le diverse questioni aperte, i "misteri" lasciati allo spettatore.
Così come il sogno finale. Ok, simbolismi, interpretazione, tutto quello che vuoi. Forse io stesso sono uno spettatore difficile da accontentare, ma ritengo che uno per un film (o per un romanzo) può "applicarsi" cognitivamente fino a un certo punto. Poi, si parla di intrattenimento. Se deve lasciare confusi o insoddisfatti, l'opera che senso ha?
E non basta presentare qualcosa e poi non parlarne più per creare un mistero. Oltretutto, un mistero fine a se stesso non ha molto senso.
Tutto questo rigorosamente in my humble opinion.

segnali dal futuro nicholas cageSegnali dal futuro (2009)
Il Nicolas Cage di turno fa un disaster movie sci-fi.
Il titolo in italiano non c'entra niente con l'inglese, Knowing. E oltretutto la cosa curiosa è che i segnali non vengono dal futuro, ma dal passato.
Quindi: WTF?
Nicolas Cage mi sta un po' qui, ma il film è assai gradevole, non annoia. Ha i momenti patetici, certo, forzature della sceneggiatura affinché i toni si facciano più drammatici che mai ("L'occhio della madre!!"). E in effetti alla fine ti mette addosso una tristezza...
Il finale mi ha lasciato... un po' di merda, a essere sinceri. Non so se mi piace o no. In teoria è il finale più adeguato per la storia, ma in pratica - personalmente - mi delude un po'.
E anch'esso mette addosso un'angoscia incredibile. ("La carrozzella col bambino!!")

Il resto dei film nella II parte. Altrimenti un solo articolo sarebbe troppo lungo e barboso. Potrebbe esserci anche una III parte, non so. Dipende se avrò altri post più interessanti da scrivere (lol). Spero comunque che questi pareri siano utili a qualcuno.